Loading...

Cesare Battisti, da Kraus in poi

by Italo Michele Battafarano (Author)
©2018 Monographs 536 Pages
Series: IRIS, Volume 29

Summary

Cesare Battisti, nato a Trento nel 1875 come cittadino asburgico e lì morto nel 1916, fu geografo, giornalista, socialista e irredentista italiano. Scelse di combattere nell’esercito italiano contro l’Impero austro-ungarico, affinché il Trentino fosse annesso all’Italia. Preso prigioniero sul campo di battaglia, fu processato e impiccato a Trento per alto tradimento, pur essendo ufficiale dell’esercito italiano e deputato del parlamento imperiale di Vienna. La spettacolarizzazione della sua esecuzione, tramandata da una foto ufficiale del Comando imperiale asburgico come cartolina postale, fece scalpore, suscitando forti critiche nell’opinione pubblica europea.
Karl Kraus mise quella fotografia come frontespizio della sua tragedia Gli ultimi giorni dell’umanità, nella quale egli rappresentava gli orrori della guerra come apocalisse bellica provocata dal disfacimento dell’impero asburgico. Egli diede così a Cesare Battisti una valenza letteraria eccezionale come antitesi di Francesco Giuseppe, imperatore impiccatore.

Table Of Contents

  • Copertina
  • Titolo
  • Copyright
  • Sull’autore/sul curatore
  • Sul libro
  • Questa edizione in formato eBook può essere citata
  • Indice
  • Premessa
  • Avvertenza
  • Introduzione
  • I. All’inizio ci fu Kraus, il massimo della critica antiasburgica
  • II. Battisti: un secolo di memoria nazionale
  • III. Austriaci, Tedeschi, Trentini e Sudtirolesi
  • IV. Gli eroi italiani: ignorati in patria, celebrati all’estero
  • 1. Vita Di Cesare Battisti
  • 2. Kraus: Francesco Giuseppe Contro Cesare Battisti
  • 2.1. Il critico più radicale dell’Austria asburgica
  • 2.2. L’Epitaffio dell’Austria: una necrologia distruttiva
  • 2.3. L’Austria fu il cancro storico-universale dell’Europa
  • 2.4. Essere Austriaci è stato insopportabile
  • 2.5. La Tragedia con la foto di Battisti come frontespizio
  • 2.5.1. Tra Battisti impiccato e Cristo de-crocifisso
  • 2.5.2. La disputa tra l’Ottimista e l’Ipercritico
  • 2.5.3. Il volto dell’Austria è quello del boia
  • 2.5.4. Il capestro invece della croce
  • 2.6. Francesco Giuseppe: il demone asburgico in carne e ossa
  • 2.6.1. Una seggetta drappeggiata sul letamaio imperialregio
  • 2.6.2. L’imperatore impiccator pedante
  • 2.6.3. Fino al rimbecillimento bellico dell’umanità
  • 2.6.4. Grande fu il Male degli Asburgo in Europa
  • 3. Kraus Contro Le Menzogne Su Cesare Battisti
  • 3.1. Il giustificazionista Heinrich von Lützow
  • 3.2. Pro domo et mundo: contro la stampa cattolica antisemita
  • 3.3. Il negazionista Adalbert von Sternberg
  • 3.4. Rudolf Hans Bartsch: Archiviare con le migliori intenzioni
  • 4. Necrologia Battistiana In Lingua Tedesca
  • 4.1. Arbeiter-Zeitung: Il rimprovero dei socialisti austriaci
  • 4.2. Vorwärts: La distanza dei socialisti tedeschi
  • 4.3. Frankfurter Zeitung: La stampa borghese ne prende atto
  • 4.4. Neue Zürcher Zeitung: Il socialista che seppellì l’Austria
  • 4.5. Der Tiroler: Bismarck e il “Trentino” 50 anni dopo
  • 5. Pro Irredentismo Europeo
  • 5.1. Karl Liebknecht: La solidarietà del socialista tedesco
  • 5.1.1. Socialismo e antimilitarismo
  • 5.1.2. Lo strabismo tedesco sull’irredentismo
  • 5.2. Erich Mühsam: Il diario politico di un anarchico ebreo
  • 5.2.1. La fricassea dell’orribile impero austro-ungarico
  • 5.2.2. Una guerra di propaganda nei giornali
  • 5.2.3. Impiccando Battisti, hanno regalato un eroe agli Italiani
  • 5.2.4. L’orgia omicida su tutti i fronti supera le atrocità del passato
  • 5.2.5. Casement: fontane di bava velenosa sulla perfida Albione
  • 5.2.6. Se verranno ripresi, saranno impiccati
  • 5.2.7. Bombe al cianuro di potassio come mezzi estremi
  • 5.2.8. Il terrore della forca
  • 5.3. Robert Michels: pro Battisti contra Austria
  • 5.3.1. L’irredentismo tra diritto scritto e diritto divino
  • 5.3.2. La confutazione di un anonimo viennese
  • 5.3.3. Confutazione della confutazione
  • 5.3.4. Pro populo italico e le sue conseguenze persecutorie
  • 5.3.5. Robert Michels, Max Weber e un irredentista fucilato
  • 6. Carl Dallago Contro Cesare Battisti
  • 6.1. Contro l’irredentismo italiano: Mayr e Dallago
  • 6.2. Dallago contro l’irredentista innominabile
  • 6.2.1. Dell’arte di diffamare un morto, senza citarne il nome
  • 6.2.2. Il Trentino devastato dagli irredentisti
  • 6.2.3. Volere l’università, per impressionare gli ascoltatori
  • 6.2.4. Razza, lingua e paesaggio del Garda germanico
  • 6.2.5. Miseria del saggismo contro l’irredentista trentino
  • 7. Battisti E Il Sudtirolo In Germania 1926-1928
  • 7.1. Statisti, politici e professori di storia
  • 7.2. Gustav Stresemann contro Benito Mussolini
  • 7.3. Friedrich Stampfer: con Battisti contro Mussolini
  • 7.4. Adolf Hitler: Il Sudtirolo, pretesto polemico di ebrei e massoni
  • 7.5. Paul Herre: Battisti, precursore di Tolomei e Mussolini
  • 8. L’età; Dello Spionaggio
  • 8.1. Ronge: Battisti fu bancarottiere e spia
  • 8.2. Grote: Il nemico ci ascolta! La spia Battisti anche!
  • 8.3. Orosel: Battisti e Pivko furono disertori, traditori e spie
  • 9. Kurt Tucholsky: Contro Le Menzogne Su Battisti
  • 9.1. La fotografia che innova l’arte contemporanea
  • 9.2. Battisti la spia perfetta dei generali revanscisti
  • 10. Franz Tumler: Appunti Da Trento
  • 10.1. Un romanzo conciliatorio oltre la cronaca e la storia
  • 10.2. Alla ricerca del padre sospettato di intrigi irredentistici
  • 10.3. L’irredentista italiano e l’amico tirolese emarginato
  • 10.4. In difesa della ricerca e della parola scritta
  • 10.5. Liberare il Sudtirolo: nelle istituzioni o col tritolo
  • 10.6. Himmler, l’architetto delle opzioni
  • 10.7. A Bolzano in catene: l’identità tedesca nel Tirolo
  • 10.8. Alla ricerca di sé, tra afasia e laconicità
  • 10.9. I dinamitardi sudtirolesi come Cesare Battisti
  • 10.10. Fu questo fraintendimento a condurmi alla forca
  • 10.11. Spoliticizzare Battisti per salvare il mito asburgico
  • 10.12. Natura invece di cultura
  • 10.13. L’Austria asburgica: senza né bene né male
  • 10.14. Uno Stato che era una casa solida
  • 10.15. Limiti della metafisica in un romanzo d’attualità
  • 11. Gatterer: Battisti Vittima Del Prussianesimo
  • 11.1. Il Battisti di Gatterer anno 1975
  • 11.2. I crimini austriaci nella Prima Guerra Mondiale
  • 11.3. La missione del conglomerato austriaco
  • 11.4. Il mito di uno stato sovranazionale in forma federale
  • 11.5. Prussianesimo e pangermanesimo nell’Austria asburgica
  • 11.6. Non il carnefice, ma la vittima è colpevole
  • 11.7. Irredentismo e socialismo
  • 11.8. Il deputato trentino a Vienna e Innsbruck
  • 11.9. Un italo-tirolese che non capì l’utopia asburgica
  • 12. Tra Vecchi Pregiudizi E Nuove Proposte Critiche
  • 12.1. Cesare Battisti nel Dizionario Biografico Austriaco
  • 12.2. Brigitte Hamann: Una popolarizzazione antibattistiana
  • 12.3. Anton Holzer: La forca come teatro di orrore e terrore
  • 12.4. Hans Hautmann: Battisti nella storiografia marxista
  • Epilogo: Pro Battisti 1916-1928: Tre ebrei, un socialista e un economista
  • Petizione Anno 2018: Si vuol sperare che un giorno l’Austria annulli processo e condanna
  • Bibliografia
  • Indice dei nomi
  • Volumi pubblicati nella collana

