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Forme ibride e intrecci intermediali / Hybridisierung der Formen und intermediale Verflechtungen

Da Giotto e Dante alla narrativa e alla docufiction contemporanee / Von Giotto und Dante bis zur Gegenwartsnarrativik und Doku-Fiktion

von Christian Rivoletti (Band-Herausgeber:in) Julia Brühne (Band-Herausgeber:in) Christiane Conrad von Heydendorff (Band-Herausgeber:in) Giulia Fanfani (Band-Herausgeber:in)
©2022 Sammelband 270 Seiten
Reihe: Romania Viva, Band 44

Zusammenfassung

A partire dalla costatazione della centralità assunta dal fenomeno dell’ibridazione nella narrativa e nei media contemporanei, il volume esplora forme artistiche eterogenee presenti nella cultura italiana a cavallo tra letteratura, cinema, fumetto e altri modi di espressione, interrogandosi sui processi di produzione di forme ibride, sugli scopi perseguiti da autori e artisti, e sugli effetti esercitati su lettori e spettatori. I quattordici contributi risalgono alle relazioni presentate nell’XI convegno del Deutscher Italianistenverband.
Ausgehend von der zentralen Bedeutung des Phänomens der Hybridisierung in zeitgenössischer Narrativik und den Medien untersucht der Studienband heterogene künstlerische Ausdrucksformen der italienischen Kultur zwischen Literatur, Kino, Comic u.a. und mit Schwerpunkt auf der Gegenwart. Erforscht werden die Herstellungsprozesse hybrider Formen, die Ziele der beteiligten Autoren und Künstler sowie die Wirkung auf das Publikum. Die 14 Beiträge basieren auf Vorträgen der kulturwissenschaftlichen Sektion des XI. Deutschen Italianistentags.

Inhaltsverzeichnis

  • Cover
  • Titel
  • Copyright
  • Autorenangaben
  • Über das Buch
  • Zitierfähigkeit des eBooks
  • Indice / Inhaltsverzeichnis
  • Introduzione (Christiane Conrad von Heydendorff / Christian Rivoletti)
  • Einleitung (Christiane Conrad von Heydendorff / Christian Rivoletti)
  • Giotto, Dante, il “visibile parlare” (Marcello Ciccuto)
  • Il Rifacimento berniano dell’Inamoramento de Orlando tra ibridità e norma (Francesco Brancati)
  • Nur nicht gegen die Natur der Dinge? Gezielte historiografische Normverstöße zur Erweiterung der Erkenntnismethoden oder zur Bedeutung der Tabelle in Vicos Scienza Nuova als Methode und Medium der “Richtigstellung” (Cordula Reichart)
  • Libri novecenteschi e odierni di generi, forme e pensieri diversi (Gino Ruozzi)
  • Hybridisierung der visuellen Künste: Michelangelo Antonionis Blow-Up und die Verschmelzung von Film, Fotografie und Malerei (Angela Fabris / Jörg Helbig)
  • “There are perfectly satisfactory answers to all your questions”. Überdeterminierung, Hybridität und ästhetische Revolution in Antonionis Professione: Reporter (Julia Brühne)
  • Ibridismo siciliano e memoria in Retablo di Vincenzo Consolo (Steffen Schneider)
  • Calvino, storie a bivi e Lost in Google: la cooperazione interpretativa del lettore come atto creativo e strumento di elaborazione testuale (Daniela Bombara)
  • Forme ibride e rappresentazioni di realtà nella narrativa non finzionale contemporanea (Christian Rivoletti)
  • Aspekte der Hybridisierung in der zeitgenössischen Migrations- und postkolonialen Literatur (Susanne Kleinert)
  • Verwurzelung in der Hybridität. Vinicio Capossela und die Folklore (Andreas Gipper)
  • Narrare la guerra cento anni dopo: Come cavalli che dormono in piedi di Paolo Rumiz (Giulia Fanfani)
  • Il reportage a fumetti come genere ibrido di giornalismo alternativo secondo l’esempio di Kobane Calling di Zerocalcare (Sara Izzo)
  • Fuocoammare (2016) tra documentario e finzione (Sabine Schrader)
  • Indice dei nomi / Namenregister
  • Reihenübersicht

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Christiane Conrad von Heydendorff / Christian Rivoletti

Introduzione

L’idea e il termine di ibrido hanno una lunga tradizione che risale all’epoca precristiana: i primi esempi che – almeno nella cultura occidentale – vengono in mente sono le figure mescidate o, appunto, ibride, presenti ad esempio nell’Odissea di Omero o nelle Metamorfosi di Ovidio come forme demoniche, incroci uomo-animale o uomo-divinità. Da questo ambito hanno origine anche i tentativi – peraltro non conclusivi – di stabilire un legame etimologico tra il concetto greco di ὕβρις (hýbris ‘tracotanza, insolenza’) e quello latino di hybrida (‘meticcio, bastardo’)1, poiché vi si è visto un tertium comparationis nel superamento di regole o confini che trascende l’ordine costituito (cfr. Ha 2005: 18). Successivamente il concetto di ibrido cade in disuso: nel Medioevo occidentale viene sostituito da quello di bastardo e solo alla metà dell’Ottocento (ivi: 19s.) torna ad essere utilizzato – “introdotto nella moderna terminologia della biologia, che si considera illuminata e scientifica” (ivi: 17) –, impiegato in contesti di eterogeneità etnica e negativamente connotato.

