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Analogie e incognite

La matematica come forma di conoscenza in Paul Valéry, Robert Musil, Hermann Broch, Virginia Woolf

by Rachele Cinerari (Author)
©2025 Monographs XII, 176 Pages
Series: Raccordi, Volume 5

Summary

Questo libro indaga la letteratura come percorso epistemico connesso ma autonomo rispetto a quello filosofico e scientifico. Quali sono le ragioni per cui certi testi del primo Novecento stabiliscono un dialogo stretto con il pensiero scientifico-matematico? In che modo la matematica è stata assorbita e reinterpretata come forma di sapere in opere di Paul Valéry, Robert Musil, Hermann Broch, Virginia Woolf?
L’analisi non rintraccia applicazioni di teoremi matematici all’interno dei testi presi in esame, ma piuttosto una metaforizzazione del pensiero matematico all’interno di essi, osservando come il discorso matematico subentri nei testi non soltanto come tema, come figura, ma attraverso un procedimento di trasfigurazione.

Table Of Contents

  • Pagina di copertina
  • Pagina mezzititolo
  • Pagina del titolo
  • Pagina del diritto d'autore
  • Indice
  • Legenda
  • Nota dell’autrice e ringraziamenti
  • Introduzione
  • 1 Alcuni spunti per un’idea di letteratura come modalità conoscitiva
  • 1.1 Indizi, dettagli, analogie: la conoscenza letteraria
  • 1.2 Composizione dell’opera come momento conoscitivo
  • 1.3 Fruizione dell’opera come momento conoscitivo
  • 2 Il primo Novecento tra letteratura e matematica
  • 2.1 La minaccia della tecnica. Una letteratura in crisi, una letteratura in ricerca
  • 2.2 Perché la matematica?
  • 3 Paul Valéry, matematica e relazioni
  • 3.1 Il problema del linguaggio e i N + S (Nombres plus Subtils)
  • 3.2 Système de Moi
  • 3.3 Poetica e morfologia
  • 3.4 La crise de la science nel Cours de Poétique
  • 4 Robert Musil e le qualità possibili
  • 4.1 La conoscenza del poeta
  • 4.2 «Aus Anders ein mathematiker machen»
  • 4.3 La matematica in Der Mann ohne Eigenschaften
  • 4.4 Problemi di forma: l’Essayismus
  • 5 Hermann Broch e la forma dell’incognita
  • 5.1 Neue Erkenntnis kann nur durch eine neue Forme geschöpft werden»
  • 5.2 La variabile conoscitiva in Die unbekannte Größe
  • 6 Virginia Woolf: matematica come esplorazione di un altro mondo
  • 6.1 «To study mathematics – to know about the stars»
  • 6.2 Conoscere nel simbolo
  • 7 Una sorta di conclusione. Riflessioni teoriche, metodologiche, critiche
  • Bibliografia

Legenda

Si è scelto, ove possibile, di citare i testi sempre nella loro versione originale nelle edizioni indicate nella legenda che segue, e presentare le traduzioni in italiano in nota. Dove non indicato altrimenti, la traduzione è mia.

Ognuna delle sigle indicate è seguita, nella nota a piè di pagina, dal numero del volume e dal numero della pagina. L’unica eccezione è rappresentata dall’edizione dei Cahiers di Paul Valéry curata dal C.N.R.S, per la quale il numero del volume è indicato in cifra romana.

Testi di Paul Valéry:

Oe: Valéry, Paul, OEuvres, éd. Michel Jarrety Paris, 3 voll., Le livre de Poche, 2016.1

C: Valéry, Paul, Cahiers, 29 voll., Éditions du C.N.R.S, Paris, 1957–1961.

Cahiers: Valéry, Paul, Cahiers, 2 voll., éd. Judith Robinson, Paris, Gallimard, Bibliothèque de la Pléiade, 1973–1974.

Testi di Robert Musil:

GW: Musil, Robert, Gesammelte Werke, 9 voll., Rowohlt, Reinbek. 1981.

