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Lingua e discriminazione

Studi diacronici, lessicali e discorsivi

by Daniela Pietrini (Volume editor)
©2023 Conference proceedings 368 Pages

Summary

Politicamente corretto, linguaggio inclusivo, "lingua facile", sessismo linguistico, hate speech: nella maggior parte dei casi di discriminazione un ruolo determinante spetta (anche) al linguaggio. Pur non limitandosi a fatti linguistici, la discriminazione viene spesso trasmessa attraverso la lingua, per mezzo di espressioni volutamente spregiative, ma anche nascosta in usi idiomatici apparentemente innocui. D’altro canto però proprio la lingua può servire a combattere le discriminazioni, p.e. ricorrendo a un linguaggio inclusivo che non perpetri stereotipi di genere, oppure semplificando testi istituzionali per renderli accessibili alle persone con disabilità intellettive.
Questo volume analizza da un punto di vista diacronico e sincronico alcune espressioni e locuzioni discriminatorie sulla base di materiali eterogenei (dizionari, raccolte di proverbi, trattati e testi letterari, articoli di giornale, social network, canzoni) e secondo diversi approcci metodologici. Il focus è sull’italiano, con excursus su francese, inglese e tedesco.

Table Of Contents

  • Cover
  • Title
  • Copyright
  • About the author
  • About the book
  • This eBook can be cited
  • Indice / Table of contents
  • Introduzione
  • Parte I: Discriminazione e genere / Gender and Discrimination
  • La rappresentazione della donna nella lessicografia italiana in diacronia
  • La mamma ha il grembiule, il padre il giornale. Stereotipi familiari e di genere nei libri di testo per la scuola primaria dal 1970 al 2020
  • Prima inter pares – il lato nascosto della discriminazione. Le associazioni mentali messe in atto dalla visibilità del genere
  • Dalla lingua del gentil sesso alla gentilezza come strumento di comunicazione efficace
  • Parte II: Discriminazione e corpo / Body and Discrimination
  • Verso una “speciale attenzione”: un percorso terminologico nella normativa scolastica
  • Cretino, idiota, imbecille! Le parole per fare del male. Dalla medicina all’ingiuria
  • Aspetti lessicali e battaglie semantiche nel discorso giornalistico italiano sulla body positivity
  • Talking About Bodies on YouTube: Linguistic and Multimodal Avoidance Strategies in the Context of body shaming and Eating Disorders
  • Parte III: Discriminazione e etnia / Ethnicity and Discrimination
  • Terroni: la discriminazione territoriale nel discorso pubblico italiano
  • Zingaro: un’analisi lessicografica e un riscontro dell’uso in un corpus di canzoni italiane dagli anni Cinquanta a oggi
  • La zolfa degli Ermini. Significato, origine e presenza di una locuzione discriminatoria nel Vocabolario della Crusca e nelle principali raccolte paremiografiche italiane di età moderna
  • Soprannomi etnici nella letteratura dialettale napoletana dei secc. XVII-XIX
  • Parte IV: Prospettive della discriminazione / Perspectives of Discrimination
  • »Planète habitée par l’homme« – Anthropozentrik in der französischen Sprache am Beispiel von Wörterbucheinträgen
  • Squadroni digitali contro la #dittatura nazisanitaria: linguaggio dell’odio nel conflitto no-vax in Italia
  • Kulturelle Ausprägungen von gaze und glance. Diskriminierende An-Sichten und Bewegtbildkonstellationen in Streaming, TV, Social Media und Kino
  • Parte V: La lingua contro la discriminazione / Language against Discrimination
  • Who constructs? Meta-Invective Arguments in Public Language Criticism and the Role of Academia
  • Einfache Sprache und Leichte Sprache zwischen Komplexität und Komplexitätsreduktion
  • Siamo di fronte a una pericolosa deriva? Le strategie morfologiche di neutralizzazione del genere nell’italiano digitale tra opinione e uso
  • Autori e autrici di questo volume / Contributors
  • Indirizzi / Contacts

