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CULTURE E RELIGIONI IN DIALOGO

IDENTITÀ, DIRITTI, PROTAGONISTI

by Enrico Riparelli (Author)
©2020 Monographs 230 Pages

Summary

Il volume si pone come obiettivo principale l’analisi in prospettiva teologica di alcune dinamiche che accompagnano l’incontro tra appartenenti a diverse tradizioni culturali e religiose, per acquisire competenze adeguate all’attivazione di un dialogo fecondo. Le riflessioni qui delineate intendono prospettare alcune tracce percorribili per una investigazione teologica che si ponga a servizio del dialogo interculturale e interreligioso, pur nella consapevolezza dei propri limiti. Il percorso sarà di conseguenza orientato ad attraversare la via lunga e complessa post responsabilmente alla «giusta distanza» tra l’irrigidimento identitario e la dissoluzione di ogni differenza specifica

Table Of Contents

  • Copertina
  • Titolo
  • Copyright
  • Sull’autore
  • Sul libro
  • Questa edizione in formato eBook può essere citata
  • INDICE
  • INTRODUZIONE GENERALE
  • PARTE PRIMA: PER UNA IDENTITÀ DIALOGICA
  • Capitolo PRIMO L’IDENTITÀ NELL’INCONTRO TRA CULTURE E RELIGIONI
  • Introduzione
  • 1. L’identità problematica
  • 1.1 Tra ambiguità semantica ed esclusione grammaticale
  • 1.2 Contro l’identità
  • 1.2.1 David Hume: la «finzione» dell’identità
  • 1.2.2 Emmanuel Lévinas: per una «disubriacatura» dall’identità
  • 1.2.3 Francesco Remotti: l’«ossessione identitaria»
  • 2. L’identità culturale: problemi e prospettive dialogiche
  • CAPITOLO SECONDO PER UNA TEOLOGIA IN DIALOGO
  • Introduzione
  • 1. La svolta dialogica della teologia
  • 2. Due nuovi loci theologici: le culture e le religioni
  • 3. Intrecci e confini del dialogo interreligioso e interculturale
  • 4. Culture e religioni tra identità «sim-bolica» e «dia-bolica»
  • 5. Per un «dialogo estetico»
  • Conclusione
  • CAPITOLO TERZO L’APERTURA AL DIALOGO INTER- E TRANSDISCIPLINARE
  • Introduzione
  • 1. Lo sfondo principale
  • 2. Il terzo criterio per il rinnovamento degli studi ecclesiastici
  • 3. L’unità del sapere
  • 4. L’interdisciplinarità
  • 4.1 Il metodo interdisciplinare
  • 4.2 Teologia e interdisciplinarità
  • 5. La transdisciplinarità
  • 5.1 Il metodo transdisciplinare
  • 5.2 Teologia e transdisciplinarità
  • PARTE SECONDA: IN DIALOGO SUI DIRITTI UMANI
  • CAPITOLO QUARTO LE RELIGIONI IN DIALOGO SUI DIRITTI UMANI285
  • Introduzione
  • 1. Disporsi al dialogo
  • 1.1 Una giusta memoria
  • 1.2 Riconoscere la storicità delle Dichiarazioni e il contributo plurale
  • 2. Entrare in dialogo: problemi e acquisizioni
  • 2.1 L’annuncio cristiano
  • 2.2 Dialogo interreligioso sui diritti umani
  • 2.2.1 Compatibilità tra diritti umani e religioni?
  • 2.2.2 Il ruolo delle religioni
  • 2.2.3 Quale linguaggio?
  • 2.2.4 Conciliare universalità e relatività dei diritti umani
  • CAPITOLO QUINTO DIALOGO INTERRELIGIOSO ED «ETICA MONDIALE»367
  • Introduzione
  • 1. Le religioni e l’etica globale
  • 2. Riflessioni sul progetto di ethos globale
  • 2.1 Cos’è «religione»?
  • 2.2 Rappresentanti di chi?
  • 2.3 Una veste etica antropocentrica
  • 2.4 Magistero e codice etico comune
  • 2.5 Disvelamento di verità già note?
  • 2.6 Una Dichiarazione troppo occidentale
  • 2.7 Globalizzazione ed etica globale
  • 2.8 Le implicazioni pratiche dei principi
  • Conclusione
  • PARTE TERZA: PROTAGONISTI DEL DIALOGO
  • CAPITOLO SESTO PERCORSI DI DIALOGO INTERRELIGIOSO:
  • Introduzione
  • 1. Raimon Panikkar e l’armonia cosmoteandrica
  • 2. Emmanuel Lévinas e la prossimità al di là del dialogo
  • 3. Paul Ricoeur e la traduzione ospitale
  • Conclusione
  • CAPITOLO SETTIMO UN «GRANDE LOGOS» PER IL DIALOGO DELLE CULTURE.
  • Introduzione
  • 1. La valenza interculturale del «grande logos»
  • 2. L’incontro del vangelo con le culture
  • CAPITOLO OTTAVO L’INCARNAZIONE DILATATA:
  • Introduzione
  • 1. La teologia incontra la storia
  • 2. L’incarnazione dilatata
  • 3. Profilo biografico e linee di pensiero
  • 4. Una teologia della differenza
  • 5. Da Babele a Pentecoste: la sfida del pluralismo religioso
  • 6. Una «doppia appartenenza»?
  • 7. Vangelo e culture
  • 8. Dall’eurocentrismo al policentrismo
  • BIBLIOGRAFIA GENERALE

