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Arte tra idolo e icona: la fragile bellezza delle religioni

Ebraismo, cristianesimo, islam

by Enrico Riparelli (Author)
©2025 Monographs 494 Pages

Summary

Il volume è indirizzato all’esplorazione dei principali lineamenti assunti da ebraismo, cristianesimo e islam nel campo artistico, scaturiti da una costante dialettica tra le norme ufficiali e le loro traduzioni pratiche. Un processo storico così affascinante ma complesso può essere compreso solo se osservato alla luce dei dinamismi maturati in ambito relazionale. Si presta perciò grande attenzione alle circostanze legate alle relazioni con l’«altro», sia esterno che interno. Un particolare rilievo è inoltre riservato alle modalità con cui, l’incontro tra la categoria teologica di «idolatria» e il vasto campo d’azione dei processi artistici, ha contribuito a imprimere una direzione originale alle pratiche estetiche dei tre monoteismi. A fondamento della presente ricerca, sviluppata secondo una metodologia interdisciplinare, c’è la convinzione che la mutua conoscenza e stima tra le religioni sia arricchita, oltre che dal dialogo teologico e della vita, anche da un dialogo estetico.

Table Of Contents

  • Copertina
  • Pagina del titolo
  • Pagina del copyright
  • Dedizione
  • Indice del volume
  • Introduzione
  • L’ambivalente parentela dei monoteismi «abramitici»
  • La lotta anti-idolatrica
  • Un dialogo estetico
  • Struttura, finalità e metodo del volume
  • Parte prima
  • Ebraismo e arte: «Non ti farai idolo né immagine alcuna»
  • 1. Cosa si intende per «arte ebraica»?
  • 2. I fondamenti teologici
  • Condanna dell’idolatria e comandamento aniconico
  • La nascita della categoria di «idolo»
  • Il Secondo comandamento
  • Sulle ragioni dell’aniconismo
  • Ulteriori precisazioni circa l’aniconismo
  • 3. Archeologia vs. mito dell’aniconismo
  • 4. Dubbi, realizzazioni, interscambi
  • A confronto con il «culto straniero»
  • L’epoca antica
  • L’epoca medievale
  • La «glorificazione del comandamento»
  • 5. Significativi sviluppi dall’età moderna a oggi
  • Il Rinascimento ebraico
  • Nuove sfide e orizzonti inediti tra Seicento e Settecento
  • L’Ottocento: una cruciale transizione estetica
  • Dal Novecento a oggi: la diffusione planetaria di una varietà di stili
  • 6. Temi contemporanei
  • Come rappresentare Dio?
  • L’arte della mistica
  • Dare forma all’irrappresentabile: arte e Shoah
  • Marc Chagall e il dialogo interreligioso
  • Parte seconda
  • Cristianesimo e arte: «Dio è stato visto mediante la carne»
  • 1. Cosa si intende per «arte cristiana»?
  • 2. Prima degli inizi: aniconismo e opposizione agli idoli
  • L’aniconismo delle origini
  • Distinguere l’eidolon dall’eikon
  • La condanna degli idoli e i sospetti dei primi teologi
  • 3. Nascita e sviluppo dell’arte cristiana
  • I primi, discreti passi
  • Accese discussioni e moltiplicazione delle immagini di culto
  • 4. Le lotte iconoclaste in Oriente
  • I prodromi del dibattito
  • La prima fase del conflitto
  • Le polemiche contro ebrei e musulmani
  • La seconda fase del conflitto
  • 5. I dubbi e l’evoluzione dell’immagine sacra in Occidente
  • Dalla caduta dell’Impero d’Occidente all’XI secolo
  • Il ritorno della statuaria
  • La Sinagoga quale anti-immagine della Chiesa
  • «Paien unt tort e chrestïens unt dreit»
  • La nascita dello stile gotico
  • Alla ricerca di una via intermedia tra idolatria e iconoclasmo
  • 6. Apogeo, declino e regolamentazione dell’immagine
  • L’immagine alla conquista del mondo terreno e celeste
  • Circoscrivere il divino in uno spazio umano
