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"Le Chef-d’œuvre inconnu” di Balzac alle radici della Modernità

Mito e identità dell’artista negli anni Trenta dell‘Ottocento

by Carlotta Castellani (Author)
©2023 Thesis 356 Pages
Series: Bonner romanistische Arbeiten, Volume 124

Summary

L’autrice interpreta il racconto di Balzac “Le Chef-d’oeuvre inconnu” come equivalente narrativo di una identità di artista in trasformazione negli anni Trenta dell’Ottocento. Attraverso l’analisi della rivista “L’Artiste”, dove è pubblicato il racconto, viene messo in luce il processo mediatico cui è sottoposto il mito dell’artista, tra realtà e finzione. Adottando un metodo comparativistico, le polarità presenti nel testo di Balzac — la dialettica tra colore e disegno, il rapporto tra artisti del passato e artisti moderni e il ruolo della modella tra idealità ed erotismo — sono interpretate in relazione a opere d’arte, illustrazioni e scritti di Denis Diderot, E.T.A. Hoffmann, Louis Boulanger, Eugène Delacroix e Théophile Gautier. Emerge così un profilo di artista intimamente legato all’affermarsi di un nuovo rapporto tra arte e letteratura e a nuove categorie di giudizio estetico che ne confermano la modernità.

Table Of Contents

  • Copertina
  • Titolo
  • Copyright
  • Sull’autore/Sul curatore
  • Sul libro
  • Questa edizione in formato eBook può essere citata
  • Sommario
  • Introduzione
  • Le Chef-d’œuvre inconnu: genesi dell’opera
  • Il racconto nel 1831
  • L’edizione del 1837
  • Il dibattito estetico attraverso la rivista «L’Artiste»
  • La parola artiste tra estetica e politica
  • La nascita della rivista «L’Artiste»
  • Premessa al dibattito: Diderot e Hoffmann
  • L’identità mediatica dell’artista
  • Estetica in atto: il Salon del 1831
  • Il linguaggio dell’arte: colore e disegno
  • La dialettica tra Coloris e Dessein come topos estetico e letterario
  • Dalla teoria dell’arte alla critica d’arte: Diderot
  • Linea e colore tra arte e letteratura nell’Ottocento
  • La linea dell’Accademia e il colore degli atelier payans
  • Eugène Delacroix secondo Louis Boulanger
  • La transposition d’art in Théophile Gautier
  • Il mito dell’artista tra exemplum del passato e ambiguità del moderno
  • Poussin, maître d’autrefois
  • La vita di Poussin come exemplum di artista ideale
  • Concezione ed esecuzione: Poussin come unità degli opposti
  • Entusiasmo, illusione e follia
  • Frenhofer nel 1831
  • Frenhofer nel 1837
  • Il mito della modella: la femme tra idealità ed erotismo
  • Malinconia, paesaggio come stato d’animo e ruolo della Musa
  • La morte della Musa e la nascita della Modella
  • Il complesso della Maddalena
  • Catherine Lescault, l’ironia del bello ideale
  • Conclusione
  • Elenco delle illustrazioni
  • Bibliografia
  • Indice dei nomi

Introduzione

Se il racconto Le Chef-d’œuvre inconnu ha affascinato e influenzato per quasi due secoli artisti, scrittori e filosofi le ragioni sono molteplici. Sicuramente il desiderio di stabilire che cosa si celi nell’ultimo dipinto realizzato dal vecchio Frenhofer è il vero motivo che ha spinto storici di ogni disciplina a dedicare al breve récit fiumi d’inchiostro1. Il fatto stesso che quest’opera sia stata (e continui a essere) oggetto di un così largo interesse, tra letture e riletture, può essere compreso solo partendo dal seguente assunto: ci troviamo di fronte alla nascita e alla consacrazione del mito dell’artista moderno. Tale premessa legittima l’impostazione adottata in questo lavoro che ha come obiettivo quello di interrogarsi sulla nascita di questo mito in un preciso contesto storico: la città di Parigi nei primi anni Trenta dell’Ottocento.