GA: Musil, Robert, Gesamtausgabe, Jung und Jung, Salzburg und Wien, 12 voll., 2016–2019.2

Testi di Hermann Broch:

KW: Broch, Hermann Kommentierte Ausgabe, 9 voll., Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1994.

GW: Broch, Hermann, Gesammelte Werke, 10 voll., Rhein Verlag, Zürich, 1953–1961.

Testi di Virginia Woolf:

ND: Woolf, Virginia, Night and Day, Oxford University Press, New York, 2000.

D: Woolf, Virginia, The Diary of Virginia Woolf, ed. Anne Olivier Bell, Hogarth, London, 1977–1981.

Nota dell’autrice e ringraziamenti

Questo libro è il risultato della mia ricerca dottorale e deriva, con alcune modifiche3, dalla mia tesi di dottorato; contiene dunque tutti i vizi, le imperfezioni e probabilmente gli errori tipici di una ricerca di questo tipo.

Più della metà del mio percorso dottorale è stata condizionata, fin dai suoi esordi, dalle conseguenze della pandemia da Covid-19, che l’hanno resa più complessa e ardua di quanto potessi immaginare e l’hanno modificata nelle intenzioni e negli sviluppi. Nella situazione generale di isolamento e crisi, sociale, culturale, politica, di quel periodo sembra quasi sciocco (ri)pensare che per due anni questo percorso di ricerca è stato segnato da biblioteche e archivi chiusi o con orari ridotti, missioni e convegni annullati. Voglio esprimere gratitudine a tutte le persone che mi hanno prestato i loro libri, hanno controllato citazioni in biblioteche sparse in giro per il mondo, mi hanno aiutato con le pratiche burocratiche, permettendomi di procedere con la ricerca.

Ringrazio Bernhard Huss, Irene Fantappiè e Sabine Greiner per avermi accolto alla Freie Universität e avermi concesso tutto ciò di cui necessita chi fa ricerca: biblioteche, spazio, tempo, confronto. Ringrazio il mio supervisore Stefano Brugnolo, il quale – pur mettendomi in guardia rispetto alla complessità del progetto di ricerca scelto e aiutandomi a rimodularlo – mi ha lasciato totale libertà e la possibilità di scegliere un percorso personale e quindi, potenzialmente, di sbagliare.

Questo lavoro deve molto all’esempio professionale e umano e agli studi di Rachele Borghi, Paolo Bugliani, Mimmo Cangiano, Paola Del Zoppo, Roberto Gilodi, Carlo Ginzburg, Serena Grazzini, Danilo Manca, Jürgen Schmidt-Radefeldt, Chiara Sandrin, Antonietta Sanna, Benedetta Zaccarello e ai consigli di Valentina Sturli, mia attuale tutor all’Università di Chieti.

Questo lavoro deve moltissimo a Francesca Bianchi, Giulio Milone, Gabriele Ubrick Munafò, Luca Pinelli, Giovanni Pontolillo, Francesca Sebastian Puopolo, Chiara Sacchetti, e a tutte le colleghe e i colleghi con i quali e le quali ho avuto il privilegio di discutere di temi e problemi anche distanti da quelli da cui mi occupo, ma che soprattutto mi hanno dimostrato che lo spazio della ricerca può talvolta anche essere luogo di collettività e collaborazione.

Ringrazio anche tutte le autrici e gli autori con cui ho lavorato come editor in questi anni, che hanno rivoluzionato il mio modo di concepire la ricerca e la scrittura.

Per fare ricerca sono necessari una buona bibliografia e tanto studio, ma mai come in questi anni mi sono resa conto di quanto sia fondamentale avere e costruire reti e comunità di cura. Sono grata a tutte le persone che in questi anni mi sono state a fianco, mi hanno tenuto per mano anche a distanza, hanno cucinato un pasto quando non ne ho avuto le forze, mi hanno lasciato dormire nei loro letti o sui loro divani accogliendomi in casa loro come una sorella, mi hanno aiutata a chiedere aiuto, mi hanno costretto a fare una passeggiata quando da troppe ore ero seduta alla scrivania, hanno letto i miei testi con occhio attento e critico. Sono grata a chi mi è stato a fianco con pazienza. Sono grata alla mia psicoterapeuta, alle amiche, sorelle, compagne, ai miei amori, ai miei genitori, a mio fratello e alle mie sorelle.

