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Migrazioni letterarie nel Settecento italiano: dal movimento alla stabilità

by Sara Garau (Volume editor)
©2020 Conference proceedings 274 Pages

Summary

Il volume raccoglie i contributi dell’omonima sezione del 35. Romanistentag. Attraverso una serie di casi esemplari, affiancati da indagini di carattere tipologico, intende contribuire a circoscrivere quella modalità, così diffusa nel Settecento italiano, di migrazioni artistiche e letterarie, che non rientrano propriamente nell’esperienza odeporica, ma nemmeno sono già determinate da fattori politici. Il libro si articola seguendo gli spostamenti in senso geografico; include insieme uno sguardo intermediale, verso le arti figurative. Si mette in luce così non solo la varietà delle motivazioni e dei canali di trasferimento, ma anche i modi d’inserimento nell’alterità culturale e di rielaborazione letteraria dell’esperienza migratoria.

Table Of Contents

  • Copertina
  • Titolo
  • Copyright
  • Sull’autore
  • Sul libro
  • Questa edizione in formato eBook può essere citata
  • Indice
  • Introduzione
  • I. Metastasio e dintorni
  • «Da pianeta errante a stella fissa»: Metastasio a Vienna (William Spaggiari)
  • I viaggi mancati. Movimento e stasi nella corrispondenza di Pietro Metastasio (Paola Cosentino)
  • Carlo Broschi alla corte di Spagna (1737-1759) (Stefania Baragetti)
  • II. In Francia, in Inghilterra
  • Gli ‘italiani’ nella Francia di primo Settecento (Valentina Gallo)
  • Italiani a Parigi nel secondo Settecento: per una mappatura dello spazio culturale e letterario italo-francese (Silvia Tatti)
  • Dal movimento alla stabilità: sul soggiorno parigino di G.B. Casti (Paolo Colombo)
  • La fantasia e il disinganno. Gaetano Polidori dalla Toscana a Londra (Francesca Fedi)
  • III. ‘Periferie’
  • Giustiniana Wynne von Orsini Rosenberg, Les Morlaques (1788). Il romanzo in viaggio e il viaggio nel romanzo nel tardo Settecento veneziano (Rotraud von Kulessa)
  • Ecclesiastici, artisti e viaggiatori italiani nell’Ungheria del XVIII secolo (Ágnes Dóbék)
  • «Natione Italo adoptione Sueco»: Domenico Michelessi da Venezia a Stoccolma (Anna Maria Salvadè)
  • IV. Arti ed estetica
  • Rosalba Carriera, una pittrice veneziana in Europa (Ricciarda Ricorda)
  • L’incontro con la Città Eterna: topos e realtà negli epistolari degli artisti in viaggio a Roma nella seconda metà del XVIII secolo (Carla Mazzarelli)
  • La realtà dietro la finzione: le «Lettere bavare» di Giovanni Ludovico Bianconi fra Bologna e Dresda (Silvia Contarini)
  • V. Epilogo
  • Varcare i confini. Partenze e addii come topoi narrativi (Sara Garau)
  • VI. Indice dei nomi
  • Volumi pubblicati nella collana

Introduzione

Il volume raccoglie gli Atti dell’omonima sezione (9-10 ottobre 2017) del XXXV. Romanistentag del Deutscher Romanistenverband (DRV), svoltosi presso l’Università di Zurigo, per la prima volta in Svizzera. Il congresso – Dynamik, Begegnung, Migration – mirava a inquadrare nella chiave costruttiva dell’incontro e del dinamismo il tema della migrazione, di ormai costante attualità nel dibattito politico non solo europeo, troppo spesso, purtroppo, restìo ad affrontarne la scomoda complessità. In questo volume questi temi vengono letti in chiave storica, con occhio proprio a un’età che del cosmopolitismo aveva fatto un valore indiscusso, e in cui il viaggio e il confronto culturale erano assunti a strumento conoscitivo quasi indispensabile, nella formazione – perlomeno – delle élites sociali e culturali, all’interno della grande Repubblica delle lettere, delle scienze e delle arti. La prospettiva che si è tentato di sviluppare nel comporre questa sezione settecentesca del convegno sposta tuttavia l’accento ulteriormente, prendendo le mosse dall’ultimo concetto della terna proposta dagli organizzatori. Infatti, tutto il ‘lungo’1 Settecento italiano è attraversato da un tipo di migrazione che qui si è voluto distinguere dalla più tipica e più conosciuta esperienza odeporica, intesa come confronto temporaneo con l’alterità. E vale la pena di precisare da subito che nel nostro contesto si è preferito il termine più generico di ‘migrazione’, a minor rischio di anacronismi, a quello più storicamente connotato di ‘emigrazione’: termine che Goldoni – ormai ‘francese’ – usa, sì, nell’ultima parte dei Mémoires parlando della sua «émigration» in Francia, ma che nella prima traduzione italiana dell’edizione Zatta delle Opere (Venezia, 1788) non a caso è reso con «mia trasmigrazione in Francia»2 e che ancora nell’Ottocento sembra avere un’accezione fortemente politica, come si legge nell’ultima edizione (1863-1923) del Vocabolario della Crusca, la prima, per altro, a riportare insieme i sostantivi Migrazione, Emigrazione ed Emigrato, definito come colui che «per cagione politica ha lasciato il proprio paese e si è rifuggito in altro Stato; Fuoruscito».3