A partire dall’approccio della mitocritica e della mitoanalisi inaugurato da Marc Eigeldinger ne La Philosophie de l’art chez Balzac (1957) e approfondito da Gilbert Durand2, studi recenti di storia sociale dell’arte hanno permesso di considerare le leggende di cui si tesse l’immaginario – collettivo ed individuale – come elementi inseparabili dalle figure di cui trattano, in questo caso dagli artisti. In tal senso, il racconto di Balzac oggi può essere considerato come uno strumento privilegiato per una sociologia delle rappresentazioni e dei valori, volta a considerare ciò che svela l’immaginario ed il simbolico come un oggetto legittimo di studio, equiparabile a fatti accaduti nella realtà3. Frenhofer, il protagonista del racconto, incarna pertanto una nuova identità di artista e segna, nella sua versione del 1837, un passo decisivo di ingresso nella Modernità4, neologismo balzachiano eletto a parola d’ordine per una nuova estetica da Baudelaire5.

La ricerca si concentra su un periodo cronologico molto ristretto, gli anni che intercorrono tra 1831 e 1837, ossia tra la prima uscita del racconto e la sua successiva edizione ampliata di cui, nel primo capitolo di questo volume, si ripercorre la genesi mettendo a fuoco il rapporto intercorso tra Balzac e il mondo delle arti. Si tratta dei primi anni della cosiddetta Monarchia di Luglio di Luigi Filippo la cui politica è stata definita – da lui stesso – juste milieu per sottolineare le numerose soluzioni di compromesso adottate dal sovrano, per far dimenticare gli abusi di potere cui era giunto Carlo X, senza tuttavia fare eccessive concessioni al potere popolare che aveva portato alla Rivoluzione di Luglio. Tra 1831 e 1837 la politica del sovrano si indurisce contro gli schieramenti repubblicani, come dimostrano il massacro della rue Transnonain nel 1834 e le leggi a protezione del re che ne seguirono. Tali leggi, che andarono a incidere anche sulla libertà di stampa, ebbero profonde ricadute culturali come attesta l’improvvisa diminuzione di articoli dedicati al Salon di quell’anno, la momentanea sfortuna in cui cadde il nome di Delacroix e il fatto che al Salon del 1836 il 41 % delle opere sottoposte alla giuria sia stata rifiutata6. In questo contesto politico e culturale in trasformazione, Balzac spicca per la sua capacità di lettura sociologica ante litteram e, come tale, nei suoi testi si incontra una varietà ricchissima di artisti, ognuno rappresentativo di una certa tipologia umana.

Nell’ottobre del 1830, tra gli appunti di Balzac si trova la bozza per una commedia in 5 atti dal titolo L’Artiste7 per la quale lo scrittore annuncia di voler creare un personaggio comico che riassuma in sé i tratti del Misantropo di Molière e di Don Quichotte, ma anche del Tasso di Goethe8. Sono queste contraddizioni a trovarsi in Frenhofer che, rispetto ad altri personaggi balzachiani, assurge alla dimensione del mito perché incarna polarità contraddittorie – tipiche della costruzione di ogni discorso mitologico – che rispecchiano pienamente la crisi identitaria vissuta dall’intera categoria artistica intorno al 1830, anno della Rivoluzione di Luglio, quando la battaglia romantica perde il suo slancio ideale e lo statuto stesso di artista viene messo in discussione.9 Nel 1830 il termine artiste è parola d’ordine di un’intera generazione, che condivide la stessa identità in un momento di radicali ribaltamenti sociali ed economici10, con la creazione di un mercato libero per la circolazione delle opere, l’aumento esponenziale dei candidati alla carriera artistica e la diversificazione delle loro origini sociali. Nella fondazione di un nuovo statuto di artista, dunque, fattori di ordine estetico e generazionale si intrecciano in modo inestricabile a fattori sociali, politici ed economici che segnano l’ingresso nella prima era mediatica11. Con l’apertura gratuita delle sale del museo e dei salons12, le opere d’arte sono ormai entrate in una discorsività condivisa e vernacolare, in cui, attraverso un sistema di confronti senza fine – comparaisons – perdono gradualmente la propria aura. Una perdita che diviene effettiva negli anni Trenta, con lo sviluppo della litografia e l’introduzione di questa tecnica nella stampa periodica (presse mécanique) che moltiplica le possibilità di circolazione delle riproduzioni di opere d’arte e porta alla formazione di una identità mediatica di artista.