PREMESSA

a Leonardo

In qualità di professore universitario di lingua e letteratura tedesca, che per oltre un trentennio ha insegnato all’Università di Trento, mi è sembrato doveroso, dopo aver indagato i Cantori e critici tedeschi della Grande Guerra (2015), dedicare una ricerca all’immagine di Cesare Battisti nella cultura di lingua tedesca, perché niente di simile è stato scritto dopo la sua morte, avvenuta il 12 luglio 1916, a Trento, in seguito alla condanna al capestro, per alto tradimento, comminatagli da un tribunale militare asburgico.

Pur non essendo trentino di nascita, ho ritenuto, da italiano, nato a Taranto, che dovessi, conoscendo il tedesco e la relativa cultura, indagare e far conoscere agli studenti trentini, alla popolazione locale e a quella nazionale, come mai Cesare Battisti sia potuto diventare un personaggio della letteratura tedesca, mentre non lo è di quella italiana, pur essendo un eroe nazionale.

È merito dello scrittore austriaco Karl Kraus, questo riconoscimento, perché fu lui il primo a scrivere nella rivista Die Fackel (La fiaccola) di quell’esecuzione come di una nefandezza, che sarebbe stata la vergogna dell’Austria per tutti i millenni a venire. Kraus mise la fotografia di Cesare Battisti morto impiccato, col boia che lo sovrasta e un pubblico di civili e soldati che lo circonda ghignando soddisfatto, come frontespizio della sua tragedia Gli ultimi giorni dell’umanità, nell’edizione del 1922, trattandone nel testo diffusamente (atto IV, scena 29). Lì Cesare Battisti è l’antitesi di Francesco Giuseppe, l’imperatore impiccatore, noto come tale dai moti insurrezionali promossi da Giuseppe Mazzini nel Lombardo-Veneto, dopo il Quarantotto, repressi con violenza e conclusi con l’impiccagione di tutti gli insorti, noti poi come i martiri di Belfiore, dal nome del luogo vicino Mantova, dove furono giustiziati, ai quali Kraus fa esplicito riferimento.1

Questo monumento letterario, innalzato da Karl Kraus al deputato trentino, irredentista e socialista, è uno dei capitoli più affascinanti ← 9 | 10 della cultura di lingua tedesca, perché profondo e acuto, radicalmente autocritico in senso collettivo, antiasburgico, antibellico, di stupefacente originalità drammatica, avendo individuato nel ricorso alla fotografia, la teatralizzazione dell’esecuzione e l’umiliazione ripetuta del reo da parte del Comando Militare Asburgico. Kraus riprende qui, avendone piena contezza, ciò che nel Seicento europeo si chiamava il teatro del terrore, ovvero lo spettacolo dell’orrore sulla pubblica piazza, dove presunte streghe venivano bruciate vive, e veri criminali squartati, davanti a un pubblico numeroso e curioso, soddisfatto di avervi assistito, come documentato dalle incisioni di Jacques Callot.

