Alle origini del liberalismo comunitario
Dal Groupe des libéraux et apparentés al Groupe libéral et démocratique (1953-1978)
Summary
Linea guida di questa ricerca, basata prevalentemente su fonti archivistiche inedite, risiede nella ricostruzione dei vari modelli di liberalismo attraverso i quali i primi quattro presidenti del gruppo (Delbos, Pleven, Berkhouwer e Durieux) interpretarono la loro avventura europeistica e come tali principi influenzarono la loro attività e quella dello stesso gruppo in ambito comunitario, alla luce dei mutamenti e delle trasformazioni avvenute in quasi un quarto di secolo.
I quattro presidenti cercarono di svolgere un ruolo determinante nella democratizzazione dei meccanismi di funzionamento comunitari come pure si posero l’ambizioso progetto di svolgere un’attività di primo piano nella trasformazione dell’Europa occidentale in una comunità internazionale unita e democratica, in stretta sinergia con l’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Excerpt
Table Of Contents
- Cover
- Title
- Copyright
- A propos de l’auteur
- À propos du livre
- Pour référencer cet eBook
- Indice
- Fonti archivistiche
- Abbreviazioni
- Introduzione
- Capitolo 1 L’opera pionieristica di Yvon Delbos (1953–1956)
- 1.1. Un europeista convinto
- 1.2. La presidenza del Groupe des libéraux et apparentés
- 1.3. La République libérale come modello europeo
- 1.4. L’Europa o l’Eliseo?
- 1.5. Al servizio della Ceca
- Capitolo 2 Dalla Ceca alla Cee: la presidenza liberale di René Pleven (1956–1969)
- 2.1. Un liberalismo sociale di respiro europeo
- 2.2. A favore della cooperazione euro-africana
- 2.3. Dalla Ced all’approccio funzionalista
- 2.4. L’impegno istituzionale di Strasburgo
- 2.5. Un indirizzo per la costruzione europea. Le libéralisme est mouvement
- 2.6. L’impegno per la democratizzazione delle istituzioni comunitarie
- Capitolo 3 Cornelis Berkhouwer: la presidenza di un liberal-conservatore (1969–1973)
- 3.1. Dal Vvd all’Europa
- 3.2. Il ruolo della Cee nell’ambito della Guerra fredda
- 3.3. Per la nascita della federazione europea
- 3.4. L’impegno per la tutela dei diritti umani
- Capitolo 4 Verso l’elezione diretta del Parlamento europeo: la presidenza di Jean Durieux (1973–1978)
- 4.1. L’anticomunismo come valore fondante la costruzione europea
- 4.2. L’erosione dello Stato-nazione e il sostegno all’allargamento comunitario
- 4.3. La Cee come protagonista della politica internazionale
- 4.4. L’inconciliabile progetto europeista del Front national
- Conclusioni
- Indice dei nomi
Introduzione
Il 20 giugno 1953, sotto la presidenza del radicalsocialista francese Yvon Delbos,1 già ministro degli Esteri, all’interno dell’Assemblea consultiva della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca) composta da 78 membri2 venne fondato il gruppo transnazionale dei Libéraux et apparentés (Lib) comprendente inizialmente 11 membri, per la maggioranza francesi.3 I rapporti sempre più stretti costituitisi, infatti, a partire dal secondo dopoguerra, anche nell’ambito della galassia occidentale liberale europea, avevano determinato lo sviluppo di graduali forme di cooperazione partitica a livello transnazionale: la Liberal International, sorta nel 1947 ad Oxford, ne fu senza dubbio uno degli esempi più evidenti.4 Secondo quanto affermato dall’allora suo presidente, Giuseppe Pella, l’Assemblea comune offrì così un rilevante apporto, sin dalle sue origini, per il rafforzamento del processo di integrazione europea, contribuendo alla difesa dei valori della civiltà occidentale:
Dans une action dépourvue d’attraits spectaculaires mais efficace et continue, la quasi-totalité des 78 représentants des populations qui la composent, répartis en trois groupes politiques – démocrates chrétiens, libéraux, socialistes – ont, avec l’aide compréhensive de la Haute Autorité, mis en lumière le caractère pacifique du Plan Schuman, écarté les risques de technocratie, veillé au respect des intérêts légitimes des pays tiers et à l’établissement de liens toujours plus étroits avec eux,