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INTRODUZIONE GENERALE

Le relazioni sempre più consuete con genti di altre culture e religioni causano non di rado ai nostri giorni un preoccupato senso di smarrimento, spesso indotto dal timore che i costumi più radicati della propria eredità culturale e religiosa possano venire compromessi dalla forzata coabitazione con chi è portatore di un bagaglio di tradizioni alternative.

Nel porre la questione delle modalità più adeguate a una pratica interculturale e interreligiosa è convinzione di molti che la risposta consista nell’avvio di uno sforzo quasi titanico, almeno altrettanto imponente dell’opposto «scontro delle civiltà». A nostro parere non è invece difficile rilevare anzitutto che l’epica immagine di una molteplicità di aree culturali e religiose che si incontrano (o scontrano) non corrisponde affatto a quanto accade nella realtà. A incontrarsi sono infatti sempre e soltanto le persone che, singolarmente o in gruppo, fanno esperienze più o meno riuscite di relazione con chi è altro per tradizione. Non meno importante è la considerazione che l’avvio di una genuina esperienza interculturale e interreligiosa non è attribuibile ad alcun potente dinamismo, ma piuttosto alla capacità e volontà di fare spazio all’altro, di ospitarlo nella sfera della propria esperienza.

La nostra epoca ha lasciato alle spalle una fase ancora incompleta di accoglimento dello straniero, corrispondente all’esercizio della semplice tolleranza, mentre oggi siamo chiamati a un ulteriore sviluppo di questo stadio embrionale di incontro. Tollerare implica ancora una prospettiva unidirezionale di chi, a partire dalla propria «altezza», ha quantomeno raggiunto la consapevolezza che anche l’altro possiede dei diritti inalienabili, fondati su ciò che è comune, ossia sulla dignità intrinseca a ogni uomo. Ma in questo tempo di globalizzazione avanzata ciò non appare più sufficiente. Siamo invero sempre più pungolati dall’estraneo a riconoscerlo anche nella sua diversità, spesso irriducibile a unità sinfonica.

