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La «funzione Morgante»

Persistenze e variazioni nel genere comico in ottave tra Cinque e Settecento

by Stefano Nicosia (Author)
©2015 Edited Collection 191 Pages

Summary

Il libro percorre e analizza la produzione comica italiana in ottave, e la legge attraverso il Morgante, ridiscutendo i territori marcati dall’eroicomico e dalle opere di Teofilo Folengo, Pietro Aretino, Piero de’ Bardi e Niccolò Forteguerri. Il poema pulciano funziona così come una lente attraverso cui interpretare la tradizione, sulla quale l’opera stampa una vasta orma, e al contempo come un esempio della formazione della tradizione stessa. La presenza del Morgante nella letteratura italiana può, dunque, essere letta come una funzione di lungo periodo, esprimibile attraverso i diversi modi con cui il poema influenza le scritture nel tempo.

Table Of Contents

  • Copertina
  • Titolo
  • Copyright
  • Sull’autore
  • Sul libro
  • Questa edizione in formato eBook può essere citata
  • Indice
  • Ringraziamenti
  • Introduzione
  • CAPITOLO I. Il paradigma tassoniano
  • I.1. Sistemazioni dell’eroicomico
  • I.2. Fondazione dell’eroicomico
  • I.3. Nel segno di Tassoni
  • I.4. Elementi comuni e ritagli di estetica eroicomica
  • I.4.1. Contesti. Classicismo toscano e isolamento regionalistico
  • I.5. La linea tassoniana
  • CAPITOLO II. La funzione Morgante
  • II.1. Pulci screditato: brevi cenni di una demolizione cinquecentesca
  • II.2. Breve premessa sul successo del Morgante
  • II.2.1 Pulci e il burlesco cinquecentesco: Berni e Grazzini
  • II.3. La linea pulciana: Folengo e Aretino
  • II.3.1. L’Orlandino di Teofilo Folengo
  • II.3.2. L’Astolfeida e l’Orlandino di Pietro Aretino
  • CAPITOLO III. Pietro De’ Bardi: il Poemone e un’ibridazione pulciana
  • III.1. L’Avinavoliottoneberlinghieri
  • III.1.1. I personaggi
  • III.2. Il Poemone come problema di genere letterario
  • CAPITOLO IV. Il Ricciardetto: l’estremo della funzione?
  • IV.1. Struttura, temi, generi letterari, ibridazioni
  • Alcune postille
  • Conclusioni
  • Bibliografia
  • Volumi pubblicati nella collana

Ringraziamenti

«Il primo libro già ti definisce mentre tu in realtà sei ancora lontano dall’esser definito»: tuttavia voglio e devo ringraziare chi ha contribuito a definirmi, prima che toccasse a questo saggio farlo.

Devo ringraziare in primo luogo i miei genitori, che mi hanno sempre incoraggiato, sostenuto e, non da ultimo, foraggiato. Sono stato fortunato, in un Paese in cui l’accesso allo studio e alle professioni è lungi dall’essere pienamente democratico.

Un ringraziamento affettuoso alla professoressa Michela Sacco, che mi ha seguito e consigliato durante gli anni della mia formazione universitaria.

All’amico e mentore Matteo Di Gesù, al quale devo molto professionalmente e personalmente.

Ad Ambra Carta, per l’affetto e i consigli su cui ho sempre potuto fare affidamento.

Con Stefano Jossa ho un debito difficilmente colmabile, per la prodigalità di tempo e suggerimenti lungo gli anni.

Grazie a Federica Signoriello, amica, collega e consulente scientifico impagabile.

Per suggerimenti, soccorsi, affetto, ospitalità e altre immeritate prebende ringrazio Flora Di Legami, Clotilde Bertoni, Marta Barbaro, Francesca Fedi, Jean François Lattarico, Giancarlo Alfano, Chiara Giubilaro, Michela Battaglia, Irene Bagni, Nicole Botti, Ellida Minelli, Antonella Ferraro, Stephen Jones.