Il secondo capitolo di questo studio indaga proprio la stretta corrispondenza de Le Chef-d’œuvre inconnu rispetto a un immaginario culturale collettivo, alla luce della prima sede di pubblicazione del testo, che esce, su commissione, all’interno della rivista «L’Artiste: journal de la littérature et des beaux-arts» (da ora in poi «L’Artiste »). Nell’analizzare la rivista è stata adottata la prospettiva dei periodical studies che considerano i giornali, fin dai primi anni Trenta, come uno spazio attivo nella produzione di un immaginario condiviso13. La rivista detta pertanto le condizioni di produzione e di utilizzo del racconto; inoltre, essa fornisce a Balzac uno spazio di gestazione, intrinsecamente relazionale, in cui convergono, come approfondiremo, contenuti afferenti a discipline diverse che determinano, almeno in parte, la capacità del testo di riflettere cambiamenti di ordine sociale, simbolico ed estetico che segnano la nascita di un nuovo statuto di artista e l’emergenza di nuovi linguaggi e criteri di giudizio per le opere d’arte14. La relazione che si stabilisce tra i diversi contenuti – testuali e visivi – presenti sulle pagine della rivista produce un avvicinamento tra le discipline letterarie e artistiche, tra contaminazione ed emancipazione: in essa si trovano i primi esempi di critica d’arte che, da un punto di vista semiotico, congiunge il sistema iconico a quello verbale e, da un punto di vista di storia sociale, unisce il mondo degli artisti a quello degli scrittori. Questo processo mediatico di ibridazione è caratteristico della produzione artistica e letteraria del quarto decennio dell’Ottocento ed è spesso generalizzato con la formula di fraternité des arts che, a nostro avviso, non mette sufficientemente in luce il processo in atto in termini di progressiva autonomizzazione di arte e letteratura, che costituisce invece uno degli aspetti più moderni dell’estetica degli anni Trenta, una autonomizzazione dalla quale scaturisce il senso moderno del loro rapporto intermediale15. Proprio nel racconto di Balzac, inizia infatti a delinearsi il passaggio dal paradigma comparativo tra le arti (ut pictura poesis) al paradigma differenziale, che consente al discorso pittorico di disfarsi definitivamente delle regole della poetica per affermare la sua autonomia estetica16, il suo linguaggio specifico ed un nuovo orizzonte mitico di riferimento. L’immagine moderna dell’artista deriva dunque da questo incrociamento tra i linguaggi e spostamento dei loro confini e si articola attraverso le pagine della rivista confluendo nella dimensione del mito.

