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Napoli, il labirinto da cui non si esce

Cinque letture geocritiche: Serao, Yourcenar, Ortese, Ferrante, Parrella

by Margherita Ranaldo (Author)
©2022 Monographs 240 Pages

Summary

Il libro analizza in chiave geocritica la città di Napoli attraverso le opere di cinque autrici, Serao, Yourcenar, Ortese, Ferrante, Parrella, in un arco temporale che va dalla fine del XIX ai primi anni del XXI secolo. Legittimo chiedersi cosa abbiano in comune, oltre al dato geografico, narrazioni così diverse e lontane nel tempo. Ad unirle una visione della realtà intesa come mutevole, essenzialmente inconoscibile. Tale caratteristica le pone nella condizione di essere interpretate, per vari aspetti, attraverso il paradigma della complessità tipica della postmodernità, che trova nella figura del labirinto rizomatico, teorizzato negli anni Ottanta del Novecento da Gilles Deleuze e Felix Guattari, una delle metafore ermeneutiche più efficaci. Lo studio intende delineare i caratteri generali della geocritica, nella personale interpretazione del metodo adottato dall’autrice, e i motivi di un approccio teso a mettere in luce la complessità degli elementi che producono rappresentazioni specifiche di una data realtà fino a costituire un immaginario, non solo letterario, ma culturale, sociale, capace di creare stereotipi etero o auto generati. Gli aspetti spaziali analizzati nei testi attraverso un puntuale close-reading sono legati ai referenti reali dei luoghi descritti, ma lasciano anche evidenziare, più sottilmente, implicazioni ideologiche. Obiettivo della ricerca è verificare l’applicabilità del metodo scelto analizzando le evidenti dinamiche di ‘orizzontalità’ (centro-periferia), ‘verticalità’, geografica, sociale e narrativa, e ‘ricorsività’ prensenti nelle opere del corpus ed evidenziare quanto influisca la costruzione figurativa dei luoghi, degli spazi e dei loro punti di contatto o di chiusura sui relativi risultati narratologici.

Table Of Contents

  • Copertina
  • Titolo
  • Copyright
  • Sull’autore
  • Sul libro
  • Questa edizione in formato eBook può essere citata
  • Indice
  • Introduzione
  • La città letteraria. Le ragioni del corpus e di un approccio critico
  • I
  • II
  • III
  • I Il rizoma Napoli. La città tra modello urbano-spaziale e letteratura
  • I.1 Il labirinto
  • I.2 Il racconto (urbanistico) di Napoli tra continuità e disarmonia
  • I.3 Interno napoletano: pieno, vuoto o con gomitolo
  • I.4 Tra verticalità e orizzontalità. Napoli e il «mondo come acqua»
  • I.5 La metropoli porosa
  • I.6 Il racconto urbanistico dagli anni ’70 agli anni ’90 del Novecento
  • I.7 Il racconto letterario, dal ventre cavo e umido al nuovo ventre periferico
  • II Tra realtà e memoria la città del telegrafo di Matilde Serao
  • II.1 Ventre e cuccagna? Strategie di rappresentazione della città post-unitaria
  • II.1 La Napoli del telegrafo e l’annullamento dello spazio
  • III Anna, soror … e la Napoli di Marguerite Yourcenar (o D’après Escher)
  • III.1 Trama e breve storia editoriale di Anna, soror…
  • III.2 Configurazione dei luoghi nel racconto
  • III.2.1 Corpi, luoghi, spazi: Napoli e la Campania
  • III.2.2 Il viaggio di ritorno a Napoli
  • IV Il segreto di una visione. Napoli ne Il Porto di Toledo
  • IV.1 I luoghi letterari di Anna Maria Ortese. Tra identità e nomadismo i segni di una precoce vocazione
  • IV.2 Ricordi della vita irreale. Le false tracce di Toledo
  • IV.3 Esplorazioni della città borbonica. I luoghi napoletani di Toledo
  • V Non è così facile. La Napoli di Elena Ferrante e Valeria Parrella
  • V.1 La città del mal d’amore
  • V.2 La città come possibilità
  • Indice figure – tabelle – schemi
  • Indice dei nomi
  • Volumi pubblicati nella collana

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Introduzione

La città letteraria. Le ragioni del corpus e di un approccio critico

I

La città è un manoscritto miniato. Un manoscritto che ne contiene infiniti altri. Segni di spazi, di tempi precedenti e ulteriori: un palinsesto.