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Accanto, non di rado sovraimposte al fenomeno del viaggio – così essenziale per quel decisivo passaggio de la stabilité au mouvement, di cui ebbe a parlare Paul Hazard ormai molti anni fa –,4 il Settecento conosce in gran numero quelle parabole esistenziali di uomini di lettere e ‘avventurieri’, che per opportunità o necessità si sviluppano, in maniera definitiva o comunque prolungata, fuori dalla Penisola, in un confronto più duraturo con lingue e culture altre: dal movimento, dunque, verso una nuova stabilità. Sono quei «pellegrinaggi» – per usare una formula di Arturo Graf – di letterati e artisti, che «presi al grido» dei modi e della cultura europea, «o mossi da speranza di migliore fortuna», potevano anche trasformarsi in veri e propri «trapiantamenti».5 Si tratta di esperienze che non sempre hanno trovato una loro adeguata sistemazione: né nelle storie dell’emigrazione italiana – più spesso incentrate su altri periodi storici o, comprensibilmente, meno attente a quello che rimane pur sempre un fenomeno d’élite –, né nei lavori d’insieme sulla circolazione della letteratura italiana fuori d’Italia, che non necessariamente dedicano spazio allo spostamento effettivo, biografico, degli attori culturali.6 Tali «trapiantamenti» vanno, d’altra parte, ben distinti da quegli ‘sradicamenti’ che si sarebbero avviati nei decenni successivi, sin da quelli ←8 | 9→napoleonici, con il costituirsi dell’esilio come «nuova istituzione» di una «nuova Italia», e doloroso corollario degli anni risorgimentali.7 Cominciando a guardare ai casi affrontati nel volume, un tale sviluppo inizia forse ad annunciarsi già nella vicenda ripercorsa da Paolo Colombo, di Giambattista Casti, instancabile viaggiatore, allontanato dagli incarichi alla corte di Vienna per filo-giacobinismo per approdare solo in seguito a Parigi, dove frequentò i primi esuli italiani8 e dove morì, poco prima dell’incoronazione di quel Napoleone che tanto peso avrebbe poi avuto per la nascita della, già citata, «nuova istituzione» che fu l’esilio in Italia. Ancor più emblematica in questo senso sarà allora la vicenda del segretario di Vittorio Alfieri, Gaetano Polidori, dalla Toscana a Londra (per riprendere il titolo del contributo di Francesca Fedi): partito per Parigi al seguito del conte tragediografo, Polidori prosegue il suo iter per la capitale inglese, dove si stabilisce finendo per incrociare – con i suoi stessi vincoli familiari – gli ambienti degli esuli carbonari (dall’unione della figlia con Gabriele Rossetti, esule in Inghilterra dal 1824, nascerà Gabriel Charles Dante Rossetti, meglio noto come Dante Gabriel Rossetti).

Gli esempi appena ricordati sono rappresentativi del procedere per casi esemplari che caratterizza molta parte del volume, nell’indagare sia la varietà delle motivazioni e delle esperienze, sia i modi dell’inserimento (definitivo o solo prolungato che fosse) nei contesti d’arrivo. Si va dalle esperienze più celebri e quasi obbligate, come quelle di Metastasio – di cui viene analizzata la scarsa propensione al movimento nei lunghi anni della permanenza viennese, «da pianeta errante a stella fissa», come recita il saggio di William Spaggiari – di Goldoni, di Giuseppe Baretti o di Lorenzo Da Ponte; ad altre meno note e apparentemente più marginali (come quelle studiate, rispettivamente, da Valentina Gallo e da Anna Maria Salvadè), di Filippo Venuti che, revenant dalla provincia francese, tenta l’impresa di un’edizione toscana dell’Encyclopédie; e di Domenico Michelessi, che sulle orme di Algarotti, nella speranza di trovare un incarico presso Federico II, finisce invece alla corte di Gustavo III a Stoccolma, dove svolge un’importante attività di ‘traduzione’, anche in senso lato, facendo conoscere all’Europa le ragioni del dispotismo illuminato del monarca svedese.