orienté les institutions de la C.E.C.A. vers une collaboration féconde tant entre elles qu’avec celles des nations membres, lutté, enfin, pour l’amélioration progressive des conditions de vie et de travail de la main-d’œuvre des industries du charbon et de l’acier, c’est-à-dire pour le triomphe des valeurs permanentes de la civilisation occidentale en mettant la Communauté au service de l’homme.5
Oltre al già citato Delbos, tra i fondatori del gruppo liberale figuravano personaggi di rilievo della politica e della diplomazia dell’epoca quali Alberto Giovannini,6 che, dopo una significativa militanza all’interno del Partito repubblicano italiano (Pri), aderì al Partito liberale italiano (Pli), divenendone, nel 1922, segretario; il transalpino Paul Reynaud,7 appartenente al Centre nationale des indépendants et paysans (Cnip) e già presidente, nel 1940, del Conseil français; Roger Motz,8 dal 1945 al 1953, tra l’altro, presidente del Parti libéral (Pl) belga; il lussemburghese Eugène Schaus,9 esponente del Demokratesch partei (Dp) e futuro ministro degli Affari Esteri dal 1959 al 1964, e, non da ultimo, Roger de Saivre,10 dal 1951 militante nell’Union des nationaux indépendants et républicains (Unir). Completavano la lista dei primi rappresentanti Martin Blank,11 président, nel 1956, de la Commission de la comptabilité et de l’administration de la Communauté et de l’Assemblée commune, Georges Jean Laffargue,12 nel 1952 secrétaire d’État au budget et à la réforme fiscale e artefice, in tale veste, della determinazione del salario interprofessionale minimo garantito; Jean Maroger,13 esponente del Groupe des républicains indépendants (Ri); Hans-Joachim von Merkatz,14 membro, nel secondo dopoguerra, del Deutsche partei (Dp), e Victor-Emmanuel Preusker,15 nel 1953, vicepresidente de la Commission du marché commun.16 La platea degli appartenenti al gruppo dei Libéraux et apparentés era, dunque, ampia e comprendeva personalità di nazionalità diverse: ciò rendeva complessa la sua stessa compattezza. Una delle difficoltà iniziali fu, dunque, quella di armonizzare, per quanto possibile, prospettive ideologiche che se, sul piano formale, potevano definirsi liberali, su quello contenutistico presentavano considerevoli differenze anche perché figlie di eterogenee realtà politiche.
In Francia, secondo quando sostenuto da Alexis Massart, il liberalismo rappresentò una costante politica ed economica sempre presente nella storia del paese,17 anche quando, durante la Terza Repubblica e, in particolare tra il 1902 e il 1914, le Parti radical (Pr) raggiunse la fase della sua massima espansione e l’ala di sinistra dei Libéraux confluì nelle sue fila, arricchendolo di nuove idee e convinzioni;18 nel corso del secondo dopoguerra, si orientò poi verso connotazioni maggiormente vicine alla destra, assumendo così una configurazione più conservatrice.19
In Gran Bretagna, già all’indomani del primo Novecento, esistevano declinazioni diverse dell’aggettivo liberale, con la presenza di modelli che dal classic liberal passavano al suo opposto, il left-wing liberal. La sconfitta di Winston Churchill, nel 1945, e l’affermazione dei laburisti e del loro progetto legato alle nazionalizzazioni e all’introduzione del Welfare State, determinarono un mutamento del clima culturale e politico atto a favorire lo sviluppo di una dialettica costante tra i modelli citati.20
Nella Repubblica federale tedesca, nel secondo dopoguerra, il liberalismo politico fu determinante: il Freie demokratische partei (Fdp), sorto nel dicembre del 1948 ed erede degli storici partiti liberali del passato, già nel ’49 salì al potere in una coalizione con il Christlich demokratische union Deutschlands (Cdu) e il Dp, sotto la direzione di Konrad Adenauer. Nel 1957, grazie alla guida del giornalista Karl-Hermann Flach, il Fdp elaborò il Programm von Berlin21 ponendosi come terza forza del paese accanto all’Union Cdu-Csu, formata appunto dai cattolici tedeschi assieme al Christlich-soziale union in Bayern (Csu), e al Sozialdemokratische partei Deutschlands (Spd).
