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L’«Ortis» e la Francia

Approcci e prospettive

by Sarah Béarelle (Volume editor) Claudio Gigante (Volume editor)
©2014 Edited Collection 143 Pages
Series: Il secolo lungo, Volume 2

Summary

Anche se gli studi degli ultimi decenni sul «noviziato» foscoliano hanno apportato significative acquisizioni – tanto sul versante politico che su quello letterario – manca ancora una «cartografia» dettagliata che prenda in considerazione i diversi versanti e le zone di luce e di ombra sui rapporti tra la cultura francese e Foscolo. Gli autori del presente volume hanno inteso compiere un passo in avanti nell’analisi del rapporto tra l’opera di Ugo Foscolo e la cultura francese concentrandosi, quale punto di partenza per ulteriori necessari approfondimenti, sulle Ultime lettere di Jacopo Ortis. Entrambe le prospettive che si offrivano – la presenza nel romanzo di una complessa trama di letture francesi e l’impatto che le Ultime lettere hanno avuto nella cultura francese dell’Ottocento – sono state prese in considerazione.

Table Of Contents

  • Copertina
  • Titolo
  • Copyright
  • Sul curatore
  • Sul libro
  • Questa edizione in formato eBook può essere citata
  • Indice
  • Introduzione: (Sarah Béarelle)
  • Le Ultime lettere di Jacopo Ortis, la Francia e la Rivoluzione: (Christian Del Vento)
  • Ancora sulla Notizia zurighese: (Giuseppe Nicoletti)
  • L’Ortis e la Nouvelle Héloïse: (Enzo Neppi)
  • L’Ortis et Bernardin de Saint-Pierre. Qualche ipotesi di lettura: (Claudio Gigante)
  • Stendhal, Lamartine e Foscolo: (Matteo Palumbo)
  • L’Ortis di Alexandre Dumas: (Sarah Béarelle)
  • Appendice
  • Michele Leoni «foscoliano»: (Dirk Vanden Berghe)
  • Indice dei nomi

← 8 | 9 → Introduzione

Anche se gli studi degli ultimi decenni sul “noviziato” foscoliano hanno apportato significative acquisizioni – tanto sul versante politico che su quello letterario –1 manca ancora una “cartografia” dettagliata che prenda in considerazione i multiformi versanti e le zone di luce e di ombra dei rapporti tra la cultura francese e Foscolo. Con il presente volume gli autori hanno inteso compiere un piccolo passo in avanti nell’analisi del rapporto tra l’opera foscoliana e la cultura francese, concentrandosi, quale punto di partenza per ulteriori necessari approfondimenti, sulle Ultime lettere di Jacopo Ortis. Entrambe le prospettive che si offrivano – la presenza nel romanzo di una complessa trama di letture francesi e l’impatto che le Ultime lettere hanno avuto nella cultura francese dell’Ottocento – sono state prese in consi­derazione, nella convinzione che fra i due aspetti della questione esista un sotterraneo trait d’union.

La presenza francese nella formazione di Foscolo è visibile, come è noto, sin dagli anni della sua prima giovinezza: né potrebbe essere stato altrimenti per chi come lui fu portato prestissimo a confrontarsi dal vivo con la cultura e le contraddizioni dell’epoca post-rivoluzionaria. Un punto di partenza obbligato è naturalmente il Piano di studi del 17962: in questa sorta di mappatura del territorio preventivo dei suoi lavori, testimonianza della “frenesia” enciclopedica dell’autore e delle sue tendenze culturali, si intravede la gamma delle fonti costitutive della sua arte e del suo pensiero. Foscolo menziona, nella categoria «Romanzi», il Telemaco di Fénelon e la Nouvell’Heloise (sic) di Rousseau, figura che si impone di nuovo nella rubrica «Politica» con il «contratto so[ciale]» accanto a Montesquieu; nella sezione «Storia» troviamo Guillaume-Thomas Raynal, probabilmente, come ha proposto Giovanni Gambarin3, ← 9 | 10 → per la sua Histoire philosophique (più tardi citata fra le note di Didimo Chierico al Viaggio sentimentale)4, o per qualcuno degli altri numerosi lavori storici circolanti anche in traduzione italiana. Nella stessa rubrica «il Sig4. di Voltaire» è invece maltrattato, insieme ad altri indefiniti «moderni» che «scrivevano molto, ma meditavan pocchissimo», mentre Jean-François de La Harpe è citato per la sua Storia Universale e il Compendio Generale della Storia de’ Viaggi. Poco nutrita infine è l’ampia sezione «Poesia» dove trova posto il solo Lutrin di Boileau. A tutto ciò si possono soltanto aggiungere le veloci menzioni della Poétique di Marmontel e, senz’altri particolari, del romanziere e dram­maturgo allora in auge Baculard d’Arnaud.