All’inizio c’era Karl Kraus, a segnare la storia della ricezione di Cesare Battisti nella cultura di lingua tedesca, affiancato negli anni tra le due guerre da scrittori critici come Erich Mühsam e Kurt Tucholsky, e da un politico antimilitarista come Karl Liebknecht, tutti impegnati a difendere la memoria e l’onore della più illustre vittima delle Austrian Brutalities, contro negazionisti e revanscisti della più bell’acqua, tutti in malafede. A loro si deve aggiungere il teorico tedesco dell’economia politica e dell’élites Robert Michels, naturalizzato italiano, che il 2 settembre 1916, in un denso articolo, pubblicato nel quotidiano di Zurigo, approfondì le motivazioni storiche e socio-culturali che legittimavano l’irredentismo italiano, giustificando Battisti che lo aveva promosso. Le reazioni al suo articolo furono polemiche in una replica anonima, pubblicata nello stesso giornale, e violentemente diffamatorie in lettere private.

Questa conflittualità estrema intorno alla figura di Cesare Battisti in Austria e in Germania, si è riproposta anche nel secondo dopoguerra e si è accentuata, per motivi di politica contingente, negli ultimi anni, in prossimità del centenario della Grande Guerra, dimostrando uno sconfortante disorientamento etico-politico e un deprimente scadimento del discorso pubblico, civile e repubblicano, ambedue tipici di una società di massa, internauta, ma ignorante di sapere storico concreto, lontana da ogni autentico spirito speculativo e renitente all’autocritica.

È un riconoscimento a un protagonista della storia italiana del primo Novecento, questo libro, scritto da italiano, attento a evitare la trappola della retorica nazionalistica e la tentazione dell’agiografia martirologica, ambedue povere di conoscenza, e da germanista, impegnato a districarsi nei meandri della complessa storia culturale del tra ← 10 | 11 → gico Novecento austriaco e tedesco fino al secondo dopoguerra e oltre, nella certezza che, seguendo le tracce di Kraus, la figura di Cesare Battisti possa divenire più comprensibile anche agli Italiani, che volessero capire la storia dell’Austria Asburgica e della Grande Guerra, che essa provocò nell’estate del 1914, dando fuoco al mondo (Kraus).

Sebbene sia ovvio, perché il titolo del libro delimita chiaramente il tema di questa ricerca, non tratterò in questa sede l’immagine di Cesare Battisti nella cultura italiana, se non per brevi cenni, quando sarà necessario, per spiegare talune asserzioni degli autori di lingua tedesca, qui presi in esame. Affinché non ci siano equivoci, mi preme tuttavia affermare qui, che ritengo un errore storico, aver voluto il confine del Brennero, fissato nel trattato di pace del 1919; inoltre, che la politica di Mussolini in Alto Adige / Sudtirolo sia stata politicamente sbagliata, ingiusta e inutilmente repressiva. Ciò, anche per aver voluto fare della memoria di Cesare Battisti una bandiera di italianità antitirolese, a Bolzano, pur sapendo Mussolini molto bene, che nessuno scritto di Battisti avrebbe mai potuto giustificare, nemmeno implicitamente, la politica fascista di italianizzazione forzata del Sudtirolo. Che poi Mussolini abbia trovato in Hitler un alleato altrettanto sprezzante verso la minoranza sudtirolese, ai suoi occhi meno importante di quella sudeta, e in Himmler il perfido realizzatore e profittatore dello spostamento dei Sudtirolesi oltre i loro confini secolari, può avergli facilitato il compito di liberarsi della minoranza di lingua tedesca in Italia, che altrimenti mai avrebbe potuto trasferire d’autorità nell’agro pontino o nelle colonie italiane d’oltremare, ma non ne riduce la colpa.

Pur essendo convinto che, oggi, la storia non sia maestra di vita, altrimenti non si sarebbero state tante guerre e ognuna di esse più distruttiva di quella precedente, e che non sia utile attualizzare troppo il passato, per capirlo meglio, mi piace credere, tuttavia, che meriti di essere ricordato qui, in funzione del nostro presente, almeno un aspetto della poliedrica e prolifica attività politica e pubblicistica di Cesare Battisti, sul quale potrebbe essere utile meditare in questi anni, scanditi da migrazioni, spunti indipendentistici e ricerca di autonomia dal centralismo degli stati nazionali. Si tratta di ciò che Battisti chiamava l’identità linguistica, la quale soltanto, ai suoi occhi, definisce in maniera chiara il confine naturale di ogni popolo, legittimandolo come nazione autonoma a livello internazionale, perché dalla lingua discen ← 11 | 12 → dono cultura e civiltà, necessarie a trasmettere ai membri di un’aggregazione umana il senso di appartenenza a una comunità. Perciò Cesare Battisti difese questo principio dell’identità linguistica nelle sue battaglie per l’autonomia del Trentino asburgico rispetto al Tirolo nella Dieta di Innsbruck, per l’irredentismo italiano rispetto al guazzabuglio asburgico, come lo chiamava Kraus, che egli, Battisti, definì, invece, nel giugno del 1913, in Parlamento, a Vienna, una bolgia infernale. Rimarcando il principio di identità linguistica, Battisti faceva prevalere la saggezza del politico, il buon senso del socialista, attento più alla prassi che non alla teoria, e la visione dello scienziato che ha studiato la geografia fisica e l’antropogeografia, come recita il sottotitolo della sua tesi di laurea dedicata al Trentino nel 1897, ben sapendo, che ogni altra soluzione sarebbe stata ingiusta e perciò foriera di futuri conflitti.

