Traduttologia e semiotica generativa
Per un nuovo approccio interdisciplinare
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Excerpt
Table Of Contents
- Cubierta
- Título
- Copyright
- Sobre el Autor
- Sobre el Libro
- Esta edición en formato eBook puede ser citada
- Ringraziamenti
- Indice
- Introduzione: Per una svolta semiotica in traduttologia
- I. Traduttologia, una disciplina sui generis
- 1.1 Binarismo: tipologie testuali e strategie traduttive
- 1.2 L’equivalenza
- 1.3 Orizzonti definitori ed epistemologici
- 1.3.1 La questione epistemologica in traduttologia
- 1.3.2 Accenni alle teorie del linguaggio e fondamento della traducibilità
- Del relativismo linguistico
- Dell’innatismo e degli universali
- Conclusioni
- II. Traduttologia e semiotica: un’interdisciplinarietà consolidata
- 2.1 Elementi di semiotica interpretativa
- 2.1.1 La semiotraduzione
- 2.1.2 I modelli triadici
- 2.1.3 I modelli interpretativi
- La tradizione ermeneutica
- La traduzione ingloba l’interpretazione
- Il processo cognitivo della traduzione
- La negoziazione come condizione inerente alla traduzione
- 2.2 Riflessioni sui modelli interpretativi della traduzione
- III. Il quadrato semiotico della traduzione
- 3.1 Premesse: differenza ed equivalenza, simulacro e copia
- 3.2 Il quadrato semiotico della traduzione
- 3.2.1 – Delle condizioni logico-semiotiche che fondano la traduzione
- 3.2.2 – Dei paradigmi della traduzione
- Conclusioni
- IV. Dal concetto alla pratica: per un modello semiotico della traduzione
- 4.1 Lo schema narrativo canonico
- 4.2 Per un modello semiotico della traduzione
- 4.2.1 La manipolazione: normatività ed etica
- 4