Regarde le ciel recitava una scritta su un guard-rail delimitante un cantiere, uscendo dalla Biblioteca Nazionale di Francia, direzione est, metro Quai de la Gare. Ogni giorno, nel periodo in cui mi trovavo a Parigi per le mie ricerche, io la leggevo e poi, puntualmente, seguivo l’imperativo consiglio. Guardavo il cielo, segnato anch’esso da fontaniani tagli bianchi sulla primaverile, azzurra tela. Scie che raccontavano di non-luoghi, forse, e certamente di altri luoghi, vicini o lontanissimi, di viaggi verso altre città, che non erano quella.

Biblioteca Nazionale di Francia, dicevo: in cima alle sue pagine (le quattro torri che la compongono sono, infatti, simbolicamente, libri aperti) questo immenso edificio, puro e rigoroso nelle forme, ammantato di laica sacralità, illuminava un’abbagliante frase di Michel Foucault:

Au moment où le langage, comme parole répandue, devient objet de connaissance, voilà qu’il réapparaît sous une modalité strictement opposée : silencieuse, précautionneuse déposition du mot sur la blancheur du papier, où il ne peut avoir ni sonorité ni interlocuteur, où il n’a rien d’autre à dire que soi, rien d’autre à faire que scintiller dans l’éclat de son être.1

La frase, che chiude il quinto paragrafo Le langage devenu objet dell’ottavo capitolo Travail, vie, langage di Le mots et le choses, in tal maniera ←9 | 10→citata e decontestualizzata, non può rendere appieno la complessità di senso che racchiude nell’ambito di un’ampia riflessione sul linguaggio, sul cambiamento di statuto di quest’ultimo quando da forma del pensiero diventa oggetto di conoscenza, si fa testo scritto, letteratura. Ci aiuta tuttavia a intavolare un ragionamento relativo alla città come testo e fonte ispiratrice di testi letterari, perché essa stessa, la frase citata, diviene, nel flusso quotidiano di vita cittadina, strumento meta-testuale per un discorso riguardante, appunto, la complessità del mondo attuale, e in verità di sempre, dove ogni cosa ci parla di altro oltre che di sé, visto che lo “scintillio” non è azione statica, ma movimento di luce diffusa, in forme, ritmi e direzioni imprevedibili.

La città è essa stessa linguaggio? Come suggerisce Denis Caniaux il verbo e la città sono intimamente legati nella rappresentazione occidentale. La seconda città nominata nella Bibbia è Babele, peccato di hybris2 degli uomini. Babele prima utopia della storia, conosceva un’unica lingua. Il suo abbandono indica l’esplosione dei linguaggi. In seguito, le città non sono state altro che tentativo di riconnessione di questo dialogo interrotto, unità originaria, discorso assoluto, dove tutto è stato comunicazione, comprensione: Babele rappresenta la rottura discorsiva tra verbo e città3. Calvino però ammonisce: «non si deve mai confondere la città col discorso che la descrive. Eppure tra l’una e l’altro c’è un rapporto»4. Come allora descrivere questo rapporto? Come definire la città oggetto di rappresentazione, come parlare del discorso che la riguarda? Forse seguendo il consiglio di Georges Perec:

Il faudrait, ou bien renoncer à parler de la ville, à parler sur la ville, ou bien s’obliger à en parler le plus simplement du monde, en parler évidemment, familièrement. Chasser toute idée prèconçue. Cesser de penser en termes tout préparés, oublier ce qu’ont dit les urbanistes et le sociologues.5