Una ricerca sulla ricezione di una figura storica italiana in un contesto linguistico e culturale diverso, deve necessariamente prescindere all’immagine italiana, formatasi autonomamente rispetto a quella straniera. Nel caso della ricezione di Cesare Battisti nei paesi di lingua tedesca si tratta di affrontare il contesto nemico, in particolare quello asburgico, nel quale l’italiano fu l’alto traditore, perché anche l’Italia era vista come traditrice. Partendo da questo prospettiva contro Battisti, la ricezione in lingua tedesca ha rivelato anche valutazioni positive nel secolo post mortem suam. Oltre ai suoi critici più severi, che lo ritennero un traditore, spia e bancarottiere, ci sono quelli che ritennero esagerata la sua condanna, e quelli che vorrebbero riabilitarlo come socialista asburgico, fino a coloro che lo celebrarono subito come acuto e audace capo politico, proiettandolo nel contesto dell’irredentismo europeo, difendendone la memoria in scritti politici (Michels, Liebknecht) e in opere letterarie complesse (Kraus, Mühsam, Tucholsky), fino al suo recupero in chiave socialista, negli ultimi decenni, da parte di uno storico austriaco, di formazione marxista (Hautmann).

Questo Battisti in lingua tedesca, senza la martirologia eroica del patriottismo post-risorgimentale e senza la retorica nazionalistica postbellica, è un’avventura intellettuale affascinante, perché, essendo calata in un contesto a noi Italiani estraneo, ci ricorda che la prospettiva nazionale non è l’unica possibile e, forse, neanche l’unica utile, per conoscere la nostra storia. ← 12 | 13 →


1 Cfr. Battafarano: Karl Kraus: La Grande Guerra come apocalisse, 2015, p. 27-134. – „Pro hominis dignitate“: Der fotografierte Leichnam des hingerichteten Cesare Battisti in der Tragödie „Die letzten Tage der Menschheit“ von Karl Kraus, 2016.

AVVERTENZA

Una ricerca sull’immagine di un personaggio storico italiano in altra lingua e cultura presuppone l’analisi di testi diversissimi tra loro: dall’articolo di giornale, dettato dalla contingenza, alla citazione breve, dalla poesia alla tragedia, dal racconto al romanzo, dal saggio critico dedicato a un aspetto specifico, fino alla trattazione di ampio respiro con ambizione di cogliere la totalità. Trovare, di volta in volta, il tempo e il tono giusto, anche nei riferimenti al diverso contesto, affinché la sintesi appaia fondata e convincente, senza, allo stesso tempo, impegnare il lettore in raffinate disquisizioni di teoria della ricezione, è stata la mia preoccupazione costante durante la raccolta dei materiali e nell’elaborazione della stesura finale del testo. Oso sperare con un po’ di successo.

Nella convinzione, maturata in oltre quarant’anni di insegnamento universitario, che non si possa pretendere dal lettore mediamente colto, di conoscere nei minimi dettagli la biografia di Cesare Battisti, la storia del Trentino e del Sudtirolo, nella rielaborazione che è stata fatta dalla cultura di lingua tedesca nel corso di un secolo, e tenendo conto del fatto che la conoscenza della storia del primo Novecento sia, ormai, poco diffusa, se non grosso modo, dominando nel presente piuttosto un’indistinta attualità senza passato né storia, ho fornito, di volta in volta, direttamente o indirettamente, le informazioni concrete che, a mio giudizio, possono servire a meglio comprendere talune affermazioni degli autori qui presi in esame. È possibile che, per un eccesso di prudenza, mi sia dimostrato a volte prolisso o ripetitivo, nel fornire informazioni dettagliate sugli avvenimenti storici e sulla biografia delle persone citate. Di ciò chiedo scusa al lettore, che si sentisse sopraffatto o infastidito dal mio didatticismo a fin di bene.

Data la difficoltà per il lettore italiano, di accedere alle fonti originali, ho citato ampiamente dai testi in lingua tedesca, traducendoli in italiano per l’occasione. Fanno eccezione la tragedia Gli ultimi giorni dell’umanità di Karl Kraus e il romanzo Appunti da Trento di Franz Tumler, opere, delle quali esiste una traduzione in italiano che ho utilizzato, dando tuttavia indicazione in nota, quando me ne sono discostato, proponendo un’altra soluzione traduttiva. Le citazioni che compaiono nel testo sono in corsivo, senza virgolette, per renderle imme ← 13 | 14 diatamente riconoscibili. Ciò permette, io credo, una più facile lettura del testo.

Le citazioni più lunghe sono staccate dal testo e rientranti a sinistra, nello stesso formato, ma con un carattere più piccolo.

Le mie aggiunte sono sempre tra parentesi quadre.

Tre puntini di sospensione in parentesi quadre indicano che ho tralasciato una parte del testo citato, ritenendola superflua nell’analisi specifica. I tre puntini senza parentesi quadre significano, invece, che essi si trovano così nell’originale.

In nota i riferimenti bibliografici sono citati in forma abbreviata, mentre nella Bibliografia, posta in fondo al volume, ogni titolo è riportato nella sua completezza.

L’originale in lingua tedesca è stato citato a fianco della traduzione italiana, se breve, oppure in nota, se più lungo, quando la carica semantica del suo messaggio era tanto radicale, sia ex negativo sia ex positivo, da suscitare nel lettore il sospetto, che la mia traduzione potesse aver mitigato o rafforzato il testo originale.

Per la traduzione di “Sozialdemokratische Arbeiterpartei” (SDAP, “Partito Socialdemocratico dei Lavoratori”, fondato da Wilhelm Liebknecht e August Bebel nel 1869, poi SAP, indi SPD), ovvero Partito Socialista Tedesco, ho preferito tradurre in italiano sozialdemokratisch con socialista, e non con socialdemocratico, come sarebbe stato più corretto, per evitare di alimentare la confusione intorno al concetto di socialdemocratico, che, nell’Italia del secondo dopoguerra, ha assunto una connotazione politica variegata, soprattutto di distinzione polemica dal Partito Socialista Italiano, quindi molto diversa da quella che diedero Liebknecht e Bebel al loro partito nel 1869.