Ma tali accenni, se permettono di percepire taluni degli orientamenti giovanili dell’autore, non rivelano certo, anche solo per gli anni del suo apprendistato letterario, tutte le sollecitazioni che Foscolo poté assorbire dalla cultura francese. L’elenco si amplia significativamente se, come mostrò qualche decennio fa Enea Balmas5, si esamina il ricchissimo epistolario. Nella sua corrispondenza Foscolo accenna a Helvétius6, di cui conosceva De l’esprit e De l’homme, de ses facultés intellectuelles et de son éducation, ma ricorda anche Pierre Bayle7, La Bruyère8, La Rochefoucauld9, D’Alembert10, Descartes11, Montesquieu12, Molière13 nonché Madame de Sevigné14. Inoltre, parlando del proprio Tieste, Foscolo si inserisce – sia pure per contrasto – nella scia di Crébillon e di ← 10 | 11 → Voltaire15. Nell’officina del Sesto tomo dell’Io (e di lì trasposti in vari luoghi del secondo Ortis) sono stati poi individuati da Goffis frammenti ispirati alla lettura del Voyage du jeune Anacharsis en Grèce di Barthélemy e altri da Le temple de Gnide di Montesquieu16.

D’altra parte, è noto che l’arrivo dei Francesi in Italia provocò una pleiade di iniziative editoriali che permisero a Foscolo di conoscere opere e autori destinati ad avere un impatto rilevante sulla propria scrittura: è il caso del florilegio costituito dalla Biblioteca dell’Uomo Repubblicano «vero e proprio monumento – come ha scritto Del Vento – innalzato a Rousseau e all’illuminismo: attorno alla traduzione del Discours sur l’origine et les fondements de l’inégalité si dispongono estratti delle opere dei principali philosophes», tra cui D’Alembert, Raynal, Voltaire, Servan, Robinet e d’Holbach17. Ma la lista si amplia ulteriormente spigolando fra gli scaffali del fondo foscoliano della Biblioteca Marucelliana.

La lingua francese, largamente diffusa grazie all’egemonia culturale (e per un ventennio anche politica) assunta in Europa dalla Francia, costituì anche per Foscolo un filtro tramite il quale conoscere altre letterature straniere: è il caso, ad esempio, del teatro di Schiller, letto nella traduzione di Jean Henri Ferdinand Lamartelière (1799)18; o dell’amatissimo Sterne, noto a Foscolo sin dai tempi del primo Ortis; la celebre traduzione foscoliana nasce anche «per mostrare che i Francesi l’hanno tradotto male, come fanno per lo più de’ libri stranieri»19; ed è da tempo nota l’attenzione riservata da Foscolo alla traduzione e al ← 11 | 12 → commento di Crassous20 (del resto, proprio fra le note di Didimo Chie­rico si possono reperire altri casi di libri stranieri conosciuti attraverso la versione francese21).

Tornando all’Ortis e all’articolazione del presente volume, vale ricordare che per Foscolo il «romanziere insegna la morale a quella classe di gente che serve al governo ed indirettamente comanda alla plebe: sola classe di gente che ha d’uopo di morale pel bene della società, perché i governi non hanno per unica legge che la Ragione di Stato, la plebe le supreme necessità della vita»22. Con l’Ortis, Foscolo oltrepassa la tradizione del genere del romanzo epistolare, innalzandolo, se si può dir così, al rango di breviario politico: come tale, del resto, sarà percepito dalle generazioni dei decenni successivi che rinforzeranno, grazie anche alle sue pagine, la loro legittima aspirazione a una nazione unita e indipendente23. Per i suoi riferimenti alla politica contemporanea, l’Ortis fu d’altronde messo sotto sequestro dalla censura in vigore nel periodo del Consolato e dell’Impero sia in Francia che nei territori annessi; Napoleone infatti riscontrava nel libro la tendenza a «présenter le domination française» come «une insupportable tyrannie et à exciter tous les peuples qui y sont soumis au soulèvement et à la révolte»24.