Daniela Pietrini

Introduzione

Giudizi più ingiusti

I pietismi, gli insultiGiudizi più insulsi

I buonismi di tutti

E Giulia danza nella sala fino a distruggerli

[…]

Sente i fiori sopra il palco ogni applauso futuro

E non è vero sai che i ciechi sognano il buio

(Murubutu, Grecale, 2016)

1.  Lingua e discriminazione

“Fatti, non parole!”, recita il celebre detto di origine latina.1 Eppure spesso sono proprio le parole a discriminare:

[…] la Cassazione ha invece argomentato che il termine [frocio] costituisca [sic!], “oltre che chiara lesione dell’identità personale”, anche “veicolo di avvilimento dell’altrui personalità”, e che “tale sia percepito dalla stragrande maggioranza della popolazione italiana”. (“Il termine dispregiativo per indicare persone gay, la Cassazione: ‘Lede l’identità’”, 26 giugno 2023, Corriere della sera);

Tassi ha spiegato che “il termine [cicciottelle] aveva una connotazione affettiva” e che “non c’era alcuna intenzione discriminatoria o sessista nel titolo [Il trio delle cicciottelle sfiora il miracolo olimpico, NdA]”. (“Il trio delle cicciottelle e il sessismo quotidiano”, 11 agosto 2016, Huffington Post).

Altre volte invece la lingua può servire a combatterle, le discriminazioni:

Tramite la lingua possiamo veicolare e rinforzare stereotipi, asimmetrie e pregiudizi, ma anche trasmettere rispetto per le differenze e inclusività. (“Padova, il Comune cambia linguaggio: cittadino o cittadina? Usate persona”, 11 novembre 2022, Corriere della sera);

Volevo dimostrare che utilizzare una forma di linguaggio che rappresenti tutti e tutte [la schwa] è possibile, anche durante una prova importante come l’esame di Stato. (“‘Ho usato la schwa nel tema d’italiano’: la sfida di Gabriele all’esame di maturità”, 27 giugno 2023, la Repubblica).

Politicamente corretto, linguaggio inclusivo, “lingua facile”, ma anche sessismo linguistico, hate speech e diverse recriminazioni nei confronti di una presunta “dittatura linguistica”: come si evince già dagli estratti giornalistici citati sopra, nel discorso pubblico contemporaneo pochi temi sono così controversi come il dibattito sul rapporto complesso tra lingua e discriminazioni.

La parola discriminazione, di origine latina, non è attestata nei dizionari storici dell’italiano se non a partire dal Settecento, con il significato neutro di ‘distinzione’.2 Questo valore semantico, privo di qualunque connotazione negativa, permane anche nelle attestazioni ottocentesche del termine, peraltro circoscritte a testi medici e giuridici. La connotazione neutra si perde solo con la legislazione razziale fascista, che introduce una sorta di “discriminazione positiva” a proposito di determinati cittadini italiani di razza ebraica cui sarebbero stati concessi, nell’ambito delle leggi razziali (1938), alcuni diritti:

discriminazione può non essere più una mera ‘distinzione’, ma in certi contesti può indicare una ‘distinzione positiva fatta per ragioni di ricompensa, se proprio non vogliamo dire di giustizia’. (Bambi 2014, 12)

È quindi solo dagli anni Cinquanta in poi che discriminazione – anche per l’influenza dell’inglese race discrimination – assume progressivamente una connotazione negativa per indicare una violazione illegittima del principio di uguaglianza (cfr. ivi, 13–14).

Il significato attuale del termine – «disparità di trattamento, spec. nei confronti di particolari gruppi etnici, sociali, politici» (NDM s.v. discriminazione) – ha definitivamente inglobato l’aspetto semantico negativo, come conferma anche l’esistenza della locuzione neologica antitetica discriminazione positiva – calco dell’angloamericano positive discrimination – per indicare invece la «disparità di trattamento in favore di chi appartiene a una minoranza, a una categoria debole» (TREC s.v. discriminazione positiva).