Non meno rilevanti sono tuttavia le considerazioni di carattere metodologico che scaturiscono dall’analisi dei casi singoli indagati in questa sede: Silvia Tatti, ad esempio, non solo traccia nel suo contributo un’utilissima tipologia ←9 | 10→delle presenze ‘italiane’ in Francia nella seconda metà del secolo (la prima metà essendo coperta dal precedente saggio di Valentina Gallo, già ricordato), ma anche si sofferma sul problema delle fonti a disposizione della storiografia letteraria in questa prospettiva di ricerca. Al di là di quelle canoniche, legate alla scrittura epistolare, diaristica e memorialistica, nonché alle relazioni odeporiche, sempre più si sente la necessità di estendere il campo d’indagine in direzione non prettamente letteraria (come quella, ad esempio, del ruolo dei contatti diplomatici per la circolazione di uomini e opere d’arte nel Settecento)9 e ad altre tipologie di documenti, come pubblicazioni sui periodici, cataloghi librari, annunci di pubblicazione, repertori e traduzioni, ma anche dediche e scritti d’occasione. In questo è tuttavia sempre opportuno distinguere quello che è utile alla ricostruzione ‘quantitativa’ dei movimenti, delle presenze e degli scambi, da ciò che serve a comprendere la percezione e resa dell’alterità da parte di chi si sposta, nonché l’auto-percezione da parte degli émigrés della loro condizione. E precisamente qui tornano a fare gioco anche i testi più letterariamente costruiti, che rispondono a precise convenzioni retoriche e narrative, e che interesserà analizzare in questa specifica ottica, come fa Silvia Contarini nella sua lettura delle modalità di composizione delle «Lettere bavare» di Giovanni Ludovico Bianconi.

La riflessione metodologica importa qui tanto più, quanto sin dall’impostazione del panel si era voluto evitare uno sguardo volto a una sorta di bilancio tra il ‘dare’ e l’‘avere’ nelle esperienze di transfer culturale: ovvero alla misurazione di quella «energica operosità», per dirla con Alessandro D’Ancona, «la quale impedita in patria, si esercitava fuori di questa», o ancora, con Croce, di quella «molta parte» tenuta dalla lingua e dalla cultura italiane «nella vita sociale e culturale europea» del Settecento.10 Quest’ultima tendenza, come ho cercato di mostrare di recente in altra sede, sembra essere stata a lungo condizionata anche negli studi settecenteschi dall’esigenza di operare quasi una sorta di riscatto dal trauma ←10 | 11→risorgimentale dell’esilio, attraverso quella che Cesare Balbo nella Storia d’Italia dalle origini fino ai nostri giorni prospettava come «una storia intiera, e magnifica, e peculiare all’Italia […] degli Italiani fuor d’Italia»: un approccio che fino al Novecento ha inciso sull’inquadramento critico della migrazione, anche settecentesca, influenzandone la valutazione, e prima ancora determinando la stessa attenzione dedicata al fenomeno.11 Nell’intenzione di promuovere la discussione intorno alle modalità dell’assunzione di paradigmi culturali altri, la prospettiva che si è invece voluta adottare si sviluppa allora lungo due direttive, differenti e complementari: da un lato, le condizioni, gli itinerari e i ‘canali’ dei trasferimenti (anche i meno evidenti, quali la massoneria, come illustrato ancora da Fedi);12 dall’altro, come accennato, la resa letteraria dei momenti cruciali dell’esperienza migratoria, nonché le attitudini al confronto con l’alterità culturale da parte di chi in essa intendeva affermarsi, e il cui sguardo non poteva dunque continuare a rimanere quello esterno del viaggiatore, inteso come raccoglitore di dati e di esperienze da far fruttare al rientro, negli ambienti di partenza.