Solo coloro che, al posto di accingersi a un immaginario incontro o scontro con tradizioni remote, prestano pazientemente ascolto a chi incarna tali mondi di vita stranieri, sono nella condizione di avviare un vero dialogo. Da notare che lo stile di ascolto è senz’altro centrale già nella vita del cristiano: esso dispone all’accoglienza tanto della Parola di Dio – «La fede viene dall’ascolto», insegnava san Paolo (Rm 10,17) – quanto dell’invocazione che giunge dallo straniero. Non a caso papa Paolo VI aveva osservato nell’Enciclica Ecclesiam suam che al principio di ogni relazione dialogica «bisogna, ancor prima di parlare, ascoltare la ←11 | 12→voce, anzi il cuore dell’uomo; comprenderlo, e per quanto possibile rispettarlo e dove lo merita assecondarlo»1. È appunto mediante la disponibilità all’ascolto della alterità del prossimo che sono poste le condizioni fondamentali per un vero «dialogo della salvezza». Si può quindi sostenere che la cultura del dialogo, educata all’ascolto, ha il suo inizio in un «altrove», mentre – sottolinea a sua volta papa Francesco – «la vera “sindrome di Babele” è quella di non ascoltare quello che l’altro dice e di credere che io so quello che l’altro pensa e che l’altro dirà»2.

Il presente volume si pone come obiettivo principale l’analisi di alcune questioni fondamentali che accompagnano l’incontro tra appartenenti a diverse tradizioni culturali e religiose, al fine di acquisire competenze adeguate all’attivazione di un ascolto reciproco, primo passo necessario per l’istituzione di un dialogo fecondo. Il percorso qui suggerito si svilupperà nell’arco di otto capitoli ripartiti secondo tre nodi tematici, corrispondenti alle sezioni in cui è stato suddiviso il volume: identità, diritti, protagonisti.

Nella prima sezione intitolata «Per una identità dialogica» sono raccolti tre capitoli. Il primo è dedicato specificamente a una riflessione sulla categoria di «identità», termine dall’originario retroterra filosofico ma ormai divenuto corrente nella conversazione quotidiana, posto inoltre alla base delle derivate e non meno comuni espressioni «identità culturale» e «identità religiosa». Saranno qui messi in luce alcuni problemi che emergono allorquando si indaghi pazientemente sulla consistenza semantica e logica di tale categoria, messa ormai in questione da una nutrita schiera di pensatori. Non per questo crediamo che da essa non ci si possa più attendere alcun servizio qualora sia intesa in senso dinamico e relazionale, restituendole tutta quella complessità e quel movimento che la rendono idonea a disinnescare i cosiddetti «conflitti identitari».

Il secondo capitolo pone la riflessione teologica dinanzi al fenomeno del pluralismo culturale e religioso, un tratto sempre più distintivo della nostra epoca. Sarà innanzitutto segnalata la svolta dialogica da cui la teologia è stata contrassegnata in tempi non lontani, per poi concentrarsi su due moderne sorgenti del dibattito teologico, ossia le culture e le religioni. La loro progressiva entrata in scena comporterà la strutturazione di nuovi impianti disciplinari come la «teologia interculturale» e la «teologia delle religioni». Analizzeremo quindi gli ←12 | 13→intrecci reciproci tra dialogo interculturale e interreligioso, insieme ai confini della disposizione dialogica, dei quali non sempre si è sufficientemente avvertiti. A conclusione del capitolo saranno messe a tema le implicazioni di un dialogo posto in atto tra i principali simboli delle diverse tradizioni, nonché l’efficacia di un «dialogo estetico» quale mezzo di profonda comunicazione interculturale e interreligiosa.

Il capitolo terzo proseguirà l’indagine su una teologia «dialogica», ora posta in relazione proficua con le altre discipline. L’attenzione convergerà sul Proemio della Costituzione apostolica Veritatis gaudium di papa Francesco, e in particolare sull’esortazione rivolta alle Università e Facoltà ecclesiastiche a instaurare un «dialogo a tutto campo» tanto interdisciplinare quanto transdisciplinare. Saranno analizzati i punti di forza di tale proposta, senza trascurare però gli elementi che a nostro parere richiedono una maggiore messa a fuoco.

La seconda sezione del volume dal titolo «In dialogo sui diritti umani» è costituita da due capitoli, corrispondenti al quarto e quinto. Il capitolo quarto indaga il ruolo del dialogo interreligioso in funzione della promozione e difesa dei diritti umani. Considerata innanzitutto la necessità anche in questo campo di una disposizione dialogica, saranno in seguito discussi alcuni problemi connessi al contributo specifico delle religioni in ordine alla tutela dei diritti umani, focalizzando l’attenzione sul loro apporto teoretico e pratico.