Non vi nomino singolarmente, perché altre sono le sedi e le modalità per esprimervi la mia gratitudine e il mio amore, ma senza di voi niente sarebbe stato possibile e sono grata di potervi pensare al plurale.

Introduzione

I primi anni del Novecento si muovono nell’inquietudine. Non è più il fervore dei cenacoli e delle teorie, è vera inquietudine. Qui e là per l’Europa alcuni uomini avvertono nella felice compagine del mondo gli indizi della frattura, sentono, pur senza rendersene pienamente conto, nelle vibrazioni della loro sensibilità, l’eco dei primi crolli sotterranei. Quell’angoscia che dalla seconda metà dell’Ottocento era apparsa nelle parole e nella rivolta di qualche poeta, tende a diventare atmosfera comune. E c’è un fatto che rende più acuto questo confuso sentimento di instabilità, un fatto che quegli spiriti ancora illusi dai programmi della scienza e dalla felicità fecondata dal progresso, non possono afferrare, il fatto della profonda divisione che la civiltà moderna ha scavato tra l’uomo sociale e le sue nuove conquiste. E questo fatto è fondamentale per comprendere tutti gli scarti e tutti gli urti che, Spesso apparentemente assurdi, hanno una netta giustificazione nella durissima vicenda della storia. L’uomo col suo carico di sentimenti è rimasto indietro, la civiltà della tecnica l’ha abbandonato dopo avergli camminato al fianco per tanto tempo.4

È noto che il panorama critico-letterario primonovecentesco europeo appare segnato dalla categoria dell’insufficienza: della parola, della forma letteraria, delle capacità del soggetto conoscente, un periodo in cui tutte le impalcature cominciano a scricchiolare5. L’individuo è una monade che si scontra con una realtà disorientante. La Sprachskepsis che caratterizza il periodo della Finis Austriae, descritta dal Lord Chandos6 di Hofmannsthal, e le sperimentazioni della narrativa modernista sono solo due esempi che testimoniano come in tutta Europa si cominci a riflettere su una parola che non è più un elemento statuario e salvifico, ma è anzi precaria e inadeguata a esprimere una realtà estremamente sconnessa e magmatica. Per tutto il Novecento il linguaggio e la possibilità stessa della narrazione verranno messi sotto accusa, e il lavoro di molte e molti intellettuali sarà volto a fondare nuovi linguaggi e nuove forme letterarie, nuovi percorsi conoscitivi, problematizzando costantemente sistematicità e rigore metodico.

«L’uomo moderno è pervaso dalla disincantata consapevolezza di aver perduto i saldi punti di riferimento a cui si aggrappava la sua identità in altri tempi, di aver smarrito le categorie “forti” a cui si legavano le possibilità dell’agire e del comprendere, e si trova naufrago e scacciato dal paradiso della sicurezza».7 L’incontro e lo scontro tra uomo e tecnica, tra riflessione e tecnicismo è al centro dei dibattiti culturali dell’epoca, il prevalere de «l’interiorità sulla vita esteriore, l’artificio – come espressione della capacità manipolatrice dello spirito – sulla natura, meccanica e ripetitiva».8

I romanzi scritti a cavallo tra Ottocento e Novecento rappresentano una vera e propria costellazione che affronta un rito di passaggio collettivo.9 Possiamo facilmente notare le differenze che le opere narrative di questo periodo portano con sé rispetto a quelle del loro, anche più prossimo, passato. Autori e autrici come Virginia Woolf, Rainer Maria Rilke, Arthur Schnitzler, scrivono romanzi in cui è evidente la centralità del trauma che manda in frantumi la presunta unità dell’Io; in una narrazione che procede per svolte, anziché per sviluppi, c’è un tentativo esplicito di subordinare la sequenza narrativa alla discontinuità lirica.10 Il crollo della falsa apparenza di unità e di realtà favorisce una sempre maggiore soggettivazione della narrazione11, che accoglie in sé la frammentazione del soggetto.