La Bibliografia elenca in ordine alfabetico una scelta delle pubblicazioni che sono state consultate ai fini della presente ricerca.

Il testo su Egon Orosel (8.3.) è stato pubblicato con un titolo un po’ diverso nel 2015 e dedicato a Vincenzo Calì per i suoi 70 anni.

Il dattiloscritto per la stampa è stato completato il 2 ottobre 2017. ← 14 | 15 →

INTRODUZIONE

I. ALL ’INIZIO CI FU KRAUS, IL MASSIMO DELLA CRITICA ANTIASBURGICA

Francesco Giuseppe instupidì per settant’anni il suo popolo.

La foto di Cesare Battisti, fatta scattare dall’autorità asburgica subito dopo l’impiccagione, il 12 luglio 1916, fu pubblicata dallo scrittore austriaco Karl Kraus come frontespizio della sua tragedia Gli ultimi giorni dell’umanità, nell’edizione definitiva del 1922, e presentata nella 29a scena del IV atto come antitesi dell’immagine della barba di Francesco Giuseppe. Questo eccezionale riconoscimento letterario rese popolare nella cultura dei paesi di lingua tedesca la figura del socialista e irredentista trentino, deputato del Parlamento imperialregio a Vienna e membro della Dieta regionale di Innsbruck, poi ufficiale dell’esercito italiano in guerra contro l’Impero austro-ungarico nel primo conflitto mondiale. Facendone un monumento letterario, Kraus pose la ricezione dell’immagine di Battisti nella cultura europea, soprattutto in quella di lingua tedesca, al massimo livello di analisi concettuale, alla quale le successive interpretazioni sarebbero state riportate e confrontate. Ogni successivo scarto rispetto al Battisti di Kraus prevede una correzione corrispondente della critica distruttiva ai settant’anni del governo di Francesco Giuseppe, avanzata da Kraus, implicando de facto una rivalutazione dell’esperienza asburgica nella storia austriaca e, di riflesso, in quella europea.

In quella scena della tragedia Kraus svolge uno dei tanti dialoghi tra il personaggio chiamato l’Ottimista (Der Optimist), presentato dall’autore come una variazione concettualmente impoverita del Pangloss che compare nel Candide ou l’Optimisme (1759) di Voltaire, perché crede ingenuamente alla mitografia asburgica, e il suo antagonista, chiamato l’Ipercritico (Der Nörgler) colui che critica tutto e tutti, confutando con sistematica radicalità i loci communes e le leggende asburgiche, diffuse come una religione popolare nella vita quotidiana della monarchia imperialregia, a tutti livelli e in tutti i ceti sociali.2 ← 15 | 16

Nella scena citata (IV, 29) i due personaggi della storia bellica contemporanea, sui quali essi discutono sono: l’imperatore Francesco Giuseppe e l’ufficiale italiano Cesare Battisti. Per sviluppare il contrasto tra carnefice e vittima, la scena assume il carattere di una peroratio in tribunale a favore o contro, l’una o l’altra delle due figure storiche.

A tale scopo Kraus evita la discussione sulla correttezza o meno, in termini di tecnica giuridica, del processo al deputato trentino davanti alla corte marziale asburgica, preferendo concentrarsi sulla fotografia che lo ritrae dopo l’impiccagione, come trofeo di caccia del boia sorridente e soddisfatto, circondato da civili e militari in posa. La disumanizzazione della vittima, disonorato come ufficiale mandato al capestro e umiliato come cadavere ridotto a trofeo, è, agli occhi di Kraus, la dimostrazione dell’immoralità dello stato imperialregio, rappresentato al massimo livello da Francesco Giuseppe, da colui che instupidì per settant’anni il suo popolo, prima di dichiarare guerra alla Serbia, dando fuoco al mondo. Mettendo la sua firma sotto la dichiarazione di guerra, egli provocò milioni di morti al fronte, centinaia di migliaia di invalidi, nonché decine di migliaia di vittime civili della crudeltà dei suoi soldati che, gioviali, ricorsero con loro al capestro.

Con le parole del suo personaggio ipercritico, Kraus affermò che il suo impegno in questo senso era dettato dalla volontà di evitare, che fosse uno scrittore satirico straniero a fare prima di lui la critica all’Austria asburgica. Si assunse perciò il compito di esprimere egli stesso quella critica nel modo più radicale, togliendo qualsiasi alibi ai suoi connazionali, più o meno irritati nel leggerlo, sorpresi che un autore austriaco potesse insozzare il proprio nido, la patria asburgica. Mostrò in scena ciò che avvenne davvero nella Grande Guerra per mano austriaca, senza accampare scuse, senza dividere la propria colpa con altri, senza mitigare le responsabilità, velando o dimenticando.

II. BATTISTI: UN SECOLO DI MEMORIA NAZIONALE

Eroe degli Italiani, traditore secondo pochi nostalgici imperialregi.

A un secolo dalla morte di Cesare Battisti, avvenuta per impiccagione nel cortile del Castello del Buonconsiglio a Trento, si usa fare un bilancio della sua memoria, riflettendo sul significato che essa ha ← 16 | 17 per noi, come comunità nazionale di Italiani, che lo ha tra i suoi avi nell’album di famiglia, a partire da quel giorno, o, se si vuole, dal giorno in cui, nell’agosto del 1914, scelse la nazionalità italiana, rinunciando a quella imperialregia, appartenendo allora Trento, dov’egli era nato, all’Impero austro-ungarico. Che per formazione linguistica e culturale Cesare Battisti, laureato all’Università di Firenze con una tesi sulla geografia del Trentino, si sentisse italiano, anche quando partecipava come deputato socialista della comunità trentina alla Dieta di Innsbruck o come membro eletto nel Parlamento imperiale di Vienna, così come quando pubblicava il suo giornale Il Popolo, Quotidiano Socialista, difendendo i diritti della nazionalità italiana, minoranza imperialregia, tanto da vederselo spesso censurato e sequestrato, non c’è bisogno di documentarlo esplicitamente, perché lo attestano i suoi scritti e i suoi interventi parlamentari. Insomma, che come trentino si sentisse italiano e non un italo-tirolese (Welschtiroler), come venivano chiamati tutti i Trentini sotto Francesco Giuseppe, Battisti non lo tenne mai segreto, per prudenza o convenienza, bensì, tutto al contrario, lo proclamò in ogni occasione, con fierezza e orgoglio.