Recentemente, Elena Anastasaki ha indagato il mito romantico in relazione all’identità dell’artista sia a livello individuale che collettivo, in una geografia che spazia tra Inghilterra, Germania e Francia17. Anche nel presente studio si considera il mito come un equivalente narrativo di una identità d’artista in formazione, ma l’analisi è qui concentrata sul solo racconto di Balzac di cui sono state individuate le caratteristiche “mitofore”: la dialettica tra Coloris e Dessein; il mito dell’artista tra exemplum del passato e ambiguità del moderno; il mito del modello: la femme tra idealità ed erotismo. Adottando un metodo transdisciplinare e comparativistico, il libro è suddiviso in capitoli corrispondenti a questi temi, che sono stati trattati come tòpoi18, le cui declinazioni innovative confluiscono nella formulazione dello statuto di artista moderno. È lo stesso io scisso dell’autore ad emergere attraverso i suoi personaggi ed è questa la radice comune che lega Balzac a molti suoi contemporanei, figli del mal du siècle i quali, come lui, hanno scardinato il retaggio classico in fatto di creazione e ricezione artistica, ponendo così le basi per una estetica e sensibilità moderne: Louis Boulanger (1806–1867), Eugène Delacroix (1798–1863), e Théophile Gautier (1811–1872), tutti lettori di E.T.A. Hoffmann, Denis Diderot, Victor Hugo e Stendhal. Sono queste le principali figure attraverso i cui scritti e opere abbiamo cercato di presentare in una nuova luce i tòpoi presenti nel racconto di Balzac per interrogare il senso storico del racconto attraverso una “contestualizzazione radicale”19. Il debito nei confronti di altri testi e di altri autori permette di leggere questo universo in trasformazione attraverso il prisma del racconto o leggere il racconto come un mosaico plurivocale che esce dall’universo strettamente balzachiano. Per mettere in rilievo questo complesso sistema di relazioni intertestuali e visive, si è cercato di uscire dalla rigida interpretazione estetica adottata nell’esegesi del racconto a partire dagli studi di Pierre Laubriet20, per riportarlo nell’universo più sfumato dell’autore, che Jules Champfleury definisce come “une être tourmenté, mêlant l’industrie à l’art, la critique à la création et qui, nourri de lectures accumulées, prétendait se rendre compte de toutes les formes d’imagination […]21”. Siamo convinti infatti che l’estetica di Balzac si traduca in una “loi de contrastes […] se déployant en concepts, tableaux, personnages contraires ou opposés, réconciliés au stade supérieur du sens anagogique22”. È evidente quanto, nel racconto, si sovrappongano numerosi registri di significato – di storia sociale, storia dell’arte, estetica, ermeneutico, fenomenologico, narratologico e di mitoanalisi – che di volta in volta sono stati scelti per far emergere il rapporto tra il testo e l’affermazione di questa nuova identità di artista, frutto dell’ibridazione tra discipline differenti (letteratura, critica d’arte e pittura) e della loro rispettiva autonomizzazione. In questo approccio, fondamentali sono stati gli studi di Bernard Vouilloux che ha individuato distinte possibilità di indagine nel rapporto tra arte e letteratura di cui ci siamo serviti nelle analisi dei testi23. Il metodo transdiciplinare che adottiamo apre tuttavia un campo nuovo, in cui le singole appartenenze disciplinari vengono trascese fino ad apportare conoscenze nuove, punti di vista che vanno oltre (trans) i confini epistemologici dei singoli ambiti di studio e di ricerca (storia dell’arte, letteratura, critica d’arte, estetica, mitocritica) attraverso il paradigma della complessità24.

Dall’analisi delle ricorrenze del linguaggio artistico adottato da Frenhofer nel testo del 1837 sono emersi i termini chiave “linea-disegno” (20 ricorrenze) e “colore” (20 ricorrenze), che, in qualità del ruolo assunto nella storia dell’estetica francese, sono stati affrontati, nel terzo capitolo, per evidenziare la centralità del sistema di opposizioni dialettiche da cui prende le mosse il racconto, cui fanno da pendant i concetti di “classico” e “moderno”. La modernità del racconto consiste, come vedremo, nello scardinare queste opposizioni dialettiche per accedere a una dimensione soggettiva dell’atto di vedere e di giudicare in cui queste distinzioni perdono di senso. Grazie all’apporto di Gautier, il rifiuto di entrambi i sistemi implica “un mouvement au-delà de la doxa afin de construire une approche critique d’un tout autre type […] en offrant une autre manière de voir pour une nouvelle ère dite ‘moderne’, c’est-à-dire ‘romantique’ dans le sens baudelairien25”.