Farà seguito il capitolo quinto dedicato a un’analisi della proposta teologica dello svizzero Hans Küng circa la fondazione di un’«etica mondiale» quale oggetto, ma anche base, di un dialogo interreligioso. Nonostante il condivisibile intento dialogico che anima tale progetto, saranno avanzati da parte nostra non pochi dubbi circa il percorso e i mezzi suggeriti per l’istituzione di un dialogo etico tra le religioni.

Nella terza e ultima sezione dal titolo «Protagonisti del dialogo» sono raccolti tre capitoli, corrispondenti al sesto, settimo e ottavo del volume, dedicati a importanti intellettuali che, seppur da prospettive diverse, hanno offerto un originale contributo allo sviluppo del dialogo interculturale e interreligioso. Il sesto capitolo analizzerà e confronterà i percorsi interreligiosi proposti da tre autori: Raimon Panikkar, Emmanuel Lévinas e Paul Ricoeur. Dalla nostra indagine non emergeranno strutture predefinite di «sistemi dialogici», ma piuttosto riflessioni aperte e orientate da diverse sensibilità, che rivelano tuttavia una certa complementarietà. Alla iniziale figura di una comunione spirituale «festiva» (Panikkar), farà da contrappunto l’esortazione a istituire una prossimità responsiva «al di là del dialogo» (Lévinas), a cui si accompagnerà l’invito all’accoglimento dello straniero con un atto di «traduzione ospitale» (Ricoeur).

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Il capitolo settimo sarà concentrato sulla lectio magistralis tenuta da papa Benedetto XVI all’Università di Ratisbona il 12 settembre 2006. Al centro della nostra rilettura del celebre discorso sarà posta la valenza interculturale del «grande logos», per poi entrare nella dibattuta questione del rapporto tra la prima fase di inculturazione del cristianesimo nel contesto giudaico-ellenistico e il presente incontro del vangelo con una pluralità di culture.

A conclusione del volume, il capitolo ottavo ricostruirà sinteticamente la riflessione del teologo domenicano Claude Geffré intorno alla sfida rivolta alla teologia dall’attuale pluralismo culturale e religioso. Saranno delineati i tratti principali di una «teologia della differenza» adeguata a un’epoca in cui si assiste, tra viva preoccupazione e forzato coinvolgimento, al passaggio dall’eurocentrismo al policentrismo, fenomeno planetario che sta modificando profondamente anche il volto del cristianesimo.

Le riflessioni avanzate nel presente volume intendono prospettare nel loro complesso alcune tracce percorribili per una investigazione teologica che si ponga a servizio del dialogo interculturale e interreligioso, pur nella consapevolezza dei propri limiti. Il percorso sarà di conseguenza orientato ad attraversare la via lunga e complessa che si pone responsabilmente alla «giusta distanza» tra l’irrigidimento identitario e la dissoluzione di ogni differenza specifica.


1 Paolo VI, Enciclica Ecclesiam suam, in Enchiridion Vaticanum, 2, Dehoniane, Bologna 198112, n. 90.

2 Francesco, Discorso del Santo Padre in occasione del convegno «La teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto del Mediterraneo», Napoli 21 giugno 2019, in http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2019/june/documents/papa-francesco_20190621_teologia-napoli.html.

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Capitolo PRIMO
L’IDENTITÀ NELL’INCONTRO TRA CULTURE E RELIGIONI

Abstract: Sono messi in luce i problemi che emergono allorquando si indaghi sulla consistenza semantica e logica della categoria di identità. Nonostante i suoi limiti, non per questo da essa non ci si può attendere alcun servizio, qualora sia intesa in senso relazionale-dialogico.

Keywords: Identità, identificazione,  differenza,  riconoscimento,  culture.