A gettare le basi per il moderno significato di ibrido (che viene al contempo volto in accezione positiva, svincolato dall’ambito biologico-antropologico e orientato verso la sua interpretazione come fenomeno culturale) è stato Michail Bachtin negli anni Trenta del Novecento, nel tentativo di definire la forma letteraria più importante della modernità: il romanzo. In tal modo Bachtin recupera una tradizione di lunga durata, che aveva percorso in vari modi l’intero Ottocento e che risale sino ai teorici tedeschi del primo romanticismo. Già Friedrich Schlegel, il principale teorico del romanticismo in Germania, aveva infatti salutato il romanzo come la massima espressione della poesia moderna (come diremmo noi oggi) o romantica (come lui stesso la chiamava), e la sua laconica ←7 | 8→e al contempo programmatica definizione (“Ein Roman ist ein romantisches Buch”)2 presupponeva innanzitutto il carattere ibrido del romanzo che, in linea con la poetica romantica, nasceva come “Mischung aller Dichtarten” (Schlegel 1980, E 55)3.

Sorto originariamente come forma aperta, il romanzo moderno si rivelerà un genere letterario sufficientemente duttile e pronto ad accogliere le istanze di rinnovamento dettate dalle trasformazioni etiche, scientifiche e sociali che accompagneranno la sua breve ma intensa storia. E proprio a questa sua capacità di registrare e dar voce alle tensioni etiche e sociali si riferisce Bachtin, allorché definisce la pluridiscorsività del romanzo come discorso ibridato, in cui una voce smaschera l’altra4. Secondo Bachtin l’ibridazione è da intendersi come una “mescolanza di due lingue sociali all’interno di una sola enunciazione, l’incontro di due diverse coscienze linguistiche, separate da un’epoca o da una differenziazione sociale (o da entrambe), incontro che avviene nell’arena di questa enunciazione” (Bachtin 2001: 166). Nel caso del romanzo questa mescolanza è ricondotta da Bachtin a un “procedimento volutamente artistico (o meglio, un sistema di procedimenti)”, mentre per quanto riguarda le lingue una ibridazione “inconscia e involontaria” è vista come “uno dei modi più importanti della vita storica e del divenire delle lingue” (ivi: 166–167). In una lingua – un “ibrido storico organico” (ivi: 168), come Bachtin la definisce in contrasto con “l’ibrido voluto e consapevole” (ivi: 167) del romanzo – si mescolano tuttavia non solo varie lingue, ma allo stesso tempo anche diverse “concezioni linguistico-sociali del mondo” (ivi: 168) e, benché qui non si tratti di procedimenti consapevoli e intenzionali, possono in questo modo svilupparsi nuove interpretazioni del mondo. Anche nel romanzo, in cui l’ibridazione è da imputarsi alla volontà dell’autore, si danno diverse posizioni che tuttavia non si mescolano, ma vengono dialogicamente contrapposte.

Negli anni Sessanta del ventesimo secolo Marshall McLuhan rivolge uno sguardo d’insieme all’ibridismo tra diversi media e, tenendo conto delle sue ricerche, Ottmar Ette e Uwe Wirth hanno recentemente parlato di “ibridismo sotto forma di una dinamica ambivalente, segnatamente la combinazione di diversi sistemi ←8 | 9→tecnici con lo scopo di incrementare la funzionalità” (Ette / Wirth 2014: 8). McLuhan parte dal collegamento tra culture orali e scritte (cfr. McLuhan 1967: 48s.) e prosegue con i sistemi mediatici di stampa, teatro, cinema, radio e romanzo, che interagiscono grazie alla rapidità di reazione di artisti (poeti e pittori): “Radio and gramophone and tape gave us back the poet’s voice as an important dimension of the poetic experience. Words became a kind of painting with light, again” (ivi: 52s.). Tale confluenza e interazione di diverse forme espressive – il prodotto ‘bastardo’ di due media diversi – rappresenta secondo McLuhan un momento di verità e di conoscenza da cui scaturisce qualcosa di nuovo: “For the parallel between two media holds us on the frontier between forms that snap us out of the Narcissus-narcosis. The moment of the meeting of media is a moment of freedom and release from the ordinary trance and numbness imposed by then on our sense” (ivi: 55).