  • Tra smodate ambizioni e richieste di riforma
  • Il ritorno degli antichi dèi
  • L’incontro-scontro con il Nuovo Mondo
  • Il lacerante dibattito sull’immagine
  • Lutero e la libertà del cristiano
  • Calvino e l’identificazione tra immagine e idolo
  • L’addomesticamento degli idoli «famelici»
  • La regolamentazione cattolica di immagini e spazi sacri
  • L’arte trionfante e i segnali di crisi
  • L’ambivalenza del turco: aniconico ma idolatra
  • 7. Il Settecento: svuotamento dell’idolo ed esteticizzazione dell’immagine
  • La ritirata dell’idolatria
  • Il disorientamento dell’iconografia religiosa
  • «Tu coltiverai le belle arti; esse sono l’ornamento dello Stato»
  • La nascita dell’istituzione museale
  • 8. Dall’Ottocento ai giorni nostri: la profonda crisi dell’eikon
  • Il crescente divario tra «grande arte» e arte sacra
  • Tentativi di rinnovamento nel Novecento…
  • … e resistenze delle autorità ecclesiastiche
  • La purificazione dell’immaginario cattolico
  • Il dibattito tra «figurativi» e «astratti»: la fine dell’«icona»?
  • L’incontro con le culture e l’arte contemporanea
  • Parte terza
  • Islam e arte: «Dio è bello e ama la bellezza»
  • 1. Cosa si intende per «arte islamica»?
  • 2. I fondamenti teologici
  • L’idolatria nell’islam
  • L’opera artistica nella legge sacra e nelle sue interpretazioni
  • Il Corano
  • Gli hadith
  • Le interpretazioni giuridico-teologiche
  • 3. L’epoca formativa
  • Gli Omayyadi e il decisivo avvio di un’arte islamica
  • L’apertura internazionale degli Abbasidi
  • Controversie sulle immagini e questione dell’iconoclastia
  • 4. Una lunga successione dinastica
  • I Fatimidi
  • Le dinastie della penisola iberica
  • Gli sviluppi artistici nel mondo persiano
  • I Mamelucchi
  • I Moghul
  • Gli Ottomani
  • 5. I caratteri distintivi dell’estetica islamica
  • I due volti della bellezza
  • Vedere il mondo come lo vede Allah
  • Un simbolismo interiorizzato
  • Quale aniconismo?
  • Il profeta Maometto è rappresentabile?
  • 6. I principali generi artistici
  • La calligrafia: dare bella forma alla Parola di Dio (e non solo)
  • Il protagonismo dell’ornamento
  • La mediazione dell’arabesco
  • La mediazione della geometria
  • Una imponente profusione architettonica
  • La moschea
  • I mausolei
  • I palazzi
  • Gli influssi sull’architettura europea
  • La raffinata estetica degli oggetti
  • L’arte figurativa e il capovolgimento dei valori estetici
  • La nobile arte del libro
  • Le decorazioni musive
  • L’ingresso tardivo del ritratto
  • 7. L’islam moderno e contemporaneo
  • L’Ottocento: età delle grandi riforme
  • La tarda (ri)scoperta occidentale dell’arte islamica
  • Dal Novecento a oggi: una rivoluzione iconica e aniconica
  • Dal Picasso «musulmano» all’arte islamica astratta
  • Il recupero della tradizione
  • La nuova architettura e i monumenti celebrativi
  • L’arte nei paesi musulmani e nella galassia diasporica
  • L’Iran rivoluzionario
  • Il poliedrico mondo arabo
  • L’arte popolare dell’islam indiano
  • Le autorità religiose dinanzi al dilagare delle immagini
  • Conclusione
  • Bibliografia e sitografia
  • Bibliografia
  • 1. Ebraismo e arte
  • Fonti
  • Studi
  • Monografie, miscellanee, dizionari ed enciclopedie
  • Periodici
  • 2. Cristianesimo e arte
  • Fonti
  • Studi
  • Monografie, miscellanee, dizionari ed enciclopedie
  • Periodici
  • 3. Islam e arte
  • Fonti
  • Studi
  • Monografie, miscellanee, dizionari ed enciclopedie
  • Periodici
  • 4. Temi vari
  • Fonti
  • Studi
  • Monografie, miscellanee, dizionari ed enciclopedie
  • Periodici
  • Sitografia