←10 | 11→Illuminanti appaiono a tal proposito tre punti di una riflessione di Eduardo Sanguineti su «come la parola affronta la problematica della città, su come la letteratura in qualche modo rispecchia questa tematica nel passato, nel presente, e che cosa può fare»6. Tali riflessioni appaiono di estremo interesse proprio in quanto, lungi dal tentare una sintesi degli orizzonti teorici, spaziali e culturali, inerenti il vastissimo campo di indagine relativo alla città, si attestano su una concreta analisi dell’oggetto di discussione, considerando i legami della sua rappresentazione letteraria con aspetti di carattere socio-politico e psicologico-filosofico.

In primo luogo Sanguineti definisce la città, attraverso quello che lui stesso chiama paradosso/tautologia, una invenzione borghese7, perché quando si parla di città si pensa inevitabilmente a una macchina efficiente, dalle differenti articolazioni nei tempi, nei movimenti, nel funzionamento, ma che si sviluppa in relazione a una cultura industriale di sviluppo tecnologico e divisione sociale del lavoro8, insieme all’idea di cittadino/citoyen, risalente, nell’accezione moderna, alla Rivoluzione francese9. Una volta enunciato l’assunto di partenza egli passa ad analizzare il rapporto tra città e letteratura. La città è dunque “oggetto di discorso”, visto che la letteratura è una delle forme in cui la città è stata vissuta e rispecchiata. Il rapporto della letteratura con la città non è stato sempre un rapporto positivo e se è vero che la borghesia inventa la città, ←11 | 12→questo lo si verifica proprio notando che solo con l’avvento del genere romanzo la letteratura diventa cittadina. Nel momento in cui la borghesia acquisisce consapevolezza di sé e, attraverso il romanzo, in letteratura organizza ogni sua modalità rappresentativa, il tema della città acquisisce effettivo rilievo. Mentre la poesia manifesta resistenze molto più forti, è il romanzo italiano (si pensi a Manzoni, D’Annunzio e Serao, per citare solo gli esempi riportati da Sanguineti), e soprattutto quello europeo da Balzac a Joyce, a fare della città una immagine del mondo, per cui «il cosmo è rappresentabile nell’orizzonte di un’esperienza urbana»10. Il terzo punto su cui si sofferma Sanguineti è infatti quello della città come produttrice di modalità d’esperienza senza che sia necessario per questo farne oggetto privilegiato di rappresentazione. È Benjamin a indicare in Baudelaire il primo grande poeta della città, e tale grandezza, afferma Sanguineti, sta proprio nell’aver intuito per primo che l’avvento della città moderna sconvolge tutti i termini della percezione del mondo e, soprattutto, della sua percezione letteraria, poetica:

Quel est celui de nous qui n’a pas, dans ses jours d’ambition, rêvé le miracle d’une prose poétique, musicale sans rythme et sans rime, assez souple et assez heurtée pour s’adapter aux mouvements lyriques de l’âme, aux ondulations de la rêverie, aux soubresauts de la conscience ? C’est surtout de la fréquentation des villes énormes, c’est du croisement de leurs innombrables rapports que naît cet idéal obsédant11.

Details

Pages
240
Year
2022
ISBN (PDF)
9782807616301
ISBN (ePUB)
9782807616318
ISBN (Softcover)
9782807616295
DOI
10.3726/b17588
Language
Italian
Publication date
2022 (September)
Published
Bruxelles, Berlin, Bern, New York, Oxford, Warszawa, Wien, 2022. 240 p., 3 ill. b/n, 2 tab.

Biographical notes

Margherita Ranaldo (Author)

Margherita Ranaldo è Phd in Italianistica all’Università di Napoli "L’Orientale" in cotutela con l’Université Paris 8. Autrice di pubblicazioni su romanzo e poesia tra 800 e 900 in Italia, ha svolto attività di insegnamento e ricerca all’estero. Attualmente è docente di discipline letterarie nella scuola italiana.

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