Ma quando ci troviamo effettivamente di fronte a un caso di discriminazione? Considerando la discriminazione in quanto processo, essa si realizza quando qualcuno (1) tratta (2) qualcuno (3) in maniera non paritaria rispetto a un altro individuo o gruppo (4) sulla base di un elemento distintivo (5), volta per volta identificabile nell’età, nel genere, nella razza, nel credo religioso, nell’aspetto fisico ecc. In altre parole, perché ci sia discriminazione occorrono un (1) attore, un (2) atto (linguistico o meno) di discriminazione, un (3) “(s)oggetto” discriminato, un (4) tertium comparationis (per misurare la disparità di trattamento in cui la discriminazione consiste) e il (5) tratto distintivo sul quale la discriminazione stessa si basa.3 L’atto di discriminazione vero e proprio presenta una casistica varia, che può spaziare dal separare (appunto “discriminare”) un gruppo/individuo da sé/dal proprio gruppo (outgroup vs. ingroup) all’inserire una distanza tra i due gruppi/individui fino all’accentuazione esplicita delle differenze per lasciare emergere una o più caratteristiche divergenti (sulla cui base fondare appunto la discriminazione), passando per la valutazione negativa di un individuo/gruppo o anche per l’attribuzione a un individuo singolo di caratteristiche tipiche (di una categoria) considerandolo all’interno di un tipo (stereotipo).4

Fermo restando che la discriminazione non si limita certo ai fatti linguistici, nella maggior parte dei casi di discriminazione un ruolo determinante spetta (anche) alla lingua. Essa infatti può essere lo strumento attraverso il quale si esercita la discriminazione, per esempio – riprendendo la tipologia degli atti di discriminazione descritta sopra – attraverso l’impiego sistematico della contrapposizione noi vs. loro per separare il proprio gruppo da quello con il quale non ci si identifica, oppure l’uso di determinati dimostrativi (es. quelli là) per segnalare distanza, di espressioni che accentuano le differenze (p.e. di colore), di denominazioni dispregiative per esprimere una valutazione negativa (es. terroni), o il ricorso a tipizzazioni, genericizzazioni e diverse strategie di labeling.5

Per quanto vario e articolato possa essere il ruolo della lingua come strumento di discriminazione, esso non costituisce però che uno degli aspetti di un rapporto ben più complesso. La lingua infatti non solo può essere usata per discriminare individui o gruppi di individui, ma può anche costituire essa stessa pretesto per discriminare qualcuno, essere insomma il tratto distintivo su cui la discriminazione si basa. Si pensi a ogni atto discriminatorio fondato sulla lingua/varietà di lingua parlata da una persona, non solo nel caso di lingue “vietate” in particolari contesti politico-linguistici, ma anche per quanto riguarda le distinzioni e stigmatizzazioni di lingue e varietà in base a marche diatopiche o diastratiche di vario tipo. Per l’italiano si potrebbe citare a scopo esemplificativo il caso dei dialetti: non sono rari infatti gli episodi di discriminazione nei confronti di parlanti dialettofoni, a cui alludono in maniera esemplificativa i titoli giornalistici seguenti: «Amici, Alessandra Celentano critica Nunzio. “Parla così perché è siciliano”. Bufera social, chieste le pubbliche scuse» (4 aprile 2022, Corriere della sera), e «Napoletano, autista di bus, insultato e aggredito a Milano. “Terrone, vai a parlare in dialetto da un’altra parte”» (16 aprile 2022, Corriere della sera).