Si inserisce nella dialettica tra passato e moderno anche la nostra analisi del tema dell’artista creatore, trattato nel quarto capitolo. Alle origini della modernità, infatti, si trova sempre il rapporto con il passato. È questa dialettica che si è cercato di mettere in luce, sviluppando il fondamentale ruolo che i maîtres d’autrefois hanno avuto nella costruzione di una nuova identità di artista: la scelta di Nicolas Poussin si rivela nella sua modernità26. Dalla rilettura del mito di questo personaggio nei primi decenni dell’Ottocento in Francia, ossia nel periodo a ridosso della stesura del racconto, è stato possibile mettere a fuoco il punto di vista di Balzac su questo maestro in relazione al suo pensiero estetico e, contestualmente, è stata evidenziata la funzione ideologica delle biografie dei grandi maestri del passato, in un momento di profonda crisi della categoria. Frenhofer, moderno, può definirsi solo a partire dal suo rapporto con Poussin, ed è da questa dialettica che emerge il mito dell’artista assoluto, che è stato affrontato sia da una prospettiva estetica, in relazione agli scritti di Diderot e alla tradizione del romanticismo tedesco, sia da una prospettiva di storia sociale.

Ed è nel quinto ed ultimo capitolo, con l’analisi del delicato passaggio da Musa a Modella, che è approfondita la corrispondenza tra questo nuovo personaggio e l’emergere di una sensibilità pittorica che è preludio alla nascita della Modernità. Il capitolo si ricollega all’ambito dei gender studies, e in particolare al lavoro di Marie Lathers, e apre a considerazioni più ampie sullo statuto della donna nell’Ottocento27. Qui si propone una lettura dei personaggi femminili – viventi e non – presenti nel testo nell’intento di evidenziare quanto il rapporto desiderante che lega Frenhofer alla sua opera lo renda sensibile a una materia pittorica che tende verso l’informe: si tratta della definitiva negazione, seppur in chiave tragica, del retaggio classico di una retorica dell’immagine e della contestuale affermazione dell’autonomia della pittura, della soggettività del giudizio, nella creazione come nella ricezione, come si evince dagli analoghi cambiamenti sia nel linguaggio della critica d’arte, sia nell’esperienza estetica vissuta dagli artisti.

Questo in nuce. Ci vorranno decenni prima che questa autonomia raggiunga piena maturità e dia avvio alla rivoluzione moderna in pittura, segnata, tradizionalmente, dall’anno 1863, ma che trova le sue premesse nel milieu in cui Balzac ha concepito Le Chef-d’œuvre inconnu.


1 Il presente studio è il frutto della rielaborazione della mia tesi di dottorato dal titolo Il mito dell’artista e dell’opera in ‘Le Chef-d’œuvre inconnu’ di Balzac discussa nel 2016 presso l’Università degli Studi di Firenze in cotutela con l’Université Paris IV – Sorbonne sotto la supervisione di Patrizio Collini e Jacqueline Lichtenstein. Tra i più importanti studi sull'argomento ricordiamo: Eigeldinger 1957; Laubriet 1961; Bonard 1969; Laubriet 1980; Pitt-Rivers 1993; Belting 2001 ed i cataloghi miscellanei Autour du Chef-d’oeuvre inconnu 1985; L’Artiste selon Balzac 1999; Balzac et la peinture 1999.

2 Eigeldinger 1957. Durand 1996. Ricordiamo anche lo studio più recente di Méra 2004.

3 Ci rifacciamo qui all’orizzonte metodologico aperto da Natalie Heinich, e in particolare Heinich 1996, opera in cui questo metodo sociologico è applicato alla nozione di artista. Si veda anche Heinich 2020. Anche José-Luis Diaz ha messo in rilievo quanto la letteratura del periodo romantico abbia giocato un ruolo determinante nel dare forma ad un certo modo di essere artisti, Diaz 2015.