Preso prigioniero dagli Austriaci sul campo di battaglia in una località vicino Trento, in uniforme di ufficiale dell’esercito italiano, Cesare Battisti, in verità, non poteva essere processato come prigioniero di guerra, né essere condannato a morte, perché ufficiale, e ancor meno essere impiccato con disonore. Lo fu tuttavia, perché la corte marziale austriaca non lo ritenne un italiano, bensì un suddito asburgico, che aveva “altamente tradito”. Come cittadino asburgico però, Cesare Battisti era stato eletto nel Parlamento imperiale di Vienna, per cui godeva dell’immunità, che non fu né sospesa né annullata in occasione del processo, perché il Parlamento era stato chiuso all’inizio della guerra, senza mai essere stato sciolto. La clamorosa contraddizione politica e giuridica del processo fu evidente già allora, ma non fu ritenuta insuperabile, bensì soltanto ignorata. Da ufficiale italiano Cesare Battisti non poteva essere né processato né condannato; da deputato del Parlamento imperiale non poteva essere né processato né giustiziato, senza l’autorizzazione dello stesso Parlamento.

A guerra vittoriosamente finita, dal novembre 1918 in poi, ogni città italiana, piccola o grande che fosse, dedicò una strada una piazza, ← 17 | 18 → una targa, una scuola o un monumento a Cesare Battisti, fissandone, come avvenne con Mazzini, Garibaldi, Cavour e Vittorio Emanuele II, la memoria nella coscienza della nazione italiana, sebbene di lui, tutto sommato, gli Italiani sappiano oggi ben poco.3 Insieme a tanti altri erano costoro gli eroi più famosi di una storia italiana, che era iniziata nell’Ottocento, perseguendo l’unità politica della nazione, raggiunta combattendo contro i tre nemici principali del Risorgimento italiano: il Regno dei Borboni a Napoli, lo Stato della Chiesa e l’Impero austriaco, poi austro-ungarico. Dopo le loro sconfitte militari, rispettivamente nel 1859, 1860, 1866, 1870, 1918, l’Italia unificata fino all’ultimo territorio di lingua italiana, ma con qualche pecca, per eccesso di zelo, per esempio il Sudtirolo, la consacrazione toponomastica e monumentale del “martire” Battisti nelle città italiane, dopo il 1919, mise la parola fine alla missione risorgimentale degli Italiani, incentrata sull’unificazione di territorio, popolo e nazione.4

Non esiste, al contrario, una strada o vicolo che ricordi Cesare Battisti non solo in Austria, dove rimase sempre il traditore per eccellenza, ma anche negli altri paesi già imperialregi, come, per ovvie ragioni, non ce ne sono in Italia di eroi e martiri slovacchi, cechi, sloveni o ruteni che combatterono per la propria indipendenza nazionale contro l’Impero austro-ungarico, salvo rarissime eccezioni. Ovvio è tutto questo, perché ogni nazionalità dell’Impero asburgico che aspirava all’indipendenza nazionale, fece una lotta autonoma, senza stringere, a guerra scoppiata, alcuna particolare alleanza con le altre nazionalità che perseguivano lo stesso fine, ma combattendo, per così dire, in parallelo, contro il comune nemico asburgico. Nella prospettiva autonomistica di ognuna di queste nazionalità, è comprensibile che, a livello individuale, taluni appartenenti alle minoranze non austro-ungariche dell’Impero, per raggiungere l’indipendenza nazionale, combatterono contro l’esercito imperialregio anche su altri fronti. Questa scelta fu ritenuta a Vienna una diserzione ovvero manifestazione di alto tradimento e come tale condannata con severa e, nell’ottica di Francesco Giuseppe, pedante crudeltà, ritenendo che esse avessero indebolito ← 18 | 19 grandemente la monarchia imperialregia durante la guerra, dichiarata dall’imperatore alla Serbia a fine luglio del 1914, subito divenuta europea, e poi anche mondiale. Che la definizione di disertore, traditore e spia, per tutti coloro che combatterono per l’indipendenza e la liberazione della propria nazionalità in un’uniforme diversa da quella austro-ungarica, sia rimasta, anche dopo la fine della guerra, nel nuovo ordine di stati e nazioni, emerso dai trattati di pace, apparve tuttavia alquanto anacronistico già nel primo dopoguerra, perché venato di nostalgia asburgica e di revanscismo militaristico, ambedue inadeguati a cogliere l’inarrestabile processo di disfacimento istituzionale dell’Impero austro-ungarico nel momento in cui, credendo di avventurarsi gloriosamente in una delle tante guerre balcaniche di breve durata, si ritrovò invece in una guerra pluriennale, per la quale era impreparata da tutti i punti di vista, innanzi tutto sul piano dei rifornimenti.