Enrico Riparelli

Arte tra idolo e icona: La fragile bellezza delle religioni

Ebraismo, cristianesimo, islam

Berlin · Bruxelles · Chennai · Lausanne · New York · Oxford

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Cover image: Le Nomade, Antibes (France)

(c) Igor Markov / Alamy Foto Stock

ISBN 978-3-631-93567-5 (Print)

ISBN 978-3-631-93568-2 (E-PDF)

ISBN 978-3-631-93569-9 (E-PUB)

DOI 10.3726/b22766

Published by Peter Lang GmbH, Berlin (Germany)

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Dedicato a Francesco, Mattia, Gioele
alle vostre avventure
e ai vostri sogni

Indice del volume

Introduzione

L’ambivalente parentela dei monoteismi «abramitici»

La lotta anti-idolatrica

Un dialogo estetico

Struttura, finalità e metodo del volume

Parte prima

Ebraismo e arte: «Non ti farai idolo né immagine alcuna»

1. Cosa si intende per «arte ebraica»?

2. I fondamenti teologici

Condanna dell’idolatria e comandamento aniconico

La nascita della categoria di «idolo»

Il Secondo comandamento

Sulle ragioni dell’aniconismo

Ulteriori precisazioni circa l’aniconismo

3. Archeologia vs. mito dell’aniconismo

4. Dubbi, realizzazioni, interscambi

A confronto con il «culto straniero»

L’epoca antica

L’epoca medievale

La «glorificazione del comandamento»

5. Significativi sviluppi dall’età moderna a oggi

Il Rinascimento ebraico

Nuove sfide e orizzonti inediti tra Seicento e Settecento

L’Ottocento: una cruciale transizione estetica

Dal Novecento a oggi: la diffusione planetaria di una varietà di stili

6. Temi contemporanei

Come rappresentare Dio?

L’arte della mistica

Dare forma all’irrappresentabile: arte e Shoah

Marc Chagall e il dialogo interreligioso

Parte seconda

Cristianesimo e arte: «Dio è stato visto mediante la carne»

1. Cosa si intende per «arte cristiana»?

2. Prima degli inizi: aniconismo e opposizione agli idoli

L’aniconismo delle origini

Distinguere l’eidolon dall’eikon

La condanna degli idoli e i sospetti dei primi teologi

3. Nascita e sviluppo dell’arte cristiana

I primi, discreti passi

Accese discussioni e moltiplicazione delle immagini di culto

4. Le lotte iconoclaste in Oriente

I prodromi del dibattito

La prima fase del conflitto

Le polemiche contro ebrei e musulmani

La seconda fase del conflitto

5. I dubbi e l’evoluzione dell’immagine sacra in Occidente

Dalla caduta dell’Impero d’Occidente all’XI secolo

Il ritorno della statuaria

La Sinagoga quale anti-immagine della Chiesa

«Paien unt tort e chrestïens unt dreit»

La nascita dello stile gotico

Alla ricerca di una via intermedia tra idolatria e iconoclasmo

6. Apogeo, declino e regolamentazione dell’immagine

L’immagine alla conquista del mondo terreno e celeste

Circoscrivere il divino in uno spazio umano

Tra smodate ambizioni e richieste di riforma

Il ritorno degli antichi dèi

L’incontro-scontro con il Nuovo Mondo

Il lacerante dibattito sull’immagine

Lutero e la libertà del cristiano

Calvino e l’identificazione tra immagine e idolo

L’addomesticamento degli idoli «famelici»

La regolamentazione cattolica di immagini e spazi sacri

L’arte trionfante e i segnali di crisi

L’ambivalenza del turco: aniconico ma idolatra

7. Il Settecento: svuotamento dell’idolo ed esteticizzazione dell’immagine

La ritirata dell’idolatria

Il disorientamento dell’iconografia religiosa

«Tu coltiverai le belle arti; esse sono l’ornamento dello Stato»

La nascita dell’istituzione museale

8. Dall’Ottocento ai giorni nostri: la profonda crisi dell’eikon

Il crescente divario tra «grande arte» e arte sacra

Tentativi di rinnovamento nel Novecento…

… e resistenze delle autorità ecclesiastiche

La purificazione dell’immaginario cattolico

Il dibattito tra «figurativi» e «astratti»: la fine dell’«icona»?

