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Latinitas in the Slavonic World

Nine case studies

by Vittorio Springfield Tomelleri (Volume editor) Inna Veniaminovna Verner (Volume editor)
©2018 Edited Collection 280 Pages
Series: Specimina philologiae Slavicae, Volume 192

Summary

The nine papers collected in this volume examine, from different perspectives, the cultural and linguistic relationship between Latin and (Church) Slavonic from the prehistoric period until the end of the Middle Ages, offering interesting material and providing fresh insights for comparison with other linguistic areas, epochs or textual traditions. Notwithstanding the different approaches used, all the papers share an empirical character: they actually present first-hand insights, refreshing ideas and hitherto unknown or unexplored material. They are not only about linguistic and textual contacts, but also contain, just through these contacts, the analysis of theological and philological ideas, which acted as a stimulus for further cultural development, independently of the sympathetic or hostile reception they received among Slavs.

Table Of Contents

  • Cover
  • Title
  • Copyright
  • About the editors
  • About the book
  • This eBook can be cited
  • Content
  • Editors’ note
  • Sui latinismi cristiani in paleoslavo (Salvatore del Gaudio)
  • K překladové paralele lat. omnipotens a stsl. vьsedrъžitelь (Miroslav Vepřek)
  • K překladu latinských vedlejších vět vztažných a účelových v Besědách Řehoře Velikého (Jana Kuběnová)
  • Druhá církevněslovanská legenda o sv. Václavu (Kateřina Spurná)
  • Переводческие ошибки в трактатах “Учителя Самуила обличение” и “Доказательство пришествия Христа” (Наталья Александровна Зяблицына)
  • “Исповeданиe вeры” Псeвдоафанасия Алeксандрийского (Symbolum Athanasii) в церковнославянском пeрeводe Дмитрия Гeрасимова. Введение Интерлинеарное издание (Витторио Спрингфильд Томеллери)
  • Maksim Grek in linguistic context (Catherine Mary MacRobert)
  • Loci communes европейской гуманистической филологии: справа библейских текстов Эразма Роттердамского и Максима Грека (Инна Вениаминовна Вернер)
  • Zum Konzept ‚Fehler‛ am Beispiel der Analyse des „Novyj Margarit“ des A. M. Kurbskij. Die Frage der Bewertung sprachlicher Richtigkeit in historischen slavischen Texten (Elias Bounatirou)

Salvatore Del Gaudio

Sui latinismi cristiani in paleoslavo

Abstract: On Christian Latinisms in Old Church Slavonic

Old Church Slavonic (OCS) was codified with the intention of spreading Christianity among the Slavs; thus, the study of Christian terminology is of fundamental importance. There are many words of Judaic-Christian origin that the lexicon of OCS borrowed, either directly or indirectly, from ancient languages such as Hebrew, Greek, and Latin.

This article intends to build on previous research dedicated to the problem of early Latin- Slavic language contacts and focuses on the way in which a small number of Latin loanwords, specifically related to the Christian Lexis, entered OCS texts.

After a characterization of the OCS lexicon and of the Latin lexical component in this liturgical language, the article contextualizes extra linguistic factors which determined the contacts. For illustrative purposes, an etymological analysis of select Latin lexemes follows. A discussion of controversial issues related to the area of provenance for specific Latinisms concludes the contribution.

Keywords: Latin loan-words, Old Church Slavonic, Language contacts, Christian terminology

Considerazioni preliminari

Lo studio della terminologia1 di matrice cristiana è fondamentale per una lingua come lo slavo ecclesiastico antico, o paleoslavo, codificata allo scopo di evangelizzare gli Slavi già convertiti al cristianesimo. Sono notoriamente numerosi i lessemi, relativi alla sfera religiosa di origine giudaico-cristiana, mutuati dalle lingue dell’antichità (ebraico, greco e latino). Altrettanto evidente è il fatto che tra le lingue donatrici prevalga il greco, nella sua varietà media e/o bizantina, da cui è stata ricavata la gran parte dei modelli stilistico-grammaticali e lessico-derivazionali di riferimento. Tuttavia, come già osservato in passato, l’influsso latino, nel suo complesso, non è affatto trascurabile.

