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I «Synonyma» di Isidoro di Siviglia e lo «stilus isidorianus»

Interpretazione letteraria e studio dello stile con riferimento alle meditazioni di Pier Damiani, Giovanni di Fécamp e Anselmo d’Aosta

by Giuseppe Botturi (Author)
©2017 Thesis 299 Pages

Summary

I Synonyma di Isidoro di Siviglia (ca. 562–636), un dialogo in due libri tra Homo e Ratio, godettero di vastissima fortuna dalla loro composizione fino almeno al XVI secolo. Il dialogo è infatti composto nel peculiare stilus isidorianus – una prosa ritmata e rimata – e offre una meditazione sulla sofferenza umana, sul peccato, e sulla buona condotta di vita. L’autore conduce un esame intertestuale e interdiscorsivo dell’opera, ricercando a livello linguistico e a livello tematico possibili testi di riferimento per la sua comprensione. Sono indagate tre tradizioni letterarie: i libri sapienziali della Bibbia, la patristica latina di Agostino, Gregorio Magno, Ambrogio e Girolamo, e lo stoicismo cristiano. Nell’ultima parte sono considerate invece alcune orazioni anonime di epoca carolingia (IX–X sec.) e alcune meditazioni dell’XI secolo (di Giovanni di Fécamp, Pier Damiani, Anselmo d’Aosta) alla ricerca di eredità isidoriane e differenze nella composizione letteraria delle preghiere.

Table Of Contents

  • Copertina
  • Titolo
  • Copyright
  • Sull’autore
  • Sul libro
  • Questa edizione in formato eBook può essere citata
  • Indice
  • Premessa
  • Introduzione
  • Isidoro e la sua epoca
  • Contenuto e struttura dei Synonyma
  • Fortuna dei Synonyma
  • Scopo della ricerca
  • Metodo di lavoro
  • Capitolo 1 – La lingua dei Synonyma
  • La prosa rimata dei Synonyma
  • Altri esempi di “stile isidoriano”
  • I Soliloquia di Agostino
  • Stoicismo (pseudo-Seneca; Martino di Braga; accenno ai Padri della Chiesa; Disticha Catonis)
  • Libri biblici (Giobbe; Lamentazioni; Ecclesiaste; Salmi; Proverbi; Moralia in Iob)
  • Ipotesi di testi grammaticali
  • Oralità
  • Conclusione
  • Capitolo 2 – Temi e immagini dei Synonyma
  • Introduzione
  • Homo: il giusto sofferente
  • Ratio
  • Conosci te stesso
  • Le virtù
  • Praevidere fortuita
  • Norme etiche
  • Metafore e immagini della vita
  • a) Il mare
  • b) La vita come lotta e militia
  • c) L’ombra e la notte
  • AUG., doctr. christ. 4
  • Conclusione
  • Capitolo 3 – Confronto tra i Synonyma e le meditazioni di Pier Damiani, Giovanni di Fécamp e Anselmo d’Aosta
  • Introduzione
  • Pier Damiani (1007–1072)
  • I precum libelli carolingi
  • Giovanni di Fécamp (ca. 990–1078)
  • Anselmo d’Aosta (1033–1109)
  • Conclusione
  • Conclusione
  • Bibliografia
  • Volumi pubblicati nella collana

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Premessa

La presente dissertazione nasce dal desiderio di approfondire la conoscenza della letteratura latina, iniziata al tempo degli studi universitari compiuti presso l’Università degli Studi di Milano, e che mi hanno portato a incontrare con particolare attenzione l’età tardoantica e il pensiero di Agostino; le mie due tesi di bachelor e di master sono state infatti dedicate al prologo del De beata vita e al quarto libro del De doctrina christiana, sotto la guida della prof. I. Gualandri. A seguito di tali lavori, era mio interesse intraprendere uno studio dell’età medievale, così da poter proseguire il percorso avviato, inoltrandomi nei secoli della letteratura cristiana. Il nome di Isidoro mi era noto da un corso di Letteratura Latina della prof. Gualandri, nel quale era stato presentato come estrema propaggine del mondo antico. Per questa ragione ero attratto dalla sua figura, e avrei desiderato indagare un autore fondamentale proprio per la trasmissione della cultura antica al Medioevo.

A tale esigenza è venuta incontro la proposta della prof. C. Cardelle de Hartmann di prendere in considerazione i Synonyma, dei quali era stata pubblicata da un paio d’anni (2009) la moderna edizione critica, e sui quali restava tanto da ricercare. L’ipotesi di partenza era quella di studiare i precedenti letterari dell’opera, con la riserva che, se la ricerca non fosse approdata a un esito positivo, ci si sarebbe potuti concentrare sulla fortuna del testo. Il nostro studio è invece stato proficuo proprio rispetto all’ipotesi preferenziale, e ha condotto alle analisi esposte nell’introduzione e nei primi due capitoli.