L’incontro con le culture e l’arte contemporanea

Parte terza

Islam e arte: «Dio è bello e ama la bellezza»

1. Cosa si intende per «arte islamica»?

2. I fondamenti teologici

L’idolatria nell’islam

L’opera artistica nella legge sacra e nelle sue interpretazioni

Il Corano

Gli hadith

Le interpretazioni giuridico-teologiche

3. L’epoca formativa

Gli Omayyadi e il decisivo avvio di un’arte islamica

L’apertura internazionale degli Abbasidi

Controversie sulle immagini e questione dell’iconoclastia

4. Una lunga successione dinastica

I Fatimidi

Le dinastie della penisola iberica

Gli sviluppi artistici nel mondo persiano

I Mamelucchi

I Moghul

Gli Ottomani

5. I caratteri distintivi dell’estetica islamica

I due volti della bellezza

Vedere il mondo come lo vede Allah

Un simbolismo interiorizzato

Quale aniconismo?

Il profeta Maometto è rappresentabile?

6. I principali generi artistici

La calligrafia: dare bella forma alla Parola di Dio (e non solo)

Il protagonismo dell’ornamento

La mediazione dell’arabesco

La mediazione della geometria

Una imponente profusione architettonica

La moschea

I mausolei

I palazzi

Gli influssi sull’architettura europea

La raffinata estetica degli oggetti

L’arte figurativa e il capovolgimento dei valori estetici

La nobile arte del libro

Le decorazioni musive

L’ingresso tardivo del ritratto

7. L’islam moderno e contemporaneo

L’Ottocento: età delle grandi riforme

La tarda (ri)scoperta occidentale dell’arte islamica

Dal Novecento a oggi: una rivoluzione iconica e aniconica

Dal Picasso «musulmano» all’arte islamica astratta

Il recupero della tradizione

La nuova architettura e i monumenti celebrativi

L’arte nei paesi musulmani e nella galassia diasporica

L’Iran rivoluzionario

Il poliedrico mondo arabo

L’arte popolare dell’islam indiano

Le autorità religiose dinanzi al dilagare delle immagini

Conclusione

Bibliografia e sitografia

Bibliografia

Sitografia

Introduzione

If you really want to see something,
look at something else

HOWARD NEMEROV

Lo studio dei fenomeni religiosi è stato a lungo caratterizzato da una generale enfasi sulle modalità dottrinali, da cui la tendenza a trascurare la produzione materiale. Tale concentrazione sui sistemi di credenze, ha concorso a ridurre l’esperienza religiosa a un insieme di principi e regole astratti, oltre che immutabili, perdendo così di vista la storicità incarnata su cui si innesta ogni pratica sociale. Negli ultimi decenni, tuttavia, gli studiosi hanno manifestato un interesse crescente a riguardo delle relazioni tra religione e cultura materiale. Si è infatti raggiunta la consapevolezza che anche l’espressione non verbale del sacro è dotata dei valori di intelligenza creativa, di definizione di sé, di pedagogia della fede, di comunicazione tra gli aderenti e con l’ambiente esterno1. Appare, quindi, sempre più evidente come le tradizioni religiose interpretino e comunichino le proprie conquiste spirituali, oltre che sullo sfondo dei dogmi e delle Scritture canoniche, anche con l’ausilio di una pluralità di forme artistiche, grazie a cui le comunità rinsaldano la condivisione tanto dei principi quanto delle pratiche.