A nostro avviso, inoltre, i prestiti latini riguardanti la sfera religiosa e, in particolare, la tematica cristiana, sono stati oggetto di trattazioni incomplete. Pertanto la parte centrale del presente articolo sarà dedicata all’analisi etimologi ← 11 | 12 co-linguistica dei termini latini, numericamente non abbondanti, che designano concetti cristiani; al riguardo verranno formulate alcune ipotesi circa i modi e le rispettive aree di provenienza. A tal fine sarà opportuno in primo luogo caratterizzare e contestualizzare la componente non autoctona del lessico paleoslavo, con particolare riferimento al ruolo dei prestiti latini (§ 1.). Seguirà, quindi, una disamina dei principali fattori extra-linguistici che hanno determinato i modi di penetrazione dei latinismi nel lessico slavo ecclesiastico antico in seguito a contatti diretti o mediati da altre lingue dell’era volgare (§ 2.).

1. Componente non autoctona del lessico paleoslavo

Nei manoscritti che formano il canone paleoslavo – qui inteso nella sua accezione ristretta (cfr. rus. uzkij kanon), così come è rappresentata dall’edizione russa del dizionario di paleoslavo (SSL 1994), si contano circa 10.000 unità lessicali. Secondo Cejtlin (1977: 31), nei 17 documenti di provenienza antico bulgara sono attestate 9616 parole; a queste va aggiunta una cinquantina di lessemi contenuti nei Fogli di Kiev e nei Frammenti di Praga, di provenienza morava. Bisogna inoltre tener conto di altre parole, attestate in documenti la cui appartenenza al canone paleoslavo è controversa.

Dei 9616 lessemi considerati da Cejtlin, 7838 sarebbero slavi (Cejtlin 1977: 27). Di conseguenza, 1778, cioè meno del 20% del patrimonio lessicale, sarebbero stati presi in prestito da altre lingue. A questo repertorio bisogna aggiungere un numero indefinito di parole che non sono state registrate né nel canone strettamente paleoslavo, né tantomeno in quei testi che non fanno parte del corpus ristretto, ma che dovevano essere oralmente diffuse tra i parlanti dei dialetti protoslavi che costituivano la base del paleoslavo. È, dunque, plausibile ipotizzare l’esistenza di lessemi, nel nostro caso specifico di derivazione latina, in documenti non pervenutici.2

La relazione occorrente tra campi semantici e tematiche di riferimento contribuisce parimenti alla comprensione delle caratteristiche e delle ricorrenze lessicali paleoslave. La tematica religiosa è quella più ampiamente rappresentata, quindi termini relativi a questa sfera semantica, quali image ricorrono frequentemente a livello sia intratestuale che intertestuale. Seguono poi dei sottocampi legati al medesimo ambito, come ad esempio le denomina ← 12 | 13 zioni delle istituzioni image inoltre, tutta una serie di parole, in particolare verbi, si riferisce all’attività discorsiva e alla comunicazione tra l’uomo e la divinità.

Come fatto correttamente osservare da Suprun (1991: 38 = Suprun 2013: 188), un altro aspetto su cui gli studiosi del lessico paleoslavo, a cominciare da Jagić, hanno concentrato la loro attenzione, è la questione della variabilità lessicale, vale a dire l’uso di una o più parole e sinonimi slavi per rendere il medesimo termine, presumibilmente di origine greca. La monografia di L’vov (1966) dedica ampio spazio allo studio e al confronto di tali doppioni; sono indubbiamente plausibili le conclusioni cui giunge lo studioso, ovvero che il fenomeno della variazione lessicale sarebbe legato al luogo, al periodo e, aggiungiamo noi, all’orientamento culturale dello scrittorio in cui i manoscritti furono esemplati.