Battuti nelle elezioni nel 1965, i liberali tedeschi rappresentarono, sino al 1969, la prima grande forza di opposizione del paese; nel 1971, il già citato programma di Berlino venne attualizzato con le Freiburger Thesen con le quali, secondo l’opinione del politologo Alfred Grosser: «Le libéralisme […] ne se veut plus seulement démocratique. Il s’affirme comme social».22
Nel 1982, il Fdp rientrò nuovamente nel gioco delle alleanze governative, presentandosi non soltanto come un partito garante della stabilità del paese, ma anche quale forza riformista soprattutto nel campo del sociale. Dunque, nell’accettare dialoghi costruttivi con altre realtà politiche, rappresentò «un pivot (presque) incontournable de coalitions de gauche puis de droite (1949–1998)»23 e, anche se in parte alterò la sua originaria configurazione, riuscì costantemente a partecipare al dibattito politico-istituzionale nazionale.24
Secondo l’intrepretazione di Benedetto Croce, in Italia, la dittatura di Mussolini rappresentò una parentesi nella storia del paese;25 in tale prospettiva, il liberalismo politico italiano, nel secondo dopoguerra, potè rivendicare la sua grande tradizione culturale, che imponeva una rinascita morale oltrechè istituzionale. Il Pli, infatti, sorto nel 1922 ed erede della tradizione moderata risorgimentale, nonostante assunse una prospettiva maggiormente conservatrice rispetto ad altri partiti liberali europei, ritenne che la restaurazione del regime democratico necessitasse di un rafforzamento istituzionale in una prospettiva sovranazionale europeista e federalista, così come auspicata, secondo il parere di Valerio Zanone, da Giovanni Malagodi, che del Pli fu segretario nazionale dal 1954 al 1972: «L’europeismo è un filo continuo che percorre il pensiero di Malagodi […]. L’Europa unita era per Malagodi il primo obiettivo dell’internazionalismo liberale».26 Uno dei maggiori problemi che gli esponenti del liberalismo italiano dovettero affrontare nel secono dopoguerra, tuttavia, fu quello di preservare la loro identità;27 ancora consapevoli dell’attualità del programma risorgimentale, i rappresentanti del Pli cercarono di ripristinare valori propri allo Stato liberale prefascista anche al fine di evitare, come ha evidenziato Gerardo Nicolosi, che «sin dalla liberazione di Roma […] la liquidazione del fascismo potesse favorire una incontrollata ondata di terrore giacobino e di giustizia sommaria».28
Nei Paesi Bassi, il Volkspartij voor vrijheid en democratie (Vvd), fondato nel 1948 con una matrice chiaramente conservatrice, partito, tra l’altro, al quale appartenne Cornelis Berkhouwer, che fu, come vedremo, non solo presidente del gruppo liberale ma anche del Parlamento europeo, nel 1971 registrò la fuoriuscita di molti suoi rappresentanti di tendenze più progressiste che aderirono al Democraten 66 (D66), fondato nel 1966 e più sensibile alle istanze del liberalismo sociale.29
In Belgio, il Parti libéral, fondato nel 1846 con tendenze palesemente anticlericali e con un indirizzo politico favorevole ai ceti meno abbienti, rappresentò nel panorama partitico belga, almeno sino agli anni Venti del XX secolo, la forza di sinistra in netta opposizione ai partiti di ispirazione cristiana. Con l’affermarsi, nel paese, del socialismo e con la nascita nel 1945 del Parti socialiste, il Parti libéral si orientò verso posizioni più conservatrici sino alla sua dissoluzione avvenuta nel 1961. Sempre nel 1961, sorse un nuovo soggetto liberale, il Parti de la liberté et du progrès (Plp) su posizioni politiche moderate. Nel 1972, anche a causa delle divergenze tra i gruppi etnici rappresentati dal partito, il Plp si scisse in due distinte formazioni: il Parti de la liberté et du progrès, che operò nella regione della Vallonia e che poi confluì nel 1979 nel Parti réformateur libéral (Prl), e il Partij voor vrijheid en vooruitgang (Pvv), operante nelle Fiandre, il quale, nel 1992, diede vita agli Open vlaamse liberalen en democraten (Open Vld). Nella comunità germanofona era stato fondato, invece, già nel 1961, il Partei für freiheit und fortschritt (Pff) caratterizzato da un liberalismo moderato.30