Lungi dal mostrare un rapporto omogeneo delle religioni con le arti in generale, e in special modo con le arti visive, l’esperienza storica testimonia come queste costituiscano da sempre un fattore di dibattito2. Nei loro confronti sono state espresse inclinazioni differenziate, mai corrispondenti a codici genetici immutabili, ma piuttosto contrassegnate da oscillazioni più o meno marcate nello spazio e nel tempo. Alcuni termini innestati sulla parola «icona» possono agevolare il tentativo di riassumere con formule sintetiche le principali attitudini. L’aniconicità indica l’assenza, in una cultura o religione, di immagini figurative, mentre l’iconicità segnala la loro presenza. L’iconofilia denota l’amore per le immagini, il che non implica né la venerazione (iconodulia) né tantomeno l’adorazione (iconolatria) o addirittura l’ossessione (iconomania) nei loro confronti. Sulla sponda delle attitudini negative, l’iconofobia indica l’opposizione, da non confondere, nella pratica, con l’atto di combatterle (iconomachia) o distruggerle (iconoclastia). Da ribadire che, in ogni caso, non emergono orientamenti connaturati e invariabili nel tempo. Ad esempio, una religione essenzialmente iconofila potrebbe attraversare una fase più o meno estesa di aniconicità o iconofobia, e viceversa.

Pur ammettendo la plausibilità della congettura secondo cui le religioni primordiali avrebbero manifestato preferenze aniconiche3, non è difficile accertare una tendenza spiccatamente iconofila in molte tradizioni, sia antiche che moderne. Diversamente, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam si sono contraddistinti, lungo la loro storia, per una non episodica riserva di sospetto nei confronti delle immagini, e in particolare di quelle religiose, a cui più di altre è stata addebitata una insidiosa ambivalenza. Quantunque le ragioni del potere loro attribuito siano in genere fondate sulla capacità di mobilitare la sfera del sacro, ciò le rende però anche vulnerabili alle critiche volte a contestare la positività di tali effetti o quantomeno a metterne in dubbio l’utilità.

La discussione in merito allo statuto delle immagini viene inoltre a rappresentare un importante «pomo della discordia» tra i monoteismi, essendo risolta da ciascuno in termini diversi, sia nell’arco del proprio sviluppo interno che in rapporto alle altre tradizioni. Da qui l’impressione che la bellezza da essi ricercata e prodotta sia abitata da una congenita «fragilità», resa ancor più manifesta nei periodi di accese controversie tra chi la esalta quale provvidenziale via d’accesso al divino e coloro che, al contrario, la esiliano nel regno del superfluo o addirittura della riprovevole tentazione.

L’ambivalente parentela dei monoteismi «abramitici»

Ebraismo, cristianesimo e islam sono generalmente accomunati sotto la denominazione di monoteismi «abramitici», una categoria nata in età moderna e che incontra ancor oggi un apprezzabile consenso nell’ambito accademico e del dialogo interreligioso4, sebbene non manchino quanti ne sottolineano piuttosto i limiti5. Oltre ad essere caratterizzata da originarie connessioni storico-geografiche, la famiglia abramitica è definita dalla professione di fede circa l’esistenza di un unico Dio, trascendente, onnipotente, personale, buono, creatore del mondo ex nihilo, sovrano della storia e giudice finale. Egli si è rivelato attraverso le Sacre Scritture, nonché per mezzo delle gesta, unite alle parole, dei suoi inviati, primo tra tutti il patriarca Abramo. Sorti in un clima di opposizione diretta alle tradizioni politeiste, i monoteismi abramitici, quantunque attestino la condivisione di importanti verità di fede, sono stati segnati da interrelazioni ondeggianti, essendosi confrontati lungo la storia in termini sia di scambi dialogici che di rapporti antagonistici. Osserva a questo proposito lo storico delle religioni Giovanni Filoramo:

Il fatto stesso che la storia – sia interna sia di confronto fra le tre fedi monoteistiche dei «Figli di Abramo» – sia costellata di reciproche accuse di politeismo (di ebrei e musulmani nei confronti della trinità cristiana; di protestanti contro la mariolatria e il culto dei santi cattolico; ma l’elenco di queste accuse è ben più lungo) è un chiaro sintomo che il monoteismo è, in realtà, storicamente un sistema in equilibrio e in tensione, che si costruisce anche attraverso il confronto e la polemica con sistemi affini6.