Secondo un’interpretazione ampiamente condivisa, il lessico slavo ecclesiastico antico, da un punto di vista etimologico, sarebbe per quattro quinti di origine slava. Si tratterebbe di parole ereditate dalla fase anteriore (protoslavo), oppure di forme da esse derivate e basate su tali formanti in ambito slavo ecclesiastico antico. Il dizionario di Sadnik e Aitzetmüller (1955) riporta 1180 gruppi di parole contenenti radici protoslave, la maggioranza delle quali sarebbe di origine indoeuropea; solo una parte minore avrebbe un etimo incerto. Di queste radici, circa 60 rappresenterebbero prestiti antichi, di cui un terzo, per esempio image sarebbe di origine germanica (protogermanico, gotico, antico alto tedesco); in numero considerevolmente minore i prestiti risalgono ad altre lingue e varietà da queste derivate, quali greco, latino, balcano-romanzo e altre lingue dell’area mediterranea (Suprun 1991: 39 = Suprun 2013: 190). Al greco è attribuita una decina di prestiti antichi, tra cui image al latino sette, ovvero image image ancor meno, infine, al balcano-romanzo e alle lingue dell’area mediterranea: image3 ← 13 | 14

Concordiamo con la communis opinio della comunità scientifica, secondo la quale il greco, nella sua fase media o bizantina, abbia funto da modello di riferimento in ambito morfosintattico, stilistico e lessicale. Sicuramente non va sottovalutata la centralità del greco quale lingua tramite di prestiti dalle lingue semitiche (ebraico e aramaico), dal latino e da altre lingue della fascia mediterranea e medio-orientale; secondo un calcolo a campione, i grecismi e i prestiti filtrati dal greco ammonterebbero a circa il 5% di un testo (Cejtlin 1977: 27). Tuttavia ridurre il ruolo dei latinismi, in particolare quelli designanti concetti cristiani, a dei prestiti sporadici, e fissare cronologicamente il loro ingresso prevalentemente al periodo della missione morava, accomunandoli a tal guisa a una parte dei germanismi, ci pare una semplificazione eccessiva.

Ribadiamo, pertanto, la tesi già espressa altrove: nei testi slavo ecclesiastici antichi, oltre ai grecismi veri e propri, sono presenti alcune decine di prestiti latini e/o greco-latini risalenti al periodo protoslavo, vale a dire prima della creazione della scrittura slava (Del Gaudio 2013: 64-69; 2014: 70-72). Queste parole erano già penetrate nelle varie parlate slave da cui attinsero i creatori della prima lingua liturgico-letteraria degli slavi.

Entrate a far parte dell’uso reale delle popolazioni slave indipendentemente dai limiti imposti da una tematica strettamente religiosa, esse rappresenterebbero, secondo alcune stime, meno dell’1% del lessico paleoslavo (Suprun 1991: 40 = Suprun 2013: 192). In base ai calcoli effettuati da chi scrive, la percentuale dei latinismi, tenuto conto delle forme dirette, di quelle derivate e di qualche inevitabile approssimazione, si attesterebbe intorno all’1,2% del lessico paleoslavo (Del Gaudio 2014a: 83).4 Siffatta stima si fonda sul numero di voci complessive contenute nel già menzionato dizionario del paleoslavo (SSL 1994), che registra, a sua volta, il materiale lessicale contenuto nei manoscritti appartenenti al cosiddetto canone ristretto.

Se si postula, tuttavia, che il lessico di qualsiasi lingua rappresenta, a differenza della fonetica e della morfologia, un sistema più aperto, se ne deduce che il suo studio richiede una quantità e una multiformità di testi non sempre disponibili nella tradizione paleoslava, anche perché, come già sottolineato, numerosi testi non sono giunti fino a noi. Inoltre, se si prescinde dalle manipolazioni e interpolazioni successive, i testi pervenutici e le tematiche di fondo ivi ← 14 | 15 trattate afferiscono tutti alla medesima sfera comunicativa. Questo comporta una conseguente omogeneità dei campi semantico-lessicali e una ripetitività, più o meno costante, della terminologia specifica. Costituiscono, ovviamente, eccezione gli hapax e la sinonimia slavizzata di alcuni prestiti originari, ad esempio image.