In Lussemburgo, forza di riferimento per il mondo liberale fu il già citato Demokratesch partei fondato nel 1955, che, collocato su posizioni di centro-destra, sostenne un moderato liberismo economico con una forte enfasi sulle libertà civili, i diritti umani e l’internazionalismo.31
Se, dunque, appariva innegabile, in ambito comunitario, il tentativo di pervenire a una armonica sintesi tra le prospettive partitiche liberali, le stesse differenze interpretative del liberalismo politico risultavano abbastanza notevoli. Come ha, del resto, sottolineato Yankhoba Seydi, riferendosi al liberalismo politico europeo:
[…] le libéralisme s’est répandu et est devenu, sous sa forme démocratique, l’idéologie ou la méthode de référence de ce qui est appelé le monde occidental, où encore les démocraties occidentales […]. Le monde occidental a sans nul doute fondé et consolidé sa suprématie politico-économique sur ce système qui fait de la liberté, sourtout individuelle, sa raison d’être au détriment de tout système dit oppressif.32
L’impegno liberale, dunque, nella cronologia della storia dell’integrazione europea, al di là delle sue diverse declinazioni, maggiormente conservatrici o progressiste, fu anche quello di dimostrare di possedere una non semplice capacità di rinnovamento, al fine di adattarsi ai contesti più svariati: «Riche de son histoire, le libéralisme n’a cessé de s’adapter, de se transformer pour rencontrer les préoccupations de son époque».33
I liberali, insieme ai democratici-cristiani, guidati dal popolare cattolico olandese Emmanuel M.J.A. Sassen,34 e ai socialisti, che designarono come loro presidente Guy Mollet35 per il suo costante impegno a favore dell’integrazione, furono dunque i primi a costituire un gruppo politico all’interno dell’Assemblea della Ceca.36 Come vedremo, se il requisito numerico, in conseguenza dei diversi allargamenti della Comunità economica europea, divenne oggetto di pacifiche modifiche nel corso del tempo, il tema delle affinità politiche risultò oggetto di complessi dibattiti nella definizione dei gruppi del futuro Parlamento europeo.37
Già nel 1956, il ricordato Giuseppe Pella ebbe modo di elogiare la stessa attività dei gruppi in seno all’Assemblea al fine di evitare i pericolosi rischi della tecnocrazia e di salvaguardare i valori fondanti la civiltà occidentale.38
In tale contesto, i gruppi divenivano l’elemento essenziale per l’organizzazione delle attività assembleari; in particolare, in una nota liberale del 1975 veniva precisato, che, proprio i gruppi «se sont formés très rapidement, pour devenir des éléments essentiels de l’organisation des activités du Parlement européen, ce qu’il sont d’ailleurs toujours à l’heure actuelle».39
Mentre la proposta di riconoscere i gruppi fu approvata il 16 giugno 1953 dall’Assemblea senza discussioni, alcuni dissensi sorsero in merito a quella relativa all’assegnazione dei finanziamenti. Il belga Paul Struye,40 come anche il protestante olandese Willem Rip,41 si dichiararono contrari poiché, a loro avviso, avrebbe determinato un utilizzo improprio dei fondi della Comunità;42 ciononostante la maggioranza dell’Assemblea si mostrò favorevole e, a ogni gruppo, venne assegnata la somma di 500.000 franchi belgi e una erogazione variabile di 10.000 franchi per rappresentante. Nel 1954, il gollista Michel Debré presentò un emendamento che richiedeva la riduzione del 50 % del contributo previsto: l’emendamento venne però respinto.43
Nel 1956, il francese René Pleven,44 appartenente all’Union démocratique et socialiste de la Résistance (Udsr), fece il suo ingresso nel gruppo dei Libéraux et apparentés e, il 26 novembre dello stesso anno, venne designato all’unanimità come nuovo presidente al posto di Yvon Delbos deceduto il 15 novembre sempre del ’56.45
Dal 1953 al 1958, il numero dei Libéraux et apparentés registrò una consistente crescita, grazie appunto alla natura eterogenea del gruppo stesso, nel quale continuarono a confluire sia esponenti dei partiti liberali dei vari paesi, sia rappresentanti di forze politiche che, non trovando una loro precisa collocazione in ambito comunitario, si riconoscevano nella galassia liberale.