L’introduzione ha la semplice funzione di presentare l’oggetto del nostro lavoro, contestualizzandolo all’interno della produzione isidoriana e accennandone al Fortleben nei secoli seguenti; ne emerge che i Synonyma occupano un posto particolare tra le opere isidoriane, in ragione della loro struttura, dei temi trattati e del loro stile sinonimico. Contestualmente è presentato il metodo della nostra ricerca, che è quello dell’intertestualità e dell’interdiscorsività; esso consente di prendere in ← 9 | 10 → esame testi di varie culture, epoche e generi dell’antichità, che possano avere esercitato – in misura più o meno probabile – un influsso sul dialogo isidoriano.

I due capitoli seguenti sono invece complementari, trattando rispettivamente della lingua e dei temi dei Synonyma. Il primo, in particolare, intende identificare alcuni possibili modelli intertestuali, sulla base di un esame lessicale, stilistico e strutturale dell’opera. Innanzitutto si è definito il ruolo del cosiddetto stile isidoriano tra le opere di Isidoro, mostrandone le peculiarità, grazie anche alla considerazione di cui esso godette nel basso Medioevo (come testimonia la Parisiana poetria di Giovanni di Garlanda, del XIII sec.). Riconosciuto un legame significativo con i Soliloquia di Agostino, sono poi state prese in considerazione opere legate alla tradizione stoica (da Seneca, al De officiis di Ambrogio, ad alcune opere di Martino di Braga) e a quella biblica (specialmente il Libro di Giobbe), assieme al commento dei Moralia in Iob di Gregorio Magno.

Il secondo capitolo prosegue l’analisi, in chiave interdiscorsiva, mettendo a fuoco i temi principali, rilevati anche grazie alle metafore e ai paragoni più ricorrenti nel testo. I risultati ottenuti sono tanto più attendibili quanto maggiore è la corrispondenza tra i due tipi di osservazione ai quali il testo è stato sottoposto. Gli stessi testi considerati nel capitolo secondo hanno infatti permesso di rilevare somiglianze e differenze con il testo isidoriano; in particolare i temi da noi indagati sono i seguenti: la figura dell’uomo sofferente, che cerca la causa del proprio male; la natura e il ruolo della ragione nel processo di conoscenza di sé, e la necessità di tale conoscenza; la natura della virtù (e con essa, quella del peccato e del vizio); le metafore ricorrenti della vita come mare in tempesta, lotta, strada, e oscurità. Ne risulta un ricco mosaico di tessere che concorrono a mostrare la complessità dei Synonyma, e la fitta rete di relazioni interdiscorsive che lega il testo a più tradizioni letterarie precedenti.

La nostra ricerca, a questo punto, potrebbe considerarsi conclusa, poiché essa assolve al compito che si è prefissa. Le riflessioni maturate nel corso della ricerca ci hanno però portato all’idea di ampliare il nostro lavoro, ricercando la continuità tra i Synonyma e un qualche ← 10 | 11 → autore medievale. Ci sembra infatti utile far vedere esplicitamente, almeno a titolo d’esempio, che l’opera isidoriana non è soltanto il punto d’arrivo di una tradizione letteraria, ma ne è allo stesso tempo la prosecuzione e il nuovo punto d’avvio per altre opere. Da questa intenzione ha origine il terzo capitolo, che vuole rimettere a tema la vivacità, la forza di persuasione e il pathos dello stile dei Synonyma. Il termine di confronto è rappresentato innanzitutto dalle Orationes sive Meditationes di Anselmo d’Aosta (XI sec.), le quali segnano una svolta nei testi di meditazione medievali. Accanto ad esse figurano le preghiere di altri due autori, dello stesso secolo, che condividono con Anselmo alcuni tratti fondamentali: si tratta di Giovanni di Fécamp e di Pier Damiani. I tre autori sono stati letti non solo in relazione ai Synonyma, ma anche ad alcune preghiere di età carolingia (i cosiddetti precum libelli, del IX–X sec.). Il terzo capitolo si configura pertanto come una piccola storia della meditazione cristiana tra il VII e l’XI secolo; l’esperimento si è rivelato fruttuoso, e non privo di sorprese, che hanno confermato la reale importanza del testo isidoriano per i secoli successivi.