Si può, dunque, affermare, senza tema di eccessive generalizzazioni, che nessun manoscritto risalente al X-XI secolo contiene tutto il lessico oralmente in uso tra il periodo proto-slavo e quello paleoslavo.

2. Latinismi lessicali: excursus extra-linguistico

Se non si tiene debito conto del quadro complessivo dei fattori extra-linguistici che determinarono il contatto tra latino e altre lingue della tarda antichità e del primo medioevo, tra cui il paleoslavo, è difficile proporre un’interpretazione esaustiva della quantità e dei modi di penetrazione dell’elemento latino in quest’ultimo. I criteri intralinguistici, soprattutto quelli di impianto linguistico-comparativo, tipici delle ricostruzioni di fasi linguisticamente non attestate, se avulsi da un contesto multidisciplinare più ampio, quale quello storico-archeologico, etnolinguistico e geografico-linguistico, non rivelano appieno le diverse sfaccettature di un determinato fenomeno linguistico, sia questo di natura fonologica, lessicale o morfosintattica, e possono, pertanto, condurre a cronologie relative discutibili.

Uno degli aspetti evidenti dell’elemento latino in paleoslavo è costituito dal lessico. Sicuramente l’influsso del latino non si limita solo a questo ambito, ma coinvolge anche altri piani linguistici, quali la sintassi, punto su cui contiamo di ritornare in altra sede. Il lessico, al pari della toponomastica, è indice della dinamicità dei contatti tra una cultura e un’altra. I latinismi, nel caso specifico dello slavo ecclesiastico antico, possono essere stati assimilati per via scritta, conseguenza dell’alacre attività scrittoria, di copiatura e traduzione, ma possono essere altresì entrati nelle parlate protoslave prima e durante l’opera di evangelizzazione compiuta per il mezzo funzionale dello slavo ecclesiastico antico a cominciare dalla missione cirillometodiana poco dopo la metà del IX sec. A tale scopo, in alcuni studi precedenti abbiamo tentato di ricomporre un contesto di riferimento dei principali fatti di natura extra-linguistica nel quale inserire i contatti linguistico-culturali tra latinità e slavi. Nel caso particolare abbiamo provveduto a: ← 15 | 16

     1)   stabilire un nesso storico di continuità dei contatti intercorsi tra latinitas e mondo slavo, con particolare riferimento alle fasi antecedenti alla codificazione di uno dei suoi dialetti a base slavo meridionale (Del Gaudio 2011: 17-24; 2013: 49-75);

     2)   individuare e calcolare, con metodi tradizionali, il numero approssimativo di latinismi propri del corpus paleoslavo (Del Gaudio 2014a: 80-88).

Details

Pages
280
Year
2018
ISBN (PDF)
9783631737514
ISBN (ePUB)
9783631737521
ISBN (MOBI)
9783631737538
ISBN (Softcover)
9783631737507
DOI
10.3726/b12285
Language
English
Publication date
2018 (November)
Keywords
Latin (Old) Church Slavonic Translations Cultural contact Syntax
Published
Berlin, Bern, Bruxelles, New York, Oxford, Warszawa, Wien, 2018., 280 S.

Biographical notes

Vittorio Springfield Tomelleri (Volume editor) Inna Veniaminovna Verner (Volume editor)

Vittorio S. Tomelleri is Associate professor of Slavonic Philology at the University of Macerata, Department of Humanities (Italy). Inna V. Verner is research fellow at the Institute of Slavic Studies of the Russian Academy of Sciences, Moscow (Russian Federation), Ph.D. in Russian Language (1997).

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