Può, d’altro canto, essere persino comprensibile che gli Austriaci e, in particolare, i Tirolesi a sud del Brennero, dopo esser diventati cittadini italiani nel 1919, non amino affatto Cesare Battisti, fin da quando il giornalista, editore, socialista e deputato, eletto alla Dieta regionale di Innsbruck e al Parlamento imperiale di Vienna, facendosi interprete, convinto e tenace, dei diritti della minoranza italiana nell’Impero divenne ai primi di agosto del 1914 avversario politico e, dal maggio del 1915, nemico, in uniforme dell’esercito italiano, sul campo di battaglia. Tale atteggiamento antibattistiano è dettato nei Sudtirolesi dalle divisioni politiche, linguistiche e culturali che, derivando dall’atteggiamento repressivo dell’Impero Asburgico nei confronti delle minoranze nazionali, risultarono dal 1919 in poi, un’eredità ingombrante della questione nazionale irrisolta prima del 1914, essendo inammissibile qualsiasi forma di autonomia o di indipendenza per il Trentino asburgico, se non da raggiungere con una guerra, dopo che erano falliti tutti i tentativi diplomatici, dalla guerra del 1866 e dalla conferenza di Berlino nel 1878 fino alle trattative segrete durante i mesi della neutralità italiana, da agosto del 1914 a maggio del 1915. Quello che però non è altrettanto comprensibile, perché in nessun modo giustificabile, né storicamente né umanamente, è la damnatio memoriae che ha colpito Cesare Battisti nel Tirolo del sud (Alto Adige, in italiano) e in ← 19 | 20 → Austria, se si prescinde da poche e meritevolissime eccezioni.5 Se il governo della Repubblica d’Austria fosse stato lungimirante, avrebbe dovuto subito, già nel 1919, annullare la condanna di Cesare Battisti, rendendogli l’onore post mortem. Con questo gesto avrebbe certamente contribuito a rasserenare i rapporti italo-austriaci. Ciò però non fu e si assiste oggi alla straniante, per non dir bizzarra, constatazione che esista, ancor oggi, in Trentino un gruppo, tutto sommato, relativamente modesto di Italiani, che ritengono il loro concittadino Cesare Battisti una spia, un disertore e traditore, che fu perciò giustamente condannato a morte dagli Austriaci. Sono costoro i nostalgici della monarchia asburgica che rifiutano la soluzione italiana per il Trentino, inseguendo il mito del buon governo sotto l’imperatore Francesco Giuseppe, secondo loro, padre giusto e sollecito di tutti i suoi sudditi. Insomma, senza aver mai letto una pagina di Battisti o di Kraus, prendono per vere le leggende asburgiche e l’aneddotica trentino-tirolese, tramandata in famiglia, anche contro l’evidenza dei dati di fatto.

In proposito basta ricordare qui, che quando il Lombardo-Veneto divenne un dominio asburgico, nel 1815, dopo il Congresso di Vienna, erano ogni anno centinaia di milioni che i contribuenti italiani pagavano a Vienna senza ricevere nulla in cambio, essendo quello considerato da Vienna una sorta di contributo a favore delle regioni povere dell’Impero, da parte di quelle più ricche.6 A questo contributo finanziario obbligatorio si deve aggiungere quello umano, rappresentato da coloro furono mandati a morire in Galizia ed in Serbia per una causa non loro,7 se non altro perché, come minoranza italiana nella Dieta regionale di Innsbruck, erano svantaggiati da un sistema elettorale che favoriva i Tirolesi a danno dei Trentini, poi i possidenti, ai quali si attribuiva un voto doppio rispetto ai proletari, oppure garantiva il diritto a 10 deputati per 200 nobili, e altro ancora, all’insegna di quello che Cesare Battisti chiamò il forcaiolismo austriaco, nel discorso del 6 novembre 1913 al Parlamento austriaco.8 ← 20 | 21

A questo si deve aggiungere la censura sproporzionatamente repressiva a Trento, dove il procuratore di Stato Carlo Tranquillini effettuò, una volta, 4 sequestri in un sol giorno, rispetto ai 23 in tutta l’Austria, colpendo in particolare la stampa socialista, edita e diretta da Battisti.9 In questo senso l’Austria ha perseguito la stessa politica censoria e repressiva che aveva avviato un secolo prima, occupando il Lombardo-Veneto, dopo la sconfitta di Napoleone, quando finanziò a Milano la rivista settimanale Biblioteca Italiana ossia Giornale di Letteratura Scienze ed Arti (1816-1840), che sostenne perciò col silenzio la strategia restauratrice di Metternich, ma esercitò la censura più severa della rivista bisettimanale Il Conciliatore (1818-1819), fondato da Silvio Pellico e Giovanni Berchet, che, invece, si era esposta nella critica al potere asburgico, per cui fu chiusa d’autorità dopo poco più di un anno.10 Insomma, la strategia politica del governo asburgico prevedeva, già dopo il Congresso di Vienna, quando il suo potere nella penisola italiana fu il più vasto, soltanto due possibilità, all’insegna del dualismo sudditi o traditori: gli adescamenti di vantaggi materiali ai più torpidi ed il terrore della forca ai più generosi.11

Non è superfluo chiedersi qui, senza tuttavia aspettarsi una risposta fondata e ben argomentata, su quali dati di fatto si basi la nostalgia asburgica di quei pochi, ma insistenti Trentini, che in occasione del primo centenario della Grande Guerra hanno aperto la caccia alla memoria di Cesare Battisti. Non lo fanno certamente per ricordare la libertà di pensiero che gli Austriaci mai concessero agli Italiani nei territori della penisola da loro occupati, non per il sostegno finanziario ricevuto, perché sia il Lombardo-Veneto sia il Trentino sono stati sfruttati e depredati con tasse e gabelle, senza ricevere dal governo centrale il sostegno economico che ebbe il Tirolo, e nemmeno per la libertà politica, perché leggi elettorali discriminanti favorirono sempre i Tirolesi, la nobiltà, la rendita fondiaria e il potere ecclesiastico.