Introduzione

La parola «identità» è senz’altro uno dei termini più consueti nell’ambito delle scienze umane e sociali, così come nella discussione politica, giornalistica e televisiva, non facendo mai lesinare la propria presenza sulla scena della conversazione comune. Essa viene spesso utilizzata come strumento di ordine operativo (ad esempio in vista di rivendicazioni da parte di comunità e religioni) oppure di analisi delle realtà individuali e collettive. Non raramente assume la parvenza di una sorta di parola «magica» che garantisce la conoscenza più profonda dell’essenza di individui, gruppi o situazioni particolari. Tra gli studiosi più avvertiti c’è quindi chi ormai vi riconosce il ruolo di «un prisma attraverso il quale tutti gli altri aspetti di spicco della vita contemporanea vengono individuati, compresi ed esaminati»3.

In questo avvio del volume intendiamo perciò esplorare la categoria identitaria al fine di mettere in luce alcune questioni fondamentali che interesseranno anche il successivo percorso dialogico interculturale e interreligioso. Si tratta, in sintesi, non solo di far emergere i problemi linguistici sottesi a un termine come quello di identità, il quale si presta a usi alquanto disinvolti che conducono spesso a risultati facilmente equivocabili. Noteremo, soprattutto, come la categoria identitaria, nel corso della moderna storia del pensiero filosofico e non solo, abbia incontrato una serie sempre più nutrita di accaniti e radicali oppositori. Ci si confronterà, allora, con una identità fantasmatica, evanescente, stando alla quale – osserva Remo Bodei – «il nostro mondo psichico non sembra possedere ←17 | 18→alcun sistema gravitazionale costante, alcun Sole identitario fisso attorno al quale ruotino i contenuti della coscienza»4. Nel mettere in luce gli equivoci a cui un uso acritico della categoria di identità può condurre, si osserverà che ciò accade soprattutto dal momento in cui non sia posta adeguata attenzione alla sua ambiguità semantica, apparentemente superata dall’impiego in un raggio d’azione molto vasto che spazia dalla metafisica alla logica, dalla psicologia alla sociologia, dalla antropologia culturale alla fenomenologia. Accenneremo perciò ad alcune linee di pensiero che, revocando in dubbio la legittimità della categoria identitaria, o la riconducono a una semplice «impressione» della mente oppure si oppongono fermamente al suo uso giudicandola finanche una «parola avvelenata». Vedremo che questo movimento di espressa contestazione della categoria identitaria ha trovato il suo punto di non ritorno nel XVIII secolo a partire dal filosofo scozzese David Hume, per poi proseguire con una nutrita serie di pensatori, tra i quali abbiamo scelto per la loro particolare rappresentatività due studiosi dei nostri giorni, vale a dire il filosofo Emmanuel Lévinas accompagnato dall’antropologo Francesco Remotti. Seguendo alcuni fili del loro pensiero potremo in seguito entrare nel campo della delicata questione delle identità culturali e religiose, oggigiorno terreno di conflitto pratico e teorico, politico e sociale. Osserveremo, allora, che in non poche occasioni il linguaggio identitario si è prestato a divenire lo strumento di una semplificazione rassicurante, perfettamente adeguato a quanti si pongono alla ricerca di un solido puntello per i segmenti di una vita che appare sempre più sotto la forma di sostanza «liquida», e perciò inafferrabile5. Un puntello che per svolgere l’opera affidatagli non sembra richiedere alcuna esperienza relazionale, e ancor meno un’esperienza dialogica. Si rivela, perciò, sempre più urgente la denuncia di tale trappola identitaria, prestando però adeguata attenzione a non cadere in un’opposta dissoluzione identitaria.

1. L’identità problematica

La questione identitaria, emersa sin dagli albori della riflessione filosofica occidentale, si è imposta immediatamente quale centro di confluenza di una variegata serie di problematiche, tra cui le questioni del rapporto tra unità e molteplicità nonché della relazione tra permanenza e alterazione rispetto a un substratum ←18 | 19→sostanziale. Il mutamento – così intendeva la comune opinione filosofica – avrebbe toccato unicamente la pluralità degli accidentes, mentre la sostanza sarebbe stata naturalmente dotata delle proprietà di unità e permanenza, inalterabilità e definitezza, atte complessivamente a garantire per l’appunto l’identità di un determinato ente nel corso del tempo. Aristotele, ad esempio, chiarirà che «si dicono per sé identiche quelle cose la cui materia è unica per la specie, oppure quelle cose la cui materia è unica per il numero, e così pure quelle la cui sostanza è unica»6. In tal modo lo Stagirita giungeva a conciliare il fatto che un ente individuale potesse permanere nella identità pur presentando nello svolgersi del tempo caratteristiche diverse. Anche la dottrina aristotelica del passaggio dalla potenza all’atto veniva in soccorso a tale problematica, in quanto i diversi mutamenti accidentali erano intesi come potenzialità inscritte nella forma o essenza della medesima sostanza. Si trattava perciò di una incessante combinazione di permanenza e variazione riferite rispettivamente al piano della sostanza e degli accidenti.