Oltre a fungere da strumento o da pretesto per la discriminazione, la lingua può però anche essere messa al servizio della lotta alle discriminazioni. I modi in cui reagire alla discriminazione attraverso la lingua sono molteplici e non si limitano alle raccomandazioni per l’impiego della forma femminile dell’incarico ricoperto o della mansione svolta per rendere visibile la donna attraverso il linguaggio, né all’uso di schwa, asterischi e altri accorgimenti per un linguaggio inclusivo in grado di rappresentare anche le persone non binarie. Un tentativo forse meno comunemente noto di combattere la discriminazione con mezzi linguistici è costituito dalla cosiddetta “lingua facile”, un linguaggio semplificato dal punto di vista sintattico, lessicale, grafico e dell’organizzazione testuale, «creato per scrivere testi accessibili per un pubblico di persone con disabilità intellettive e difficoltà di lettura» (Sciumbata 2022, 11), ma utile anche per agevolare la comprensione di testi amministrativi da parte degli immigrati stranieri che non padroneggiano ancora abbastanza la lingua del paese in cui vivono.

2.  Il progetto

Dall’intento di analizzare il rapporto complesso tra lingua e discriminazione tenendo conto dei diversi aspetti appena descritti (la lingua come strumento di discriminazione, come suo pretesto e come mezzo per combatterla) nasce il progetto Lingua e discriminazione – La lingua contro la discriminazione, di cui questo volume costituisce il risultato finale. Finanziata dal DAAD (Deutscher Akademischer Austauschdienst – “Servizio Tedesco per lo Scambio Accademico”) nell’ambito del programma Hochschuldialog mit Südeuropa (“Dialogo tra le università tedesche e sudeuropee”),6 questa ricerca, promossa dall’Istituto di Romanistica dell’università Martin Luther (MLU) di Halle-Wittenberg in collaborazione con il Dipartimento di Lettere e Filosofia (DILEF) dell’Università di Firenze, è dedicata all’indagine di forme e fenomeni della discriminazione linguistica attraverso il lavoro parallelo e condiviso di studiosi – prevalentemente italianisti – attivi per lo più in Germania e in Italia.

Tra gli scopi del progetto figurano da un lato l’analisi di espressioni e locuzioni discriminatorie da un punto di vista diacronico e di semantica storica per evidenziare i processi di sedimentazione delle rispettive associazioni di significato, dall’altro lo studio di singole forme di discriminazione linguistica relative a contesti di razzismo, sessismo, body shaming ecc. sulla base di esempi attuali e all’interno di ambiti comunicativi e culturali specifici.

I saggi raccolti in questo volume costituiscono il risultato di un intero anno di ricerca articolato in due seminari tematici (uno sulla discriminazione nell’italiano in prospettiva diacronica e l’altro, di tipo metodologico, sull’uso di strumenti elettronici per la creazione e l’analisi di corpora tematici sulla discriminazione), che hanno avuto luogo rispettivamente presso l’Accademia della Crusca (Firenze) e all’Istituto di Romanistica di Halle nella primavera 2022, e in un convegno internazionale e interdisciplinare conclusivo, svoltosi presso l’università di Halle-Wittenberg dall’11 al 14 ottobre 2022 (v. Fig. 1), che ha visto la partecipazione di 31 relatori provenienti da sedici università / istituzioni situate in cinque nazioni diverse.

Figura 1:Locandina del convegno internazionale Lingua e discriminazione – La lingua contro la discriminazione. Realizzazione grafica: Annett Plonka.

Figura 1:Locandina del convegno internazionale Lingua e discriminazione – La lingua contro la discriminazione. Realizzazione grafica: Annett Plonka.

3.  La discriminazione nei saggi di questo volume

L’eterogeneità dei contesti in cui si esercita la discriminazione si riflette nella molteplicità delle impostazioni, dei metodi empirici e dei corpora analizzati nei vari contributi che compongono questo volume, che spaziano dai dizionari storici e sincronici, italiani (Cialdini; Setti) e francesi (Boileau), le raccolte paremiografiche (Rondinelli) e i testi della tradizione letteraria e trattatistica italiana (Setti) e della letteratura dialettale (Vinciguerra), ai testi pubblicati sulla stampa (Setti; Pietrini; Pirazzini) e sui social media (Telegram: Bonacchi; Instagram: Landschoff; Twitter: Orrù; YouTube: Willenberg), passando per la normativa scolastica (Clemenzi), i manuali di lettura per la scuola elementare (Nesi), le canzoni (Papaccio), i testi specialistici della psichiatria (Miani) e quelli prodotti nell’ambito del dibattito accademico (Safina), senza dimenticare il materiale audiovisivo (Fett / Hansen / Joppien / Heller) e i testi istituzionali in tedesco (Rocco).