Nulla più del romanzo rappresenta il mondo moderno, che è caratterizzato dal «disincanto», ovvero dalla perdita di quell’immanenza del senso nella vita che secondo Lukács era propria dell’epica, e dalla coscienza che l’uomo ha di sentirsi estraneo a questa stessa vita. E se la modernità, priva com’è di un fondamento che dia senso e unità, appare totalmente sconnessa, il romanzo nasce proprio da questa sconnessione e, secondo Lukács, la riproduce nella sua forma per comporla.12

L’opera nella contemporaneità nasce dilaniata, afflitta, «il soggetto non è più un io dominatore, è invece ciò che unisce precariamente gli estremi; la felicità dell’opera che si costruisce e che prende forma e la fragilità che contamina il soggetto che la compie, il mondo a cui essa è volta, l’opera stessa che di questa fragilità è il frutto estremo […]. Siamo condannati a vivere nel tempo e “il tempo è uno dei tanti nomi della morte”. […] L’arte vera è inconciliata e inconciliabile. Non sana le fratture, non sutura ferite e crepe, non sublima nemmeno i materiali che essa trascina con sé»13, quel cascame di rottami, di rifiuti, di mauvaises pensées.

Di fronte alla presa di coscienza delle problematiche nate all’inizio del secolo è necessario ricorrere a un tipo di narrazione e trattazione che non tenta di rimuovere le lacerazioni ma anzi in esse cerca il senso della sua stessa esistenza; l’arte del Novecento è inconciliabile. Col passare dei decenni l’opera narrativa incarna in modo sempre la frammentarietà e la fallibilità, presentando spazi e tempi dilatati; richiamando alla necessità per chi ne fruisce di abitarvi dentro, cercando di indagarne e svelarne i significati.14

Tutto questo è stato osservato a lungo come fenomeno prevalentemente negativo e distruttivo per la letteratura, riassunto nel termine “crisi”, ma rappresenta anche un momento estremamente produttivo; la trasformazione e la contaminazione entrano a far parte della forma letteraria e ne diventano fondamenta. La problematizzazione dell’oggettività non corrisponde a una distruzione artistica, a una decadenza, ma «reintegra l’arte nei suoi diritti, la innalza alla verità non-oggettiva»15. Possiamo comunque affermare che tutto questo non nasce all’inizio del Novecento, se ricordiamo per esempio che: «Nella sua prefazione alla Fenomenologia dello spirito del 1807 Hegel annuncia l’instabilità e la precarietà dei tempi non senza l’ottimismo di chi riconosce nella dinamica storica la grande occasione del rinnovamento».16

Details

Pages
XII, 176
Publication Year
2025
ISBN (PDF)
9783034351683
ISBN (ePUB)
9783034351690
ISBN (Softcover)
9783034351676
DOI
10.3726/b22692
Language
Italian
Publication date
2025 (November)
Keywords
pensiero scientifico-matematico Paul Valéry, Robert Musil, Hermann Broch, Virginia Woolf metaforizzazione del pensiero matematico trasfigurazione
Published
Bruxelles, Berlin, Chennai, Lausanne, New York, Oxford, 2025. xii, 176 p., 2 ill. b/n.
Product Safety
Peter Lang Group AG

Biographical notes

Rachele Cinerari (Author)

Rachele Cinerari è assegnista di ricerca post-doc in Critica Letteraria e Letterature Comparate presso l’Università di Chieti-Pescara. I suoi interessi di ricerca includono la teoria della letteratura di ambito tedesco e francese, la letteratura come forma di conoscenza, le scritture saggistiche, l'ermeneutica, l’uso del frammento nella letteratura.

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