Se la primordiale riflessione identitaria appariva caratterizzata immediatamente dalla sua valenza metafisica e ontologica7, essa si estendeva però nel contempo anche al campo della logica, tanto che lo stesso Aristotele considererà la formula A = A quale presupposto fondamentale di ogni dimostrazione logica8. Ma in funzione della nostra analisi merita ancor più attenzione il fatto che, mentre la prospettiva logico/ontologica si impadronirà ben presto della categoria identitaria, per una valorizzazione di quest’ultima in sede antropologica occorrerà attendere l’acuta analisi dell’empirista John Locke, il quale si impegnerà a svelarne i meccanismi più reconditi. Fu infatti il filosofo inglese a utilizzare per primo l’espressione «personal identity» nel suo importante Saggio sull’intelligenza umana (1690). Non si può però dimenticare che alle spalle di Locke si ←19 | 20→stagliava la fondamentale rivoluzione cartesiana che aveva posto l’«io» talmente al centro dell’interesse filosofico da renderlo nella sua immediata trasparenza esclusivo e autosufficiente, cosicché ‒ osserva criticamente Bernhard Waldenfels ‒ da Cartesio in poi si è giunti ad attribuirgli «un’autarchia che porta a espressione una peculiare dimenticanza dell’estraneo»9. L’«identità personale» di Locke appare dunque coerente con una linea di pensiero pronta a esaltare nell’uomo la sua condizione identitaria.

Non è difficile poi notare come in tempi ancor più recenti la questione identitaria si sia estesa dall’ambito antropologico a quello delle scienze psico-sociali, senza tralasciare di toccare mondi molto lontani quali i campi della letteratura e del teatro. Così tra XIX e XX secolo, e in particolare a partire dalla seconda metà del Novecento, la problematica identitaria tenderà sempre più a uscire dal recinto delle questioni prettamente filosofiche per apparire sulla scena culturale e sociale, grazie anche alla valorizzazione che ne è stata fatta da parte di esperti di scienze sociali e umane. Nei loro studi i processi identitari sono infatti trattati alla stregua di costanti interazioni tra soggetti e ambiente sociale, grazie a cui vengono di norma costruite e rappresentate le matrici identitarie. L’identità non è perciò più intesa in senso sostanziale, ovvero come una sorta di strato originario che può essere rinvenuto «sotto» i fenomeni e che li fonda, ma piuttosto quale risultato di dinamiche psicologiche e sociali sempre aperte che coinvolgono una pluralità di attori, dal momento stesso in cui questi ultimi inscenano le rappresentazioni di sé sullo sfondo di un determinato contesto sociale.

Details

Pages
230
Year
2020
ISBN (PDF)
9783631819074
ISBN (ePUB)
9783631819081
ISBN (MOBI)
9783631819098
ISBN (Hardcover)
9783631807101
DOI
10.3726/b16831
Language
Italian
Publication date
2020 (February)
Published
Berlin, Bern, Bruxelles, New York, Oxford, Warszawa, Wien, 2020. 230 p.

Biographical notes

Enrico Riparelli (Author)

Enrico Riparelli è un teologo della Facoltà Teologica del Triveneto - Padova. Ha conseguito i Dottorati in Teologia e Filosofia al Pontificio Ateneo sant’Anselmo di Roma; la Laurea in Lettere all’Università di Padova. I suoi principali ambiti di ricerca e insegnamento sono il dialogo interculturale e interreligioso.

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