In ragione dell’ampiezza dei testi e delle epoche indagate, la presente ricerca offre una visione panoramica sul testo dei Synonyma, sia in chiave retrospettiva, sia in direzione prospettica; in tal modo si è voluto delineare un contesto letterario e culturale di riferimento, vario e allo stesso tempo preciso, che permetta di apprezzare con maggiore consapevolezza critica il proprium di questa singolare opera isidoriana. ← 11 | 12 →

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Introduzione

Isidoro e la sua epoca

Isidoro (ca. 562–636)1 è di certo una tra le personalità maggiori dell’età di transizione tra il Tardo Antico e l’Alto Medioevo, “colui che ispira e domina con la sua opera e la sua azione non soltanto, in Spagna, il secolo successivo fino all’invasione arabica del 711, ma anche tutta la vita intellettuale e religiosa del Medioevo occidentale”.2 Nato probabilmente a Cartagena da una famiglia di antiche origini romane, ultimo di quattro figli, Isidoro, rimasto presto orfano, viene istruito dal fratello Leandro, futuro vescovo di Siviglia dal 579 al 602; in seguito frequenta la scuola episcopale sivigliana, nella quale professori e studenti vivevano in una specie di comunità dai tratti quasi monastici.3

La Spagna conosce allora l’unità politica sotto il regno visigotico di Toledo di re Leovigildo (568–587), il primo sovrano a identificare il proprio regno con la totalità della penisola iberica; nel 589, sotto re Reccaredo, durante il III Concilio di Toledo avviene la conversione ufficiale dei Visigoti dall’arianesimo al cattolicesimo. Succeduto al fratello sulla cattedra episcopale di Siviglia, Isidoro ne prosegue l’opera di riorganizzazione della Chiesa di Spagna nel regno unificato; decisiva, a tal proposito, è la stretta collaborazione con i sovrani visogotici, specialmente con re Sisebuto. Quest’ultimo stringe con Isidoro una relazione anche a livello letterario, dedicandogli il suo Carmen de luna, e invitandolo a ← 13 | 14 → comporre alcune sue opere; a lui infatti è dedicato il De natura rerum e la prima versione delle Etymologiae.

Le opere sicuramente autentiche di Isidoro ammontano a diciassette titoli maggiori e alcuni scritti minori, e furono tutte composte durante l’esercizio della carica episcopale, cioè a partire dall’anno 600 e fino alla morte; si tratta perciò di scritti pensati in funzione del ministero ecclesiastico, che potessero aiutare il vescovo Isidoro a confermare la fede e a riorganizzare la cultura della diocesi a lui affidata. La maggior parte di esse riguarda la conoscenza del testo biblico (Proemia, De ortu et obitu patrum) e la sua interpretazione teologica e morale (Quaestiones, Liber de numeris, Allegoriae, Sententiae), oltre che questioni legate alla liturgia (De ecclesiasticis officiis; Regula monachorum), all’eresia (De haeresibus) e all’ebraismo (Contra Iudaeos); altre opere sono invece a carattere storico (Chronica; De viris illustribus, Laus Spaniae, De origine Gothorum, Historia Vandalorum et Sueborum) o scientifico (De natura rerum). Le Etymologiae – per la loro stessa natura enciclopedica – non possono essere ricondotte a un singolo ambito del sapere, ma quanto a metodo di indagine non è inappropriato accostarle alle Differentiae verborum e ai Synonyma, riconoscendo in queste tre opere un “trittico grammaticale”,4 che mette a frutto gli esercizi tipici della scuola antica: ricerca dell’origine delle parole, della differenza di significato tra termini simili e, all’inverso, uso della sinonimia. Tali procedimenti permettono di recuperare la conoscenza della realtà attraverso la riscoperta del significato delle parole.

Per quanto riguarda lo stato attuale della ricerca su Isidoro, si constata la pressoché completa assenza di studi che forniscano un’interpretazione delle opere isidoriane.5 La maggior parte dei contributi appartiene piuttosto a tre ambiti: innanzitutto l’allestimento di edizioni critiche; in secondo luogo, lo studio della tradizione testuale delle opere isidoriane, specialmente delle Etymologiae, nelle varie aree linguistiche ← 14 | 15 → dell’Europa medievale; infine, diversi studi riguardano temi specifici delle Etymologiae, di cui analizzano singoli libri.

Contenuto e struttura dei Synonyma

La data di composizione dei Synonyma può collocarsi con tutta probabilità attorno al 610.6 Il testo (che nella recente edizione di J. Elfassi7 occupa circa centoquaranta pagine) si compone di due libri, più o meno equivalenti in estensione, benché il secondo sia lievemente più ampio. La prima delle due prefazioni dell’opera, che di sicuro è stata aggiunta a posteriori da un commentatore (Isid. synon. 1,1: sanctae recordationis Isidorus, archiepiscopus ex Hispania),8 ci informa della sua struttura e del contenuto:

In subsequenti hoc libro, qui nuncupatur Synonyma, id est multa verba in unam significationem coeuntia, sanctae recordationis Isidorus, archiepiscopus ex Hispania, introducit personam hominis in aerumnis praesentis saeculi sese deflentis, paene usque ad disperationis defluxum, cui mirabili concursu ratio obvians, leni hunc moderamine consolatur atque a lapsu disperationis ad spem veniae reformat, et quemadmodum tergiversantis mundi lapsum incursus evitet formulamque vitae spiritalis arripiat, mirabiliter docet. ← 15 | 16 →9

In questo libro qui sotto, che si chiama Synonyma, cioè molte parole che convergono in un unico significato, Isidoro di santa memoria, arcivescovo dalla Spagna, introduce il personaggio di un uomo che si compiange nel travaglio del mondo presente, ed è quasi disperato; a lui, in un incontro prodigioso, si fa innanzi la ragione: lo consola con una guida mite e dalla caduta nella disperazione gli restituisce la speranza del perdono; inoltre gli insegna mirabilmente in che modo lui che è caduto possa evitare gli assalti del mondo che passa e conseguire la condizione della vita spirituale.

Si rileva innanzitutto il legame indissolubile tra l’elemento linguistico e quello filosofico-spirituale: dapprima viene fornita una definizione tecnica della sinonimia (multa verba in unam significationem coeuntia), e di seguito si presenta il contenuto della vicenda trattata. Questo basta ad assicurare che l’opera non è né un puro esercizio di grammatica, né una meditazione che può essere intesa prescindendo dalla scelta precisa della parole; torneremo nel primo capitolo sul rapporto tra questi due aspetti.

Quanto ai protagonisti, essi sono due e si configurano come veri e propri attori di un dramma sacro: l’uomo è infatti chiamato persona hominis, là dove il termine persona richiama etimologicamente l’antica maschera teatrale romana e, di conseguenza, il personaggio, che assume valore universale e perciò rappresenta ogni uomo (quello che nei mediaeval plays inglesi sarà appunto chiamato everyman); egli ha compiuto un cammino a precipizio, che lo porta sull’orlo della disperazione. La ragione, invece, gli permette di invertire la rotta e di seguire una strada ascendente, come indicano le azioni da lei compiute: consolaturreformatdocet; il ruolo di ammaestramento è inoltre confermato dal contenuto dell’insegnamento, ovvero la buona norma (formula). Approfondiremo nel prossimo capitolo il significato di tale termine.

Se i due libri dei Synonyma costituiscono un’unità, è del resto innegabile che ciascuno di essi abbia una sua specificità di stile e contenuto. Il primo libro, infatti, è l’unico a presentare un vero dialogo tra Homo e Ratio; lo scambio di battute avviene a un ritmo assai lento all’inizio (Ratio parla per la prima volta solo al § 22 di 78, e per molti paragrafi di séguito), che poi si intensifica. Il contenuto esposto è lo smarrimento esistenziale di Homo fino al riconoscimento del proprio peccato, grazie ← 16 | 17 → all’intervento di Ratio, e al pentimento davanti a Dio; si possono pertanto distinguere le quattro parti seguenti:10

monologo del giusto perseguitato (5–21);

ammonimento della ragione (22–38);

dialogo, a più riprese, tra l’uomo e la ragione (39–57);

monologo di compunzione del peccatore che torna a Dio, con brevi interventi di Ratio (58–78).

Come la forma dialogata, così anche l’impiego della sinonimia è presente in questo primo libro, molto più che nel successivo, come si vedrà in séguito. Il libro secondo, in effetti, non è per nulla un dialogo, bensì un monologo in piena regola, nel quale Ratio impartisce i suoi precetti; Homo esprime solamente un breve ringraziamento conclusivo. Il contenuto è così riassumibile:

introduzione di precetti generali: conquista della virtù e dei suoi mezzi pratici, cioè castità, umiltà, pazienza, carità. Segue una serie di precetti precisi (1–43);

Details

Pages
299
Year
2017
ISBN (PDF)
9783034324830
ISBN (ePUB)
9783034324847
ISBN (MOBI)
9783034324854
ISBN (Softcover)
9783034321266
DOI
10.3726/978-3-0343-2483-0
Language
Italian
Publication date
2017 (January)
Published
Bern, Bruxelles, Frankfurt am Main, New York, Oxford, Warszawa, Wien, 2017. 299 p.

Biographical notes

Giuseppe Botturi (Author)

Giuseppe Botturi (1983) ha studiato Lettere Classiche presso l’Università degli Studi di Milano e la Hauptuniversität di Vienna. Si è abilitato all’insegnamento delle materie letterarie al liceo in Italia e in Svizzera. Nel 2015 ha ottenuto il dottorato in Filologia Mediolatina presso l’Università di Zurigo. Attualmente insegna in un liceo del Canton Ticino.

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