4 Si tratta di un termine problematico che consideriamo con Jauss come “il neologismo che marca la frontiera che separa, nella nostra coscienza storica, il mondo del passato lontano da quello che ci è familiare”, Jauss 1978, pp. 198–99.

5 Balzac 1999, p. 997 cit. in Longbois-Canil 2015, p. 39.

6 Cauchi 2021, p. 35.

7 Si tratta di una pagina di appunti pubblicati per la prima volta da Chollet 1999, pp. 34–49.

8 Chollet 1999, p. 39.

9 Soltanto il personaggio di Joseph Bridau, protagonista di più racconti balzachiani, si avvicina a un modello ideale, ma anch’egli non riesce ad incarnarlo interamente. Si veda Wingfield Scott 1937, p. 12.

10 Si veda, James 1980, pp. 103–118.

11 Ci riferiamo allo studio di Therenty-Vaillant 2001.

12 A partire dal 1806, con la fine del calendario rivoluzionario, il Louvre era aperto a tutti dalle 9 alle 16 ogni sabato e domenica. Si veda Leniaud 2012, p. 85.

13 Pinson 2010, p. 623.

14 Nella definizione dei criteri estetici ci rifacciamo alla definizione di Michaud 2005, p. 50.

15 Ci riferiamo con questo termine, all’uso che ne ha fatto Wagner 1996, pp.17–18.

16 Dekoninck, Guiderdoni-Bruslé, Kremer 2009.

17 Anastasaki 2022.

18 Ricordiamo il pionieristico lavoro, pubblicato per la prima volta nel 1933, di Ernst Kris e Otto Kurz Die Legende vom Künstler. Ein geschichtlicher Versuch. Si veda Kris Kurz 1980.

19 Ci riferiamo, con questo termine, a uno dei modi in cui è stato descritto il metodo di Pierre Bourdieu da Johnson 1993, p. 9.

20 Laubriet 1961.

21 Champfleury 1883, p. 135.

22 Andréoli 2000, p. 107.

23 Sulle diverse tipologie di rapporto tra parola e immagine, si veda Vouilloux 2005.

24 Sul metodo transdisciplinare avviato da Bourdieu, si veda Charle 2018, pp. 327-343. Sulla relazione tra critica d’arte e gli altri campi a partire dagli studi di Pierre Bourdieu, si veda Gamboni 1991, pp. 9–17. Sui rapporti tra il racconto e la critica d’arte, si ricorda Lanes 1974.

25 Hamrick 2018, p. 139.

26 Si ricorda che Cousin aveva esortato gli artisti a ispirarsi solo ai maestri del passato nazionale, lasciando da parte gli esempi Italiani e Fiamminghi. Si veda Cousin 1854, p. 219.

Details

Pages
356
Year
2023
ISBN (PDF)
9783631914335
ISBN (ePUB)
9783631914342
ISBN (Hardcover)
9783631914328
DOI
10.3726/b21521
Language
Italian
Publication date
2024 (March)
Keywords
Eugène Delacroix Theophile Gautier Denis Diderot E.T.A. Hoffmann Periodical studies Critica d’arte «L’Artiste: journal de la littérature et des beaux-arts»
Published
Berlin, Bern, Bruxelles, New York, Oxford, Warszawa, Wien, 2023. 356 p., 82 ill. b/n.

Biographical notes

Carlotta Castellani (Author)

Carlotta Castellani è ricercatrice in Storia dell’arte contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Urbino Carlo Bo. Le sue aree di interesse spaziano tra Ottocento e Novecento con particolare attenzione al ruolo svolto dalle riviste nella creazione di un immaginario collettivo (Periodical studies) e ai rapporti tra immagine e testo.

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