Un ringraziamento devo anche: al Warburg Institute per avermi accolto nel 2010 per sei mesi durante il mio Erasmus da studente del Dottorato in Italianistica, e nel 2013 per un altro semestre di ricerca; alla Royal Holloway, University of London, che del primo scambio è stata partner; all’Università degli Studi di Palermo, per la Borsa di perfezionamento all’estero che mi ha permesso di tornare a Londra a completare la stesura di questo libro.

Alcune idee di questo libro ho avuto la possibilità di discuterle in diverse occasioni, alcune delle quali private, altre pubbliche, come durante il XV Congresso ADI (Torino, 2011) e il Renaissance Society of America Annual Meeting (New York, 2014). Il mio ringraziamento a chi ha organizzato i panel e mi ha permesso di discutere con i colleghi intervenuti. ← 13 | 14 →

Un ringraziamento speciale a Salvina, che ha sopportato e sopporta distanze, ricerche, umori, non facendomi mai mancare il suo fondamentale sostegno.

Difficilmente potrò sdebitarmi con ognuna delle persone citate. Senza il loro aiuto il libro sarebbe stato molto diverso da quello che è. Va da sé che dei suoi difetti sono io il responsabile, riconoscente ad altri, invece, di ciò che di buono vi si trovi. ← 14 | 15 →

Introduzione

Come si indicherebbe nei titoli di coda, l’espressione «funzione Morgante» nelle mie intenzioni era – quando ho iniziato questo lavoro – liberamente ispirata alla più famosa «funzione Gadda». In un accesso di cleptomania di titoli, anche l’«effetto Morgante» avrebbe potuto figurare sul frontespizio, anch’esso indegnamente riproducendo una formula famosa. Non si trattava tanto di un generico tributo a Contini e a Mazzacurati, ma piuttosto di riconoscere due espressioni efficaci per descrivere un fenomeno che mi sembrava potesse rimandare, con certi distinguo, a quelli delineati dai due studiosi.

La formulazione della «funzione Gadda» è, com’è noto, legata agli studi continiani sulla scapigliatura piemontese, e risale ai primi anni Quaranta del Novecento. È un’espressione dalla forte matrice linguistica e stilistica, che esonda tanto dagli argini dei generi quanto da quelli dei tempi o dei luoghi di produzione: «Noi siamo giunti a Faldella attraverso Cagna, attraverso gli Alpinisti ciabattoni noti a Gadda e raccomandatici da lui […] e così abbiamo reperito un rappresentante importante di quella eterna “funzione Gadda” che va da Folengo e gli altri macaronici, così efficaci su Rabelais, al Joyce di Finnegans Wake».1

Altrettanto diacronico ed esplicitamente fluido, d’altro canto, è l’«effetto Sterne» di Mazzacurati, che permette movimenti in più direzioni all’interno della tradizione europea, programmaticamente estraneo alle gabbie dei generi:

L’evocazione di un «effetto», non di una «fortuna» o di una linea che si richiami esplicitamente alla letteratura di viaggio sterniano-didimea, dirà anche, attraverso la fluidità del termine, che cercavamo tracce di un alone più vasto, di una disseminazione al di fuori del solco più tipico, segnato più tardi anche dalla fortuna di Heine. In certi casi, il terreno di analisi potrà perfino prestarsi poco ad agnizioni dirette, a ipotesi di contatti o di contiguità con l’asse sterniano più riconoscibile: la gravitazione avverrà allora per affinità di problemi.2

Un’eventuale appropriazione – sempre indebita – di una delle due etichette rimarrebbe comunque fuori fase, con uno scarto fondamentale. ← 15 | 16 → Il palinsesto pulciano che mi interessa è, infatti, più limitato, rispondendo questo a criteri imposti dal genere in ottava e partendo da un punto preciso, cioè il Morgante. Le prospettive dei due studiosi gli sono dunque negate; tuttavia l’appello alle «contiguità» garantisce anche nel mio caso una lettura aperta ai silenzi dei testi e alle adesioni sfrangiate tra le opere, lì dove non sia possibile farle combaciare con la nettezza garantita dalle evidenze testuali. Al contrario dell’«effetto», poi, che rifiutava l’idea di «linea» o «tradizione»3, è proprio la possibilità di individuare un filo rosso ciò che mi sembra interessante fare con alcuni testi.