Nonostante l’attestazione di rapporti non sempre improntati alla reciproca comprensione, tra le verità di fede condivise dai monoteismi è da comprendere anche la convinzione che, data la sua natura trascendente, Dio debba necessariamente essere altro rispetto ai tentativi di pensarlo, di parlarne e soprattutto di immaginarlo. Da queste premesse irrinunciabili non possono che scaturire dei seri interrogativi. Come può venire raffigurato Colui che è concepito come non rappresentabile? Quali generi di negoziazioni su questo fronte sono possibili? Lo slancio del devoto si esaurisce nell’immagine, oppure questa rappresenta un valido ausilio per la vita spirituale? Se la serie di domande appena enunciate accomunano i monoteismi, ciò non vale affatto per i tentativi di risposta. Appare quindi ancor più chiaramente come l’attenzione alla figurazione (o non figurazione) del divino offra un punto di ingresso produttivo per l’indagine delle complesse, se non anche concorrenti, pratiche di mediazione estetica in seno alla famiglia abramitica.

Si diceva che i monoteismi manifestano in genere rapporti difficili con le immagini, segnatamente nel caso delle rappresentazioni sacre. In realtà, lungi dal presentare un accordo unanime nel campo estetico, già in seguito a una pur superficiale ricognizione emergono notevoli tensioni sia interne che esterne. In riferimento alla ricezione delle immagini religiose, la storia dei tre monoteismi – osserva David Morgan, esperto di Visual Culture Studies – è caratterizzata dalla persistente opposizione di una nutrita serie di binomi:

Ebraismo antico contro politeismo egiziano e poi cananeo, islam contro politeismo arabo, ebraismo contro cristianesimo, islam contro cristianesimo, cristianesimo contro tutte le forme di politeismo (greco-romano, nordeuropeo, asiatico, aborigeno), partito iconoclasta bizantino contro iconoduli ortodossi, protestantesimo contro cattolicesimo e Illuminismo secolare contro ortodossia religiosa. In ogni caso, un gruppo (spesso una versione del monoteismo) si è definito in termini di opposizione all’uso di immagini religiose da parte di un rivale, anche nel caso del culto della ragione dell’Illuminismo europeo come Essere supremo. E in ogni caso, senza eccezione, sono state applicate una varietà di forme di violenza per rafforzare la distinzione, sia che ciò abbia significato rompere le immagini; distruggere i templi; vietare il culto; perseguitare, imprigionare, esiliare o giustiziare gruppi e individui rivali; o fare una guerra aperta. Che si tratti di rafforzare lo sguardo sacro o di spezzarlo, la violenza è sempre stata strettamente associata, simbolicamente o letteralmente, al vedere (o non vedere) immagini religiose7.

La lotta anti-idolatrica

Se la fitta schiera di contrapposizioni appena segnalate rivela le linee di frattura interne ed esterne nell’articolato complesso delle religioni abramitiche, tra gli elementi che invece le accomunano, oltre a quanto già segnalato, risulta fondamentale una categoria loro propria, non rinvenibile in altre tradizioni religiose: l’idea di idolatria. Nonostante sia concepita in molti modi, intesa sia in senso letterale che metaforico8, e oggetto di sostanziali mutazioni nel tempo, essa ha giocato un ruolo centrale tanto nell’autodefinizione di ciascun monoteismo quanto nello sviluppo delle relazioni esterne, così da dispiegare talvolta una vera e propria ossessione anti-idolatrica, posta alla base di un inflessibile odium theologicum.

Il termine «idolo» suona oggigiorno desueto, pone non pochi problemi euristici nell’ambito delle scienze religiose ed è persino utilizzato in senso positivo quando riferito a personalità di spicco. Occorre tuttavia considerare con la dovuta attenzione che per lungo tempo tale categoria negativa si è rivelata fondamentale nella strutturazione identitaria di ciascuna delle tre religioni. Sulla base della denuncia idolatrica è stato attivato un discorso polemico strategicamente adattabile alle circostanze, atto a creare lo spettro di un anti-sistema contaminante luoghi, persone e oggetti, e finalizzato a imporre le regole del proprio sistema. In virtù della sua radicalità di principio, un tale discorso è stato in grado di influenzare il giudizio dei monoteismi sulle forme di alterità religiosa incontrate. L’accusa di idolatria ha manifestato il potere di convertire la differenza in alterità assoluta, di marcare il proprio centro luminoso e relegare ogni divergenza negli oscuri recessi di una insidiosa periferia.

