Studi Pergolesiani- Pergolesi Studies
Summary
This volume collects the results of two seminars, held in 2011 in Rome and in 2013 in Fribourg. A wide range of subjects is represented in the essays, ranging from the late sixteenth to the mid-eighteenth century. An essay leaves the city of Naples to compare the musical life of Naples with that of Palermo. Some essays address broad historical subjects: the aristocratic patronage at the time of the last Spanish viceroys; musical practice in convents and female conservatories in Naples, hitherto obscured by the fame of the male conservatories; the concerts for wind instruments of authors active in Naples, raising issues of attribution and analysis. Other essays dwell on individual composers, analyzing specific compositions and manuscripts. Compositions by Giuseppe Scarlatti in the library of the Conservatory 'San Pietro a Majella', and the reception history of the Mass in F major by Giovanni Battista Pergolesi in eighteenth-century England are investigated. A final essay describes finally the advantages of an application of digital technologies in correlating archival data on musicians active in Naples.
Excerpt
Table Of Contents
- Copertina
- Titolo
- Copyright
- Questa edizione in formato eBook può essere citata
- Indice
- Prefazione
- Introduzione
- Fra Palermo e Napoli. Attività musicali presso la Reale Cappella Palatina di Palermo
- Oltre il viceré: mecenatismo musicale della nobiltà di corte a Napoli alla fine del Seicento
- Musica nelle istituzioni religiose femminili a Napoli (1650-1750)
- Il repertorio napoletano di concerti per strumenti a fiato Materiali per una ricognizione preliminare
- Considerazioni su alcuni manoscritti napoletani di Giuseppe Scarlatti: testi, contesti e paratesti
- Neapolitan Sacred Music in Eighteenth-Century Britain: The Case of Pergolesi’s «Messa di S. Emidio»
- Musico Napolitano: indice delle maestranze musicali attive a Napoli
- Indice dei nomi
Lo stupore di Francesco Degrada dinanzi ai nuovi percorsi di ricerca, da lui promossi o a lui proposti, sembra ancora aleggiare all’interno dei suoi «Studi pergolesiani / Pergolesi Studies». In questi anni l’insegnamento dello studioso resta ancora vivo grazie a un interesse crescente intorno al compositore jesino e al suo mondo; il persistente e tenace lavoro svolto sulla produzione e sulla vita musicale ‘napoletana’, in maniera pionieristica e con un taglio inedito, continua a dare, attraverso il suo magistero, risultati ancora sorprendenti. Il suo pensiero, sempre sollecito all’approfondimento e al confronto con altre prospettive, appare duttile e dinamico: gli scritti rivelano una capacità di rilettura stupefacente sempre tesa a rivelare come il processo di approccio a un argomento sia in continuo divenire. Capace di rivedere nel corso del tempo le proprie posizioni, ha lasciato un’eredità esemplare e un modello da perseguire con tenacia e umiltà: il rispetto per le indagini altrui era una cifra che lo contraddistingueva e il gusto per il sapere ha scandito la sua vita.
Il presente volume insegue quelle tracce indicate dal maestro fornendo lavori di prima mano destinati ad arricchire ulteriormente l’identità di un territorio ‘musicalissimo’, che si lascia dissodare da volenterosi studiosi, nella speranza di non incappare in quegli svogliati, ma assai scaltri, ‘turisti scientifici’ che con poche campionature nel corso del loro itinerario, segnato da ‘tappe’ presso gli istituti di ricerca, pensano di risolvere e tirare le fila su problematiche assai intricate. Va da sé che il ‘turismo musicologico’ miete vittime innocenti e inconsapevoli: fondi copiosi sono ‘acquisiti’ in brevi soggiorni con sicumera e incompletezza grazie anche alla complicità di solleciti e pietosi funzionari facilmente irretibili!