I saggi di questo volume sono stati raggruppati in base alle (presunte) caratteristiche distintive (il genere, l’aspetto fisico, l’etnia e l’appartenenza territoriale ecc.) su cui si fondano volta per volta le forme di discriminazione analizzate.

Il volume si apre con una sezione dedicata alla discriminazione di genere. Francesca Cialdini analizza i mutamenti che interessano la rappresentazione della donna nella lessicografia italiana ripercorrendo in particolare la storia della voce donna nei principali dizionari storici e sincronici. Oltre a mettere in evidenza la persistenza – fino a tempi recenti – della sua definizione come ‘femmina dell’uomo’, lo studio constata la crescita della sensibilità lessicografica nei confronti del peso delle parole e del rischio di perpetuare pregiudizi e stereotipi.

Anche Bianca Nesi si dedica agli stereotipi di genere, ma in prospettiva microdiacronica. Attraverso un’analisi qualitativa e quantitativa di un corpus di manuali di lettura per la quarta elementare pubblicati tra il 1970 e il 2020, l’autrice traccia il profilo della rappresentazione dei ruoli genitoriali nei libri di testo prescelti, osservando il ripresentarsi, fino ai giorni nostri, di stereotipi di genere particolarmente difficili da smantellare.

Al centro del saggio di Daniela Pirazzini c’è invece una singola espressione, prima inter pares, corrispettivo della locuzione latina primus intes pares, usata per designare persone (uomini) autorevoli con una posizione di preminenza formale sugli altri componenti della società. Lo studio analizza gli aspetti nascosti della discriminazione di genere in prospettiva linguistico-cognitiva dimostrando che le associazioni attivate dalla forma femminile, assente in latino, non rispecchiano completamente quelle dell’espressione originale maschile, ma riducono piuttosto la prima inter pares alla “prima della classe”.

Anche l’ultimo articolo di questa sezione è incentrato su uno stereotipo, quello della gentilezza come tratto tipicamente femminile. Raffaella Setti ripercorre la storia semantica dei termini gentile e gentilezza illustrando come le loro diverse accezioni siano da lungo tempo associate all’universo femminile (al gentil sesso) e dimostrando, attraverso l’analisi di un corpus di articoli di giornale, come lo stereotipo della donna gentile continui a circolare nell’uso mediatico e quotidiano.

Il comune denominatore dei quattro saggi che compongono la sezione seguente è costituito dalla discriminazione legata al corpo sia nel senso della derisione e stigmatizzazione dell’aspetto fisico (body shaming), sia in quanto discriminazione del corpo disabile (“abilismo”) e della malattia.

Laura Clemenzi offre, in prospettiva diacronica e con riferimenti anche al di fuori dei confini nazionali, un percorso attraverso la normativa scolastica relativamente ai termini usati per parlare di alunni e alunne con disabilità. L’autrice sottolinea come i mutamenti nel clima sociale e culturale e l’evoluzione delle conoscenze scientifiche abbiano condizionato i cambiamenti, anche terminologici, nel sistema scolastico italiano.

Stefano Miani rintraccia invece l’origine medica di cretino, idiota e imbecille evidenziando come il contatto e l’influenza reciproca tra il linguaggio specialistico della psichiatria e la lingua comune abbiano contribuito alla ridefinizione semantica di questi tre termini fino al loro valore odierno, esclusivamente dispregiativo.

Entrambi i contributi seguenti sono dedicati alla discriminazione delle persone in ragione del loro aspetto fisico. Sulla base di un corpus di articoli giornalistici attuali, Daniela Pietrini analizza – da una prospettiva di analisi linguistica del discorso – la costruzione sociale di alcuni concetti chiave del discorso attuale sulla body positivity, in particolare quello di “grasso”, identificando parole chiave, denominazioni collettive, eufemismi e concorrenze dei significati e delle denominazioni.