Dobbiamo dunque ricordare che la nota vicenda del patriarca Abramo non rappresenta solo l’avvio della rivoluzione monoteista, ma attesta nel contempo anche la nascita dell’ardente polemica anti-idolatrica, segnata, secondo una ben nota tradizione post-biblica accolta dai tre monoteismi, anche da un potente gesto idoloclasta. Per quanto sintetica appaia la Bibbia, gli spazi vuoti lasciati nei dettagli biografici del patriarca saranno puntualmente colmati dagli interpreti. Le narrazioni sulla sua nascita speciale, la precocità, il riconoscimento dell’unico vero Dio e l’intrepida rivolta contro gli idolatri – tra cui il proprio padre, al quale non avrebbe risparmiato parole di rimprovero per il suo culto superstizioso – hanno guadagnato popolarità nel corso dei secoli e ispirato una grande varietà di adattamenti. Ha preso allora forma la vicenda di un Abramo che già in tenera età avrebbe infranto gli idoli fabbricati dal padre e dai concittadini, ma che per un tale atto di profanazione sarebbe stato condannato al rogo dall’idolatra re Nimrod. Si narra, quindi, che nell’istante stesso in cui venne gettato in una fornace di fuoco, egli ricevette il soccorso di un angelo inviato da Dio9.

Interpretata quale atto fondativo, questa vicenda suggerisce che l’adozione della fede monoteista e la condanna degli idoli (combinata con l’iniziativa idoloclasta) corrisponderebbero a diverse facce della stessa medaglia. Monoteismo abramitico, lotta anti-idolatrica e idoloclastia appaiono di conseguenza legati da uno stretto nodo originario, corrispondente alla denuncia senza compromessi della fede idolatrica, dei suoi sostenitori e dei dispositivi da questi impiegati nell’ambito cultuale.

Alla luce della risoluta opposizione delle religioni monoteiste nei confronti delle immagini idolatriche, è facile comprendere come il rapporto tra arte e denuncia anti-idolatrica si sia rivelato molto stretto, rappresentando l’immagine una delle più comuni modalità per l’idolo di apparire. Nonostante il sospetto nei confronti delle immagini persista in una forma più o meno latente in ogni tradizione culturale e religiosa, come attestava ad esempio già la dura critica platonica nei confronti degli effetti ingannevoli della mimesis10, in ambito monoteista esso si approfondisce, essendo fondato sulla potente critica all’idolatria che esige una reazione rigorosamente idoloclasta. Nota David Morgan che «la riflessione filosofica e teologica occidentale sulle immagini è stata preoccupata della loro verità e falsità, che sono espresse nell’ebraismo, nel cristianesimo e nell’islam nei termini della categoria singolarmente negativa dell’idolo»11. Non è quindi un caso che il problema della legittimità delle immagini, e in particolare di quelle religiose, appassioni i monoteismi come nessun’altra tradizione religiosa, e li abbia accompagnati lungo l’agitato e mai concluso processo di separazione dialettica tra retta fede e superstizione idolatrica. Un processo che ha implicato tanto l’esclusione delle dissidenze interne, quanto un isolamento protettivo e polemico dalle altre tradizioni religiose, compresi i monoteismi concorrenti. Si deve quindi porre a mente che la categoria teologica di «idolo» – la cui condanna è giudicata in un importante studio dei filosofi Moshe Halbertal e Avishai Margalit, «il principio teologico centrale della Bibbia»12 – ha assunto per lungo tempo un peso di tutto rilievo anche nell’ambito della storia dell’arte, tanto da essere reputata dallo studioso di teorie dell’immagine religiosa François Lecercle «uno dei vettori principali della disputa delle immagini»13.