Tutto ciò appare chiaramente lontano dagli intenti che hanno mosso gli studiosi chiamati a raccolta per il progetto «Musica a Napoli sotto i viceré»: i risultati delle lunghe indagini, alcune ancora in itinere, sono di notevole interesse sia sotto il profilo documentario sia per l’argomento analizzato. Gli studi condotti hanno prodotto esiti in linea con quegli intenti programmatici ravvisati da Degrada per un futuro ampliamento ← 7 | 8 → di interessi della rivista, per cui si è deciso di accogliere i contributi di questo workshop in un volume di «Studi Pergolesiani / Pergolesi Studies». I saggi delineano ambiti affini a quelli cari al progetto editoriale e aprono tracce di ulteriore riflessione sul contesto in cui visse Pergolesi nonché sulla musica del suo tempo.
Le fonti documentarie rincorrono aspetti della storia musicale tra i più sfaccettati, facendo da apripista sia a nuovi percorsi di studio sia ad approfondimenti tesi a delineare sempre più fenomeni talvolta poco indagati o più complessi di quanto documentato sinora. Questa messe di materiale assolve a conoscenze plurime che creano talvolta i presupposti per leggere con maggiore chiarezza i sistemi di ricezione e di prassi esecutiva; i repertori e la loro realizzazione emergono da queste fonti ‘secondarie’ che tali non sono se offrono coordinate salienti per la pratica musicale coeva senza intermediazioni ‘teoriche’, rivelandoci meccanismi e soluzioni d’allestimento ‘reali’. Sarebbe interessante verificare in sede ‘pratica’ questi ensembles per cercare di comprendere il gusto ‘sonoro’ del tempo, fuggendo da illusioni di veridicità, senza eccessivi pressapochismi; tuttora le compagini paladine di attenersi a criteri filologici sembrano non informate dei progressi della ricerca mentre quelli che tali appaiono sulla carta, ostentando ‘informatori scientifici’, non lo sono ugualmente perché mal consigliate oppure sorde agli ‘investigatori’ cooptati. È pur vero che spesso bisogna scendere a patti con un pubblico che ha un proprio immaginario ‘sonoro’ per la musica antica: tuttavia, si potrebbe lentamente istruirlo sui tanti ‘timbri’ che caratterizzano i secoli ‘antichi’.
La fascinazione dello spettacolo in età moderna sprona a esplorare i repertori più ‘esuberanti’ ma anche quelli più reticenti a mostrarsi. Da tempo le indagini sulla musica strumentale in area napoletana rivelano scenari inediti di un mercato estremamente evanescente ma non per questo meno battuto dall’industria musicale del tempo, assai sensibile ad appagare le richieste di un’aristocrazia e di un ceto civile avido di svaghi musicali. La letteratura strumentale va arricchendosi grazie ai nuovi ritrovamenti e rimpolpa un capitolo, un tempo esiguo, sulla consuetudine domestica con la pratica strumentale. E qui si infittiscono i sondaggi tesi a restituire un panorama articolato all’insegna di un variegato commercio di strumenti – che vede una pletora di artigiani chiamati in causa – e maestri destinati alla didattica, a dividere il leggio con i ‘dilettanti’ nel corso di accademie e trattenimenti e all’organizzazione musicale dei palazzi blaso ← 8 | 9 → nati. Non meno interessante appare la ricostruzione della ‘vita’ di raccolte e collezioni «attraverso la ricognizione delle caratteristiche materiali delle fonti» destinate a «tracciare i probabili contesti di manifattura/produzione, [e] di ipotizzare […] destinazioni d’uso e di analizzare le modalità di circolazione dei repertori» (S.M. Iacono).
Ma anche i cantieri ‘aperti’ lasciano ben sperare per il futuro, come nel caso di quello orchestrato da Claudio Bacciagaluppi, Angela Fiore, Rodolfo Zitellini dal titolo Musico Napolitano: indice delle maestranze musicali attive a Napoli, un database destinato a raccogliere tutte quelle informazioni provenienti dai risultati delle molteplici indagini o concluse o in progress sulla cultura dello spettacolo a Napoli e i maestri ‘napoletani’. Questo patrimonio documentario messo a disposizione della comunità scientifica arricchisce la conoscenza e la visibilità di un fondamentale periodo della storia musicale europea e argina il dilagare di luoghi comuni e affrettate sentenze su meccanismi e generi – una testimonianza viene anche dal progetto Opera Buffa (Napoli 1707-1750) che raccoglie online i libretti delle commedie per musica finalizzato alla conoscenza di un fenomeno tanto sofisticato di cui molto si è parlato e di cui poco si sa (<http://www.operabuffaturchini.it>) alla ricerca di una propria dignità e definizione. Le nuove generazioni saranno ulteriormente chiamate a coltivare e tenere in vita questa umanità dedita al diletto dell’Europa intera all’insegna di un’italianità che aveva la sua cuna e suggello nel bel golfo sorvegliato dal laborioso Vesuvio mai sopito.