Se nient’altro può, quindi, sperare di unire la prospettiva di questo libro a quelle di Contini e Mazzacurati, è un’altra l’accezione di ‘funzione’ che è in grado di esemplificare con sorprendente utilità i risultati della ricerca. È la funzione matematica (un attimo di pazienza), con cui abbiamo avuto tutti a che fare alle superiori:

Quando i valori di una variabile y dipendono da quelli di un’altra variabile x, si dice che y è una funzione di x, cioè y=f(x). Non sempre la legge di dipendenza tra variabile indipendente x e funzione y è traducibile in una espressione matematica: in questo caso le funzioni si dicono empiriche, perché sono conosciute solo in base a osservazioni o dati sperimentali. […] Naturalmente la conoscenza della funzione sarà tanto più completa quanto più grande è il numero delle coppie dei valori che la tabella contiene.4

Il Morgante sarebbe la nostra variabile indipendente, e la funzione si nutrirebbe dei dati ad essa correlati. Anche per i legami tra le opere si tratta di istituire un rapporto basato sull’analisi empirica, che fornirà una serie di dati e darà la possibilità di disegnare una curva che risponde a quella specifica equazione. È un diagramma che parte dal poema di Luigi Pulci e si allunga, con creste e cavi, fino al nostro Settecento. Approssimativamente, è quello che succede in questa ricerca.

Naturalmente, in letteratura, le cose sono molto più complicate. Questo lavoro si fonda sull’ipotesi di poter individuare, all’interno di un corpus di poemi ‘comici’ in ottave, due grandi categorie di genere: una è quella del poema eroicomico; l’altra in qualche modo viene a crearsi, per esclusione, una volta individuata la prima. Non si tratta, chiaramente, di un mero problema di tassonomia, né di denominazione. Le opere prese in considerazione sono state raggruppate, nel tempo, con criteri spesso molto difformi gli uni dagli altri, e intitolate secondo svariate declinazioni del genere cavalleresco e burlesco. ← 16 | 17 →

La ricerca riguarda alcuni poemi in ottave composti tra Cinque e Settecento in Italia, ascrivibili alla sfera del ‘burlesco’ e del ‘comico’. Da questo repertorio sono esclusi di fatto, e per scelta, i più noti e studiati esemplari del cavalleresco, del poema eroico cinque-secentesco, i poemi di argomento mitologico e quelli che vedono protagonisti gli animali (zoo-epici). Si è privilegiata, quindi, una serie di opere che utilizzano esplicitamente al loro interno materiali (personaggi, trame, caratteri) provenienti dal poema cavalleresco italiano del XV e del XVI secolo, e quelli che parodizzano esplicitamente il poema eroico. La caratteristica su cui si fonderà il nostro corpus corrisponde quindi a quello che Gérard Genette ha chiamato «palinsesto», ovvero letteratura «di secondo grado», in diverse sue forme5.

Il criterio di suddivisione di queste opere in due macro-insiemi è sembrato emergere dalla loro stessa analisi, grazie alla presenza di due capostipiti, o modelli, di segno antitetico, se non a posteriori antagonista. Tanto l’eroicomico recava inciso il segno della Secchia rapita di Alessandro Tassoni, quanto l’altro gruppo sembrava risentire in maniera decisiva dell’eredità del Morgante di Luigi Pulci. Ad una prima lettura, al primo studio preliminare, sembrava che queste due categorie potessero reggere. E in effetti, per una precisa compagine di opere, il sistema di definizione dell’eroicomico può funzionare, in base ad intenti, modalità e caratteristiche comuni.