Gli Atti si aprono con un nucleo metastasiano, che rimanda anche al recente, importante progetto di (ri-)edizione del vastissimo corpus epistolare del librettista ‘viennese’,13 con i contributi di Spaggiari e di Paola Cosentino; in questo nucleo è inserita anche l’esperienza, indagata nel saggio di Stefania Baragetti, di Carlo Broschi (alias Farinelli) alla corte spagnola, che a sua volta contribuì alla circolazione delle opere di Metastasio attraverso i suoi adattamenti madrileni dei libretti che quest’ultimo gli inviava da Vienna. Il volume si sviluppa poi seguendo una sorta di topografia dei movimenti: dai centri di Vienna, appunto, Parigi e Londra verso le ‘periferie’ europee, a est e a nord, come la Dalmazia dei Morlacchi di Giustiniana Wynne, nel contributo di Rotraud von Kulessa, l’Ungheria, sui cui archivi è incentrato il lavoro di Ágnes Dóbék, la Svezia di Michelessi nel già citato saggio di Anna Maria Salvadè. Con i contributi di Ricciarda ←11 | 12→Ricorda e di Carla Mazzarelli il volume allunga, infine, lo sguardo oltre i confini disciplinari. Entrambe studiano il ‘genere’ specifico dei diari e delle lettere degli artisti, toccando la prima il caso d’eccezione e la condizione, per così dire, doppiamente extra-domestica della donna-artista in viaggio di formazione (la veneziana Rosalba Carriera); la seconda – che inverte la prospettiva rispetto agli altri contributi – riportando lo sguardo degli artisti europei sulla ‘Città Eterna’. Contarini, d’altro canto, mostra l’impatto che gli ambienti artistici e le estetiche conosciuti da Bianconi nel corso dei viaggi e nella sua Bologna avrebbero avuto proprio sulle tecniche descrittive e narrative delle sue lettere odeporiche. Il saggio conclusivo, pensato come una sorta di epilogo da parte di chi ha raccolto l’insieme dei contributi, chiude il percorso, cercando di portare infine in evidenza alcune costanti narrative nella riscrittura soggettiva (epistolare e sincronica, oppure filtrata attraverso la ricostruzione memorialistica) di un’esperienza che il volume – questo l’auspicio – ambisce a restituire in tutta la sua, già allora complessa, varietà.

Nel congedare questi Atti vorrei esprimere la mia gratitudine: ai colleghi zurighesi e al DRV per l’interesse – non scontato – a questa lettura in chiave settecentesca e italianista dei temi proposti, e per la loro organizzazione, esemplare; ai responsabili della collana per avervi voluto accogliere il volume, e a Dagmar Reichardt, specialmente, per l’entusiasmo e la pazienza con cui ne ha seguito l’iter di pubblicazione; alla Fondazione Erica Sauter (Ginevra) per aver voluto sostenerla anche finanziariamente. Prima ancora, però, tengo a ringraziare le autrici e gli autori per la generosità con cui hanno aderito all’iniziativa e per il bellissimo clima, di vero e libero scambio, che ciascuna e ciascuno di loro ha contribuito a creare nel corso delle due giornate del convegno che qui trova, finalmente, forma anche materiale. Ricordo, infine, che un primo spunto alle riflessioni è venuto da un corso che ho tenuto nell’ambito del tema annuale del Master in Lingua, letteratura e civiltà italiana all’Università della Svizzera italiana, che nell’a.a. 2015-2016 era incentrato sui temi Esilio, disapora, migrazioni: ringrazio gli studenti e i colleghi dell’Istituto di studi italiani per gli scambi avuti in quell’occasione.

Lugano, settembre 2019.

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1 Cfr. Carlo Capra, Gli italiani prima dell’Italia. Un lungo Settecento, dalla fine della Controriforma a Napoleone, Roma, Carocci, 2014.

2 Carlo Goldoni, Mémoires pour servir à l’histoire de sa vie et à celle de son théâtre, Introduction et notes par N. Jonard, Paris, Aubier, 1992, p. 7; e Memorie del Sig. Carlo Goldoni scritte da lui medesimo, Venezia, dalle stampe di Antonio Zatta e figli, 1788, t. I, p. XI.