Paologiovanni Maione ← 9 | 10 → ← 10 | 11 →
Il presente volume raccoglie i risultati di due incontri seminariali promossi dai curatori nel 2011 e nel 2013. Un primo seminario sul tema «Musica in Napoli sotto i viceré» si è tenuto dal 24 al 26 ottobre 2011 presso l’Istituto Svizzero di Roma, sotto l’esperta guida di Paologiovanni Maione. Tra i partecipanti al workshop romano vanno menzionate Danièle Lipp e Giulia Anna Romana Veneziano, non rappresentate in questo volume. Cinque membri del gruppo (José María Domínguez, Angela Fiore, Ilaria Grippaudo, Sarah M. Iacono e Alessandro Lattanzi), insieme ad Andrew Woolley, hanno presentato i risultati di ulteriori ricerche in due sessioni del XV convegno biennale sulla musica barocca a Southampton nel luglio 2012. Il 7 novembre 2013 un secondo seminario si è svolto in Svizzera, ospitato da Luca Zoppelli presso l’Istituto di Musicologia dell’Università di Friburgo e presieduto da Claudio Toscani. Per l’occasione, agli studiosi menzionati finora si sono aggiunti Luca Zoppelli, Livio Aragona e Rodolfo Zitellini.1 Un’ampia gamma di soggetti è stata affrontata durante i due incontri: di seguito ricordiamo i principali temi toccati dai saggi pubblicati.
Nei secoli XVI e XVII, il prestigio musicale della Cappella Reale di San Pietro a Palermo, comunemente conosciuta come la Cappella Palatina, era fuori discussione. L’importanza di questa istituzione indusse il musicologo palermitano Ottavio Tiby ad affrontare per la prima volta la sua storia in un saggio del 1952, che è rimasto per molti anni l’unico esempio di analisi di attività musicale nelle istituzioni ecclesiastiche della città. Recenti ricerche presso l’Archivio di Stato di Palermo, tuttavia, hanno integrato le informazioni in nostro possesso, mostrando come Tiby abbia trascurato una parte della documentazione, fornendo un quadro sostanzialmente incompleto. In particolare, i dati confermano lo stretto legame tra la Cappella di Palermo e la Cappella Reale di Napoli, che era ← 11 | 12 → facilmente presumibile, ma finora non sufficientemente provato o sottolineato. L’obiettivo della ricerca di Ilaria Grippaudo è quello di ricostruire le attività della Palatina nei secoli XVI e XVII, inquadrandole più precisamente nel contesto musicale del periodo e mettendo in evidenza il rapporto tra le due più importanti istituzioni musicali del viceregno spagnolo in Italia.
Recenti ricerche sui viceré spagnoli hanno consentito una migliore comprensione del loro patronato musicale. Il problema della continuità nel mecenatismo musicale sotto il sistema politico del viceregno è stata spesso affrontata dalla storiografia musicale. Il continuo cambio di viceré si contrappone, in questo senso, ad altri centri politici come gli Stati italiani del nord o le grandi corti europee. José María Domínguez ribalta la prospettiva osservando che poca attenzione è stata rivolta finora agli interessi musicali della nobiltà che ruota intorno alla corte vicereale. Tre esempi sono presentati, il marchese di Aitona, il duca di Lemos e il principe di Belvedere.
Il contributo di Angela Fiore evidenzia il ruolo dei monasteri e conservatori femminili nella storia sociale e religiosa di Napoli. Questi erano enti privilegiati dalla nobiltà per accogliere giovani donne nubili. Le case religiose erano spesso responsabili per la produzione di musica sacra, e il materiale d’archivio ha fornito informazioni su tali istituzioni con molti riferimenti a un’importante tradizione musicale riguardante sia la sfera pubblica che quella privata. In tutti i tempi, monasteri e conservatori hanno collaborato con i musicisti più rappresentativi della città di Napoli, molti dei quali provenienti dalla Cappella Reale di Palazzo, per abbellire le diverse liturgie o per istruire le giovani donne e le suore nella musica. Ad oggi non ci sono ancora studi approfonditi sul ruolo effettivo che tali istituzioni hanno svolto nella Napoli vicereale.