Possiamo a questo punto anticipare quanto sarà approfondito nel corso della ricerca, ossia che il rigetto dell’idolatria tende a imporsi, espressamente o meno, nel ruolo di guida selettiva tanto nella teoria che nella pratica estetica dei tre monoteismi, fungendo da giustificazione o censura di determinati indirizzi. Si fronteggiano, pertanto, le convinzioni di chi attribuisce a talune immagini la virtù di una trasparenza simbolico-sacramentale (grado positivo dell’icona-mediatrice), di quanti ne individuano una mera utilità didattico-catechetica (grado neutro dell’immagine-strumento), e di coloro che le reputano un impedimento alla genuina relazione con il divino (grado negativo dell’idolo-ostacolo). L’icona nella prospettiva teologica ed estetica dell’uno, assume le fattezze dell’idolo nel regime teologico-visivo dell’altro. Appare perciò del tutto evidente come l’idolo e l’idolatria non siano dotati di alcun attributo sostanziale, ma debbano la loro esistenza al discorso polemico di chi nega ogni legittimità alle immagini altrui. L’uso o l’abuso delle immagini nell’ambito sacro assumerà per i monoteismi abramitici addirittura il valore di verifica del grado di fede raggiunto, oltre ad essere elevato a «cartina di tornasole della civiltà»14. Da qui la messa in atto di particolari strategie, la più immediata delle quali corrisponde all’opzione aniconica nel campo dell’arte religiosa, talvolta intensificata da una violenta reazione iconoclasta.

Sulla base di queste considerazioni preliminari, nel corso della nostra ricerca dovremo rintracciare le ragioni specifiche del manifesto dissenso estetico tra i monoteismi, così come al loro interno. Sembra che, pur avendo in comune certe tecniche e alcune scene – osservano gli storici dell’arte François Bœspflug e Françoise Bayle – «per l’essenziale i mondi delle immagini delle tre religioni abramitiche si ignorino del tutto»15. Ciascuno ha selezionato la combinazione reputata più consona dell’ampio spettro relativo alle funzioni dell’arte visiva, tra cui: decorativa, illustrativa, didattica, esegetica, rammemorativa, simbolica, devozionale, polemica.

Tanto più che, nel ripercorrere le ricostruzioni più comuni della tradizione artistica d’Occidente, si può facilmente registrare come le conquiste dell’arte cristiana siano generalmente assunte a norma culturale ed estetica, mentre sia l’arte ebraica che islamica vengano percepite come un prodotto «esotico», e quindi poste al margine, se non anche del tutto assenti, nelle rassegne storico-artistiche. A sua volta l’estetica cristiana tende ad apparire un’eccezione idolatrica agli altri due monoteismi, e lo stesso vale per quella cattolica nella prospettiva delle comunità della Riforma. Non è difficile, di conseguenza, ricavare che un tale dibattito teologico-estetico comporta notevoli sfide nell’ambito delle relazioni sia ecumeniche che interreligiose.

Un dialogo estetico

Una simile varietà di orientamenti estetici difficilmente componibili, spesso fonte di malintesi e conflitti, sta alla base della mia convinzione che la reciproca conoscenza tra le religioni sia certo arricchita dal dialogo teologico, unitamente a quello della vita, ma non meno efficace risulti anche un dialogo estetico. Ciò si mostra tanto più in sintonia con un’epoca come la nostra, segnata, oltre che dai tratti della «civiltà delle immagini», anche dal fenomeno sempre più pervasivo dell’incontro delle culture e religioni, destinato a mettere in questione, tra l’altro, la centralità e l’assolutezza dei canoni estetici occidentali16. Osserva a tale proposito la storica delle religioni Diane Apostolos-Cappadona:

Details

Pages
494
Publication Year
2025
ISBN (PDF)
9783631935682
ISBN (ePUB)
9783631935699
ISBN (Hardcover)
9783631935675
DOI
10.3726/b22766
Language
Italian
Publication date
2025 (September)
Keywords
Aesthetics Art Bible Catholicism Christianity Ecumenism Education History of art Icon Iconoclasm Iconophilia Iconophobia Idol Idolatry Interculturality Interreligious dialogue Islam Judaism Museums Orthodoxy Quran Reformation Sacred Art Second Commandment
Published
Berlin, Bruxelles, Chennai, Lausanne, New York, Oxford, 2025. 494p.
Product Safety
Peter Lang Group AG

Biographical notes

Enrico Riparelli (Author)

Enrico Riparelli è docente di Teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Padova. I suoi principali ambiti di ricerca afferiscono al dialogo interreligioso e interculturale. Tra le sue pubblicazioni: Culture e religioni in dialogo (Peter Lang, 2020); Memoria, creazione, dialogo. Percorsi dell’arte ebraica (2021).

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Title: Arte tra idolo e icona: la fragile bellezza delle religioni