Il paradosso culturale di questa minoranza di Trentini è che, pur non parlando il tedesco, preferisca fondare una compagnia di Schützen, una sorta di milizia volontaria armata, attiva nel Tirolo soprattutto ← 21 | 22 dall’epoca napoleonica in poi, invece di aderire a quella dei bersaglieri o degli alpini, quando, ogni anno, viene il momento delle ricorrenze militari, degli omaggi ai caduti e al milite ignoto. Oltre a qualche forma di opportunismo politico contingente, non ci sarebbe alcuna spiegazione logica in tutto questo, se non quella della nostalgia per il passato asburgico, che nessuna generazione oggi vivente ha conosciuto direttamente, anche se lo evoca con i colori dell’utopia conservatrice, basata sul trono e sull’altare, su ordine e disciplina, dove i sudditi sarebbero felici, anche se non liberi, rimasticando con una lettura superficiale di seconda o terza mano, il saggio La Cristianità o Europa (1799) del poeta tedesco Novalis, scritto quando Napoleone, l’uomo nuovo della Rivoluzione Francese, di ritorno dalla campagna d’Egitto, minacciò l’ordo feudalis, rappresentato dal Sacro Romano Impero della Nazione Germanica, con sede a Vienna, e legittimato dal Papa, che sedeva sul trono di Roma, non soltanto come luogo simbolico della Cristianità, ma anche come centro del potere temporale, esercitato nello Stato della Chiesa, ampiamente disteso al centro dell’Italia.

Che poi tutti quei Trentini che decisero di combattere per l’Italia, siano ancor oggi, in Trentino, a un secolo di distanza, definiti disertori e traditori da pochi nostalgici dell’Austria asburgica, convinti che gli irredentisti siano stati decisivi nella sconfitta militare dell’Impero austro-ungarico, non è solo un falso storico, ma anche un’asserzione ideologica che strumentalizza il passato a fini di politica contingente. È, infatti, certo e incontrovertibile, che la causa prima della rovina dell’Impero austro-ungarico fu la dichiarazione di guerra alla Serbia, firmata dall’imperatore Francesco Giuseppe nell’ingenua convinzione sua, dei suoi ministri e dei suoi generali, che la guerra sarebbe stata breve, limitata e certamente vittoriosa. La guerra invece fu lunga, divenne subito europea e poi mondiale e portò alla sparizione dell’Impero austro-ungarico, sconfitto nel 1918, ma da due anni non più in grado di procurarsi cibo e armi.12 ← 22 | 23

La sparizione dell’Impero austro-ungarico nel novembre del 1918 non fu dovuta all’attività antiasburgica di qualche migliaia di irredentisti, sparsi in tutto l’Impero, che nell’estate del 1914 si ribellarono, tutti insieme, al potere centrale di Vienna. Essi erano pur sempre soltanto una piccola minoranza dei loro popoli, chiamati a combattere sotto le insegne imperiali degli Asburgo, per obbligo, senso del dovere, con o senza entusiasmo. Insomma, invece della necessaria e salutare autocritica, si è scaricata la responsabilità della sconfitta finale sulle spalle delle poche migliaia di combattenti per la liberazione nazionale, che non vollero indossare la divisa imperialregia.

Desta inoltre una certa perplessità metodologica il fatto che, per difendere l’onore e la memoria dei Trentini, che non fecero la scelta pro Italia, si debba oggi sminuire in ogni modo la figura di Cesare Battisti13, riprendendo le vecchie accuse, ovvero di essere stato spia, bancarottiere e figura dalla moralità pubblica alquanto dubbia, perché questa denigrazione non produce automaticamente un’aureola di eroismo in quei Trentini che, da sudditi asburgici, si sentirono italo-tirolesi, e poi, dopo il 1918, furono nostalgici dell’imperatore-padre, ritenuto giusto e comprensivo verso di loro. Molto meglio sarebbe stata la semplice ricostruzione della memoria dei Tirolesi italiani, del loro spirito di sacrificio in Galizia e del loro comportamento su tutti fronti dell’Impero austro-ungarico, senza vergognarsi di Battisti, Filzi e Chiesa, senza sentirsi obbligati a denigrarli e, ancora oggi, condannarne la memoria.

Details

Pages
536
Year
2018
ISBN (PDF)
9783034337465
ISBN (ePUB)
9783034337526
ISBN (MOBI)
9783034337533
ISBN (Softcover)
9783034336697
DOI
10.3726/b15011
Language
Italian
Publication date
2018 (November)
Published
Bern, Berlin, Bruxelles, New York, Oxford, Warszawa, Wien, 2018. 536 pp.

Biographical notes

Italo Michele Battafarano (Author)

Italo Michele Battafarano (Taranto 1946) ha insegnato lingua e letteratura tedesca all’università di Bari, Napoli (Istituto Universitario Orientale), Trento nonché come professore ospite a Kiel (WS 1982-83). Si è occupato di riforma protestante e guerra dei contadini, della caccia alle streghe, di letteratura tedesca dal barocco all’età moderna, anche in forma comparatistica, inoltre di teoria e prassi della traduzione letteraria e scientifica. Ha fondato la »Christian-Knorr-von-Rosenroth-Gesellschaft« ed è stato tra i cofondatori della »Grimmelshausen-Gesellschaft«. Ha scritto sui pregiudizi della stampa tedesca sull’Italia e sugli italiani.

Previous

Title: Cesare Battisti, da Kraus in poi
book preview page numper 1
book preview page numper 2
book preview page numper 3
book preview page numper 4
book preview page numper 5
book preview page numper 6
book preview page numper 7
book preview page numper 8
book preview page numper 9
book preview page numper 10
book preview page numper 11
book preview page numper 12
book preview page numper 13
book preview page numper 14
book preview page numper 15
book preview page numper 16
book preview page numper 17
book preview page numper 18
book preview page numper 19
book preview page numper 20
book preview page numper 21
book preview page numper 22
book preview page numper 23
book preview page numper 24
book preview page numper 25
book preview page numper 26
book preview page numper 27
book preview page numper 28
book preview page numper 29
book preview page numper 30
book preview page numper 31
book preview page numper 32
book preview page numper 33
book preview page numper 34
book preview page numper 35
book preview page numper 36
book preview page numper 37
book preview page numper 38
book preview page numper 39
book preview page numper 40
538 pages