3 Cfr. Vocabolario degli Accademici della Crusca, Firenze, Tipografia Galileiana, 1863-1923, vol. V, ad vocem Emigrato; inoltre Dizionario della lingua italiana, nuovamente compilato da N. Tommaseo e B. Bellini, Torino, UTET, 1861-1879, ad vocem Emigrare: «Del mutare piuttosto paese che patria per cagioni polit., non senza speranza di ritornare alla patria, [si direbbe] Emigrare; onde si fa il sost. Emigrato (che non si potrebbe Migrato, pur troppo stor., e che pare non voglia morire). L’emigrato non è nè EsuleProfugoSbandito». Per alcune considerazioni lessicografiche, in ottica storica, si rimanda a Valentina Gallo, Gli ‘italiani’ nella Francia di primo Settecento, in questo stesso volume, pp. 65-89: 65-67; nonché a Sara Garau, Viaggiatori, avventurieri, émigrés. Fenomeni di migrazione culturale settecentesca nella storiografia letteraria risorgimentale e postrisorgimentale, in Mediazioni letterarie: itinerari, figure e pratiche, a cura di E. Di Pastena, Pisa, Pisa University Press, vol. I, pp. 262-282: 262-265. Per un ripensamento terminologico, in prospettiva però per lo più novecentesca, si veda Franca Sinopoli - Silvia Tatti, Migrazione ed esilio: dispatri reali e metaforici nelle letterature europee, in Letteratura italiana, letterature europee, Atti del Congresso Nazionale dell’ADI (Padova-Venezia, 18-21 settembre 2002), a cura di G. Baldassarri e S. Tamiozzo, Roma, Bulzoni, 2004, pp. 269-282; sullo stesso concetto del ‘dispatrio’ è imperniato il volume collettaneo (sempre di ambito novecentesco), I confini della scrittura. Il dispatrio nei testi letterari, a cura di F. Sinopoli - S. Tatti, Isernia, Cosmo Iannone Editore, 2005.

4 Paul Hazard, De la stabilité au mouvement, in Id., La crise de la conscience européenne. 1680-1715, Paris, Fayard, 1989 (1° ed. 1935), pp. 3-25 (trad. it. a cura di G. Ricuperati, Torino, UTET, 2007).

5 Arturo Graf, L’Anglomania e l’influsso inglese in Italia nel secolo XVIII, Torino, Loescher, 1911, p. 55.

6 S. Garau, Viaggiatori, avventurieri, émigrés cit., pp. 265-267.

7 Carlo Cattaneo, Ugo Foscolo e l’Italia, Milano, Editori del Politecnico, 1861, p. 34.

8 Su questi anni, in generale, cfr. sempre Mariasilvia Tatti, Le tempeste della vita. La letteratura degli esuli italiani in Francia nel 1799, Paris, Champion, 1999.

9 A proposito si rinvia in particolare ai lavori promossi da diversi anni dalla stessa Tatti, da Francesca Fedi e da Duccio Tongiorgi. Cfr. il volume degli atti Diplomazia e comunicazione letteraria nel secolo XVIII. Gran Bretagna e Italia/Diplomacy and Literary Exchange. Great Britain and Italy in the Long 18th Century, Atti del convegno internazionale di studi (Modena, 21-23 maggio 2015), a cura di F. Fedi e D. Tongiorgi, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2017; altri, sui rapporti diplomatici con la Francia e l’Impero asburgico, sono in preparazione.

10 Cfr. Viaggiatori e avventurieri del Settecento, a cura di A. D’Ancona, presentazione di E. Bonora, Firenze, Sansoni, 1974 (1° ed. 1912), p. 5 (Premessa dell’Autore); e Benedetto Croce, L’elemento italiano nella società europea del Settecento, in Id., Uomini e cose della vecchia Italia, serie seconda, Bari, Laterza, 19563, pp. 1-14: 1.

Details

Pages
274
Year
2020
ISBN (PDF)
9783631822289
ISBN (ePUB)
9783631822296
ISBN (MOBI)
9783631822302
ISBN (Hardcover)
9783631808801
DOI
10.3726/b16979
Language
Italian
Publication date
2020 (April)
Keywords
Letteratura italiana (18. sec.) Epistolari settecenteschi Letteratura di viaggio Récit de migration Storia dell’emigrazione Tranfert culturale Metastasio Carlo Goldoni Giovanni Ludovico Bianconi Rosalba Carriera
Published
Berlin, Bern, Bruxelles, New York, Oxford, Warszawa, Wien, 2020. 274 p., 6 ill. b/n.

Biographical notes

Sara Garau (Volume editor)

Sara Garau insegna Letteratura italiana moderna nel contesto della cultura europea all’Università della Svizzera italiana (Lugano). Si è occupata del romanzo italiano nell’Ottocento, in particolare di Ippolito Nievo, e ha dedicato saggi a diversi aspetti della narrazione, della traduzione e mediazione culturale nella letteratura italiana tra Sette e Novecento. È co-direttrice della redazione italiana di «Versants. Rivista svizzera delle letterature romanze».

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