Nel Capitolo I si affronta infatti la questione dell’eroicomico, cercando di individuare il paradigma tassoniano attraverso alcuni elementi comuni ai poemi presi in considerazione, tutti composti nell’arco del XVII secolo o appena poco in là, il periodo più fecondo per questo genere. Il problema del genere eroicomico è stato studiato soprattutto prestando particolare attenzione al suo indiscutibile artefice moderno, cioè Tassoni. Questi infatti, in una delle prefazioni approntate per le diverse edizioni del poema, segnala due decisive questioni6. La prima è la propria importanza in quanto inventore del genere eroicomico, genere nuovo e commisto di tratti seri e tratti faceti; la seconda è l’adesione a un sistema di poetica che si trova in opposizione rispetto a quanto avevano fatto Pulci e Francesco Berni. Significa anche che, in un discorso tassoniano sullo stile comico, un primo polo oppositivo è ricoperto proprio dal Morgante: esiste dunque una sorta di equazione che assegna a quest’opera un valore tutto spostato nel territorio comico. Naturalmente, le posizioni avverse a Pulci e a Berni devono essere lette all’interno di una strategia, e non in modo assoluto e definitivo, essendo plausibile una contaminazione con questi due autori molto più forte di quanto lascerebbero pensare le dichiarazioni di Tassoni. ← 17 | 18 →

Questo limes che Tassoni sembra indicare, tuttavia, non è né indifferente né da sottovalutare: esso va affiancato, o si affianca idealmente, ad illustri e severi giudizi cinquecenteschi nei confronti del Morgante, come quelli di Giovambattista Giraldi Cinzio, Benedetto Varchi e Torquato Tasso. In questo modo, la dichiarazione di Tassoni moltiplica il proprio peso poiché non solo si autoindividua attraverso una prassi poetica precisa – e nuova – ma anche si definisce in conflitto rispetto ad un altro sistema di riferimento, quello pulciano (o anche bernesco-pulciano). Per inciso, ciò indica anche che un sistema di valori letterari – corrispondenti a pratiche, o anche solo a idee – che faceva riferimento al poeta fiorentino esisteva, e persisteva ancora dentro il Seicento italiano.

Questo elemento, insieme all’analisi della produzione eroicomica e dell’altro gruppo di poemi distinti dall’eroicomico, sembrerebbe giustificare l’idea di fondo di questo lavoro. È dunque davvero possibile individuare una forte marca pulciana che unisce alcune opere della nostra letteratura – per quanto riguarda la produzione di poemi in ottave7. Il campo si restringe in questo lavoro intorno al poemetto di Teofilo Folengo, l’Orlandino, ai due abbozzi di Pietro Aretino, Astolfeida e Orlandino, e infine a due interessanti poemi, il Poemone di Pietro de’ Bardi e il Ricciardetto di Niccolò Forteguerri. Prima di passare alla loro analisi, nel Capitolo II si dà conto di alcuni dati rilevanti.

Details

Pages
191
Year
2015
ISBN (PDF)
9783035265385
ISBN (ePUB)
9783035298437
ISBN (MOBI)
9783035298420
ISBN (Softcover)
9782875742704
DOI
10.3726/978-3-0352-6538-5
Language
Italian
Publication date
2015 (July)
Keywords
burlesque poetry mock-heroic poetry Italian tradition
Published
Bruxelles, Bern, Berlin, Frankfurt am Main, New York, Oxford, Wien, 2015. 191 p.

Biographical notes

Stefano Nicosia (Author)

Stefano Nicosia ha studiato all’Università di Palermo, dove ha conseguito una laurea triennale in Lettere moderne e una laurea specialistica in Filologia moderna. Nel 2012 ha conseguito, a Palermo, il Dottorato in Italianistica, durante il quale ha lavorato sul Morgante e la poesia burlesca in ottava rima. I suoi interessi includono il poema epico-cavalleresco, le pratiche di riscrittura, il postmoderno, l’editoria contemporanea. Al momento è un ricercatore indipendente e un docente di Lettere negli istituti superiori.

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