Alessandro Lattanzi propone un estratto dalle sue ricerche, tuttora in svolgimento, sui concerti per strumenti a fiato napoletani del Settecento. Poco si sa finora circa questo repertorio e i suoi cultori. Il contributo parte da una ricognizione storica sulla diffusione dello strumento a Napoli. Una sezione analitica ripercorre lo sviluppo formale dei concerti napoletani. Negli ultimi decenni del viceregno la forma tradizionale, nel solco di Albinoni e altri, viene soppiantata dalle nuove tendenze di ispirazione vivaldiana. Come conseguenza della trasmissione complessa, sorgono problemi di paternità e attribuzioni conflittuali con compositori stranieri, ← 12 | 13 → come dimostrato da molti casi nelle collezioni di Karlsruhe, Stoccolma e altre.
Sarah M. Iacono mostra l’importanza sia codicologica che storica di una ricerca sulle collezioni librarie sull’esempio di tre manoscritti conservati nella biblioteca del Conservatorio di Napoli e contenenti composizioni di Giuseppe Scarlatti. Più di ogni altro documento, le partiture forniscono gli elementi essenziali per la ricostruzione di testi e contesti per la diffusione delle cantate. L’esame incrociato dei documenti archivistici e delle fonti musicali consente oggi di ricostruire la storia di questi manoscritti pervenuti al collezionista Giuseppe Sigismondo e attraverso di lui nella loro attuale collocazione.
In un volume della serie «Studi pergolesiani / Pergolesi Studies» non può mancare un contributo dedicato al compositore jesino. Andrew Woolley delinea una storia della ricezione pergolesiana nelle isole britanniche, partendo dalla diffusione delle fonti. La Messa in fa maggiore («di Sant’Emidio») costituisce il filo conduttore del suo percorso. Esecuzioni di musica sacra pergolesiana furono organizzate in vari cicli di concerti londinesi. Vengono identificati, fin dove possibile, i primi copisti locali di musiche pergolesiane, tra cui figurano degli italiani emigrati. La ricerca è suffragata da precise indagini sulle mani dei copisti e sulle filigrane delle partiture della Messa in fa conservate in Gran Bretagna o provenienti da collezioni britanniche (come un manoscritto oggi a Los Angeles).
Claudio Bacciagaluppi, Angela Fiore e Rodolfo Zitellini, infine, presentano un nuovo database sulle fonti archivistiche che riguarda musicisti napoletani e professioni correlate. La banca dati, con il titolo Musico Napolitano: indice delle maestranze musicali attive a Napoli, consentirà un confronto tra diverse fonti archivistiche edite e inedite, disegnando una mappa del personale e dei suoi spostamenti nel territorio cittadino. Le informazioni saranno riportate utilizzando vari indici (date, istituzioni, ecc.) e collegate dove possibile con dati bio-bibliografici sulle persone menzionate.
Claudio Bacciagaluppi, Angela Fiore ← 13 | 14 → ← 14 | 15 →
Details
- Pages
- 238
- Publication Year
- 2015
- ISBN (PDF)
- 9783035108712
- ISBN (MOBI)
- 9783035194418
- ISBN (ePUB)
- 9783035194425
- ISBN (Softcover)
- 9783034316095
- DOI
- 10.3726/978-3-0351-0871-2
- Language
- Italian
- Publication date
- 2015 (July)
- Keywords
- Neapel Naples Palermo Mäzenentum Clientelism Patronage Frauenklöster Convents Konzerte für Blasinstrumente Concerts for wind instruments Giuseppe Scarlatti Giovanni Battista Pergolesi Digital Humanities
- Published
- Bern, Berlin, Bruxelles, Frankfurt am Main, Oxford, New York, Wien, 2015. 238 p., 11 ill. a colori, 9 ill. b/n
- Product Safety
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