Negli ultimi decenni del ventesimo secolo – e negli ambiti più disparati5 – c’è stata una nuova congiuntura favorevole al concetto di ibrido, forse dovuta agli ultimi riflussi delle teorie postmoderne, presso le quali “l’ibridismo gode di grande stima e apprezzamento”6. “Soprattutto l’aggettivo ibrido – che sembra universalmente combinabile – si riferisce a varie aree tematiche, con forme molto diverse di ibridazione, mescidanza e (ri-)combinazione” (ivi: 12). Anche Welsch nota che avanzate rappresentazioni postmoderne tendono in maniera particolare agli effetti di complessità del molteplice: “l’ibridazione è la loro caratteristica strutturale, il disorientamento che ne consegue il loro obiettivo” (Welsch 1987: 323). Il concetto subisce dunque un ‘ringiovanimento’ o modernizzazione, soprattutto negli ambiti della teoria e dell’antropologia culturali.

Nel contesto degli studi postcoloniali, al quale viene spesso riferito, hybridity diventa un termine-chiave già con The Satanic Verses (1988) di Salman Rushdie. L’ibrido è qui un collegamento rischioso da cui scaturisce qualcosa di nuovo, è il punto di partenza di un cambiamento, l’opposto della stagnazione (cfr. Schwarz 2015: 163). Nella sua raccolta di saggi Imaginary Homelands, in cui parla dei Versetti satanici come di uno sguardo sul mondo attraverso gli occhi di un migrante e come metafora dell’umanità, Rushdie scrive:

←9 | 10→The Satanic Verses celebrates hybridity, impurity, intermingling, the transformation that comes of new and unexpected combinations of human beings, cultures, ideas, politics, movies, songs. It rejoices in mongrelization and fears the absolutism of the Pure. Mélange, hotchpotch, a bit of this and a bit of that is how newness enters the world. […] The Satanic Verses is for change-by-fusion, change-by-conjoining. It is a love-song to our mongrel selves. (Rushdie 2010: 394)

Sempre negli anni Ottanta, all’interno del dibattito postcoloniale, con il suo scritto The Location of Culture Homi Bhabha lancia l’idea di una ibridazione intenzionale. Come per Bachtin, il suo modello è da intendersi come sovversivo nei confronti dell’autorità e, nel caso del mondo coloniale, consiste nella dissoluzione del monolitico discorso colonialista, in cui vengono ad inserirsi le voci degli altri7. Agli inizi degli anni Novanta, Néstor García Canclini postula una cultura mondiale postmoderna e ibrida, giungendo alla conclusione che nel sistema della ibridazione globale tutte le culture sono diventate culture di confine:

The hybridizations described throughout this book bring us to the conclusion that today all cultures are border cultures. All the arts develop in relation to other arts: handicraft migrate from the countryside to the city; movies, videos, songs that recount events of one people are interchanged with others. Thus cultures lose the exclusive relation with their territory, but they gain in communication and knowledge. (Canclini 1995: 261)

Secondo Ette e Wirth (2014: 7) la tesi centrale comune alle diverse prospettive degli studi postcoloniali consiste nel vedere la relazione tra varie culture – ma anche le relazioni all’interno di una stessa cultura – come un ambivalente processo di ibridazione: un processo in cui si verificano contatti tra corpi, lingue e visioni del mondo di provenienze diversissime, e da questo intenso contatto scaturisce qualcosa di nuovo, una terza entità8.

Details

Seiten
270
Jahr
2022
ISBN (PDF)
9783631882764
ISBN (ePUB)
9783631882771
ISBN (Hardcover)
9783631858479
DOI
10.3726/b20049
Sprache
Deutsch
Erscheinungsdatum
2022 (November)
Schlagworte
20. Jahrhundert 21. Jahrhundert Realismus Migrationsliteratur Kino Comics Folklore Journalismus Mittelalter Renaissance
Erschienen
Berlin, Bern, Bruxelles, New York, Oxford, Warszawa, Wien, 2022. 270 S., 15 farb. Abb., 2 s/w Abb.

Biographische Angaben

Christian Rivoletti (Band-Herausgeber:in) Julia Brühne (Band-Herausgeber:in) Christiane Conrad von Heydendorff (Band-Herausgeber:in) Giulia Fanfani (Band-Herausgeber:in)

Christian Rivoletti ist Inhaber des Lehrstuhls für Romanistik im europäischen Kontext an der Friedrich-Alexander-Universität Erlangen-Nürnberg und Vorstandsmitglied des Deutschen Italianistenverbands. Julia Brühne ist Juniorprofessorin für Transnationale Medienliteraturwissenschaften an der Universität Bremen. Christiane Conrad von Heydendorff ist wissenschaftliche Mitarbeiterin am Romanischen Seminar der Johannes Gutenberg-Universität Mainz. Giulia Fanfani arbeitete als wissenschaftliche Mitarbeiterin am Lehrstuhlfür italienische Literatur an der Universität St. Gallen.

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Titel: Forme ibride e intrecci intermediali / Hybridisierung der Formen und intermediale Verflechtungen
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