Diverso è l’approccio di Merle Willenberg, che si basa sui metodi della linguistica socio-interazionale e testuale per indagare le pratiche comunicative (autocensura, eufemismi, utilizzo strategico della multimodalità) dei cosiddetti commentary YouTuber nell’affrontare il tema del corpo in relazione a disturbi alimentari, mettendone in evidenza le strategie finalizzate a evitare i tabù linguistici imposti dalla piattaforma YouTube.

La terza sezione di questo volume è invece dedicata alla discriminazione in base alle etnie e all’appartenenza territoriale.

Paolo Orrù affronta il tema della “discriminazione territoriale” e del pregiudizio antimeridionale nel discorso pubblico italiano analizzando presenza e usi del termine terrone (e di alcuni suoi alterati) in un corpus di tweet pubblicati nei primi sei mesi del 2022. Sullo sfondo della Critical Discorse Analysis l’autore da un lato dimostra l’ampio uso dell’epiteto in senso offensivo e il prevalere – sui social media e nel discorso pubblico – degli slur contro i meridionali su quelli contro gli italiani del Nord, dall’altro constata però come alcuni usi positivi della parola in chiave riappropriativa contribuiscano al processo di sensibilizzazione nei confronti di un termine discriminante.

Mara Papaccio propone invece una riflessione sul termine zingaro. Dopo averne ricostruito la storia attraverso un’analisi lessicografica nei dizionari storici e sincronici dimostrandone la costante connotazione negativa nel linguaggio comune, l’autrice propone un riscontro dell’uso del termine nella canzone italiana dagli anni Cinquanta a oggi, evidenziando come le associazioni legate a esso in questo contesto specifico siano spesso positive, per quanto comunque stereotipiche.

Chiudono questa sezione due contributi di tipo storico-linguistico. Nell’ambito di una riflessione sull’importanza della paremiografia e della pragmatica storica, Paolo Rondinelli pone l’attenzione sull’origine e sull’uso della locuzione fiorentina la zolfa degli Ermini, dimostrandone la natura discriminatoria e antisemitica.

Antonio Vinciguerra ricostruisce invece la storia (e in alcuni casi i processi formativi) di alcuni soprannomi etnici o blasoni popolari estratti da un corpus di letteratura dialettale napoletana dei secc. XVII-XIX, mettendo in evidenza i pregiudizi, gli stereotipi e le antipatie reciproche esistenti nei confronti dello “straniero”, sia esso geograficamente vicino o lontano. L’autore offre inoltre alcuni confronti con altre lingue e con altri dialetti italiani.

La quarta parte di questo volume non si interessa a singoli aspetti o a singole locuzioni, ma allarga lo sguardo a intere prospettive della discriminazione.

Details

Pages
368
Publication Year
2023
ISBN (PDF)
9783631908693
ISBN (ePUB)
9783631908709
ISBN (Hardcover)
9783631908686
DOI
10.3726/b21380
Language
Italian
Publication date
2023 (December)
Keywords
linguistica hate speech discorso dei media discriminazione lessicografia linguaggio di genere sessismo diacronia linguaggio inclusivo disabilità appropriazione culturale othering bodyshaming insulti etnici lingua facile stereotipi
Published
Berlin, Bruxelles, Chennai, Lausanne, New York, Oxford, 2023. 368 p., 5 ill. a colori, 12 ill. b/n, 16 tab.

Biographical notes

Daniela Pietrini (Volume editor)

Daniela Pietrini è professoressa ordinaria di Linguistica italiana e francese presso l’Università di Halle-Wittenberg. Si occupa di analisi del discorso, linguistica variazionale e testuale, formazione delle parole, pratiche discorsive nei media, italiano e francese contemporanei. Per Peter Lang ha curato recentemente il volume Il discorso sulle migrazioni. Approcci linguistici, comparativi e interdisciplinari (2020).

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Title: Lingua e discriminazione