Per l’Italia, ad esempio, entrarono i liberali Giovanni Malagodi (maggio 1954-maggio 1956), Gaetano Martino (novembre 1957-marzo 1958), come pure i monarchici Stefano Perrier (maggio 1954-maggio 1956), Vincenzo Selvaggi (maggio 1954-maggio 1956) e Attilio Terragni (maggio 1954-luglio 1955).46 La presenza di questi ultimi, in sede Ceca, suscitò, soprattutto in Italia, rilevanti perplessità;47 d’altra parte, un segmento dell’opinione pubblica, considerò questa presenza come un rafforzamento, nel consesso europeo, della voce italiana.48
Nel 1958, i Libéraux et apparentès contavano 34 rappresentanti e, dunque, risultavano di poco inferiori rispetto al gruppo socialista fermo a 38 aderenti.49 Nel 1959, il gruppo guidato da Pleven divenne così la seconda forza all’interno dell’Assemblea comune, superando quello socialista sino al 1963, grazie anche alla presenza di un gran numero di membri indipendenti; la stessa partecipazione di alcuni rappresentanti del Movimento sociale italiano (Msi) contribuì a conferirgli un aspetto sempre più multiforme e un alto grado di eclettismo.50
Indubbiamente, come del resto accadde agli altri raggruppamenti, i Libéraux et apparentés ebbero inizialmente difficoltà nell’affrontare, con una coesione programmatica, le problematiche inerenti alla costruzione dell’Europa. Nonostante l’aiuto ricevuto dalla già ricordata Liberal International,51 e dal Mouvement libéral pour l’Europe unie, fondato nel 1950,52 il gruppo liberale dovette impegnarsi molto per concepire una politica unitaria che andasse oltre l’enunciazione di principi generali.
Con i Trattati di Roma del 1957, che istituivano la Comunità economica europea (Cee) e la Comunità europea dell’energia atomica (Euratom), nasceva l’Assemblea delle Comunità europee che, dal 1962, assunse definitivamente il nome di Parlamento europeo; quando i gollisti, nel 1965, riuscirono a formare un gruppo proprio denominato Union démocratique européenne (Ude), i Libéraux et apparentés scesero, di nuovo, in terza posizione, nonostante l’ingresso, nelle loro fila, dei liberali inglesi e danesi.53
Nel 1969, il già ricordato Berkhouwer54 divenne presidente del gruppo e mantenne tale incarico sino al 1973, quando fu eletto al vertice del Parlamento europeo: il repubblicano indipendente Jean Durieux55 prese il suo posto alla guida dei Libéraux et apparentés. Nel 1976, il nome cambiò in Groupe libéral et démocratique (Ld), in corrispondenza con la creazione della Federazione dei partiti liberali e democratici europei.56
I quattro presidenti che si susseguirono dal 1953 al 1978, sebbene provenienti da culture e tradizioni diverse, come pure da differenti configurazioni partitiche, condivisero lo spirito del liberalismo e concordarono sulla necessità della sua diffusione come unica arma contro il pericolo di attentati ai valori democratici delle istituzioni nazionali e comunitarie. Molto significative, al riguardo, le parole espresse dal presidente del gruppo Durieux nel luglio del 1974, nella sua comunicazione, Le libéralisme dans les Communautés européennes, tenuta dinnanzi al Parlamento europeo. Tra l’altro, egli affermava: «Le libéralisme n’est pas tellement une philosophie politique, c’est plutôt un mode de vie politique. Il est suffisamment souple pour s’adapter aux différents modelés de société existant au niveau national et pur se montrer à la hauteur de l’évolution de notre temps. Il repose sur le respect de l’individu et sur un certain sens des réalités».57 L’attività del gruppo fu plasmata e modellata dai suoi presidenti, che seppero realizzare, sia pur a volte con difficoltà, un’armonica sintesi delle diverse sensibilità presenti al suo interno. Linea guida di questa ricerca, basata prevalentemente su fonti archivistiche inedite (desidero sentitamente ringraziare, al riguardo, per la disponibilità e la collaborazione, il dottor Andrea Becherucci, archivista presso gli Historical Archives of the European Union di Firenze) risiede nella ricostruzione dei vari modelli di liberalismo attraverso i quali Delbos, Pleven, Berkhouwer e Durieux interpretarono la loro avventura europeistica e come tali principi influenzarono la loro attività e quella del gruppo in ambito comunitario, alla luce dei mutamenti e delle trasformazioni avvenute in quasi un quarto di secolo.58
Details
- Pages
- 236
- Publication Year
- 2024
- ISBN (PDF)
- 9782875745811
- ISBN (ePUB)
- 9782875745842
- ISBN (Softcover)
- 9782875745781
- DOI
- 10.3726/b22117
- Language
- Italian
- Publication date
- 2024 (October)
- Keywords
- Integrazione politica europea integrazione militare europea liberalismo europeo Yvon Delbos René Pleven Cornelis Berkhouwer Jean Durieux
- Published
- Bruxelles, Berlin, Chennai, Lausanne, New York, Oxford, 2024. 236 p.
- Product Safety
- Peter Lang Group AG