Proprio al fine di sollevare i veli che occultano la reazione del pubblico francese alla complessa identità letteraria dell’Ortis, il contributo di Christian Del Vento esamina le allusioni alla storia contemporanea presenti nelle varie redazioni del romanzo, proponendo fra l’altro un’interpretazione innovativa degli incipit dell’Ortis 1798 e dell’Ortis 1802: in nessuno dei quali, secondo la sua lettura, sarebbe da cogliere un’allusione al Trattato di Campoformio. Tale rilettura del romanzo attraverso i riferimenti alle vicende coeve mostra come la volontà foscoliana di influenzare la realtà circostante e agire su di essa si sia rinforzata nel corso delle diverse redazioni e chiarisce la tipologia ← 12 | 13 → del percorso svolto fino all’ultima versione. Percorso che fu segnato dell’evoluzione di Foscolo, dai primi anni alla maturità, e dal quale emerge la figura dell’autore nella sua piena consapevolezza, soprattutto quando aggiunge al suo romanzo «di cuore», come egli l’ha definito, la Notizia bibliografica25.

La Notizia costituisce una notevole riflessione sulla sua opera, in cui l’autore rivendica l’autenticità del suo lavoro e ne fornisce, non senza fantasia, un’interpretazione. Come ha scritto Giuseppe Nicoletti nel suo contributo, si nota come la cultura francese, e a maggior ragione la sua lingua, trovino nella Notizia un posto di rilievo. Nell’analizzare la concezione foscoliana della scrittura d’arte e dello stile letterario, lo studioso si sofferma sul giudizio negativo che Foscolo esprime sulle traduzioni a lui note dell’Ortis giungendo ad esprimere, quanto al francese, un verdetto assoluto (l’intraducibilità della propria opera in questa lingua, inadatta – avendo «per indole la chiarezza e l’esattezza» – a rendere l’“oscurità” stilistica che già i contemporanei ravvisavano nel romanzo) che è anche, ancora una volta, interpretabile come un’implicita richiesta rivolta al pubblico e alla critica a considerare il romanzo per se stesso piuttosto che in relazione con altri universi culturali.

Sulla rivendicazione della specificità delle Ultime lettere di Jacopo Ortis e del fatto che possiedono «uno stile tutto loro proprio»26 Foscolo ritorna sovente, mettendo a confronto l’Ortis, da un lato con la Nouvelle Héloïse, dall’altro con il Werther, in una sorta di studio comparato rivolto soprattutto a quei detrattori che lo accusavano di plagio. In effetti, Foscolo eccelle nella strategia di appropriazione e di occultazione delle fonti e concepisce in tale ottica la propria arte. Si tratta del resto di una concezione della creazione letteraria ch’egli aveva avuto occasione di esprimere già in un intervento critico di tutt’altra natura:

La novità negli autori non consiste nell’inventare di pianta, ma nel riprodurre opportunamente le cose inventate con nuove e varie bellezze; senza di che converebbe dar alle fiamme Virgilio, di cui i passi più belli sono imitazioni, e maladire l’universa Natura che riproduce sempre gli stessi enti, ma che li rende nuovi e mirabili per le minime ed infinite differenze con che gli accompagna. Chi nelle arti presume di abbandonare le cose che ← 13 | 14 → sono, furono e saranno perpetuamente, s’appiglierà a chimere che morranno nelle opere degl’ingegni trascendenti che le inventarono27.

Concetto che fa suo e che rivendica, con l’appoggio degli autori ca­nonici, discorrendo molto più tardi della Commedia dantesca:

Se non che molta, se forse non tutta, originalità viene al Genio dalla attitudine d’arricchirsi di tutto da tutti, a fare suo proprio l’altrui, a rimodellare e immedesimare ogni cosa, sia straniera o antichissima, tanto da trasformarle che assumano le sembianze, e le qualità confacenti a nuova età e altro popolo28.

Arte di scrivere che Foscolo aveva attribuito anche a Jacopo, autore fittizio del Frammento della storia di Lauretta, che osservava che «così si fanno dei libri composti d’altrui libri a mosaico»29.

Fra quanti hanno tentato di censire le “tessere” francesi del “mosaico” ortisiano – impresa tutt’altro che agevole, vista l’abitudine dell’autore di celare le proprie fonti30 – una menzione d’onore spetta a Enzo Bottasso31 per le sue ricerche ancora oggi imprescindibili sull’influenza in Foscolo del pensiero e dell’opera di Rousseau. Dopo di lui altri studiosi, tra cui, più recentemente, Mario Martelli32 e Matteo Palumbo33, hanno approfondito le indagini sulla presenza nell’Ortis della Nouvelle Héloïse: ed è all’interno di tale filone che si colloca il saggio di Enzo Neppi. Neppi riprende le ricerche precedenti arricchendole con una doverosa attenzione alla storia testuale del romanzo: partendo dunque dal progetto Laura.-Lettere (titolo di evidente impronta russoviana), egli si pone l’obiettivo di sondare la ← 14 | 15 → decrescente presenza di Rousseau, meno per i contenuti che per la matrice etico-politica, nel romanzo foscoliano seguendo il filo della sua complessa stratigrafia testuale: dall’Ortis 1798 alla “parte del Sassoli” (attribuita quasi integralmente a Foscolo, ma considerata in larga parte come il residuo di una stesura primitiva del romanzo, il cosiddetto “proto-Ortis”)34, sino all’Ortis 1802; senza trascurare l’epilogo critico della Notizia zurighese.

Il contributo di Claudio Gigante è invece dedicato a Paul et Virginie di Bernardin de Saint-Pierre, un libro della biblioteca di Jacopo (almeno nell’Ortis bolognese) che ha lasciato – questa è la tesi proposta – non poche tracce nel romanzo foscoliano, sino alle addizioni estreme dell’Ortis zurighese. Dopo una serie di considerazioni metodologiche, il discorso di Gigante privilegia tre elementi narrativi considerati «ad alta densità simbolica»: i capelli recisi, il ritratto dell’amata e, infine, la “cristizzazione” di Virginie e di Jacopo.

È noto che Foscolo fosse entusiasta della sua diffusione in territorio francese, come testimonia, fra l’altro, la sua richiesta nel 1806 al Bettoni di Brescia di stampare un’edizione di lusso dell’Ortis che, a suo giudizio, avrebbe trovato molti acquirenti «e più che mai in Francia ove il libro corre per le mani della ricca canaglia che si dà a intendere d’imparare l’italiano»35; egli intendeva anche prendere parte attiva alla traduzione poiché, mentre si trovava a Boulogne-sur-Mer, confessò in una lettera ad A. Bagien di voler volgere le Ultime lettere in francese e di volerle pubblicare con il testo a fronte, perché, soggiungeva, «une traduction très littérale aidera les partisans de ma langue à connaître ses richesses»36. Anche questo, come tanti altri progetti foscoliani, non fu realizzato: ma le sue opere valicarono egualmente i confini e, come scrive Lionello Sozzi, già all’inizio dell’Ottocento Foscolo era «tutt’altro che assente della cultura francese»37.

Fu dopo l’abdicazione di Napoleone che vide la luce la prima traduzione francese dell’Ortis per le cure del vicomte de Senonnes, Alexandre de Lamotte-Baracé, che nella sua introduzione precisa: «On ne saurait du moins s’empêcher de rendre quelque justice à l’énergie d’un homme qui osa, dans ses jours de servitude, faire entendre des ← 15 | 16 → paroles de liberté, et signaler courageusement à la haine publique l’op­pres­seur de sa patrie»38.

Un’indagine sulle traduzioni delle opere foscoliane, soprattutto attraverso le traduzioni pubblicate in Francia e registrate da organi ufficiali come la Bibliographie de la France, dimostra che l’Ortis è l’opera foscoliana che ha suscitato il maggiore interesse dei traduttori; «l’audace de l’auteur à l’égard de Napoléon fut la cause de cet engagement» spiegherà Armand Caraccio39. D’altra parte, questa affermazione è accettabile solo in parte, alla luce degli articoli dedicati a Foscolo e alle sue opere sulla stampa francese40. Il discorso critico delle riviste transalpine nei primi anni dopo la diffusione dell’Ortis insiste prevalentemente sui parallelismi tra il romanzo italiano e il Werther, come si nota, ad esempio, nella Revue encyclopédique41; l’Ortis viene talora anche accostato a testi francesi contemporanei42, ma tali confronti sembrano attenuarsi, come scrive Jacques Misan, con la morte di Foscolo43 che «fournit le recul nécessaire à une interprétation objective de son œuvre»44. Ma naturalmente non è soltanto in articoli di rivista che si possono reperire delle interpretazioni dell’Ortis: fra gli scrittori francesi che si occupano di Foscolo un’importanza singolare hanno Stendhal e Lamartine, cui è dedicato l’intervento di Matteo Palumbo.

Details

Pages
143
Year
2014
ISBN (PDF)
9783035264241
ISBN (ePUB)
9783035296808
ISBN (MOBI)
9783035296792
ISBN (Softcover)
9782875741059
DOI
10.3726/978-3-0352-6424-1
Language
Italian
Publication date
2014 (July)
Keywords
Romanzo Ottocento Ugo Foscolo Cultura francese
Published
Bruxelles, Bern, Berlin, Frankfurt am Main, New York, Oxford, Wien, 2014. 143 p.

Biographical notes

Sarah Béarelle (Volume editor) Claudio Gigante (Volume editor)

Sarah Béarelle (1986) dottoranda di ricerca F.R.S.-FNRS, lavora all’Université libre de Bruxelles. La sua tesi di dottorato è dedicata allo studio della ricezione francese delle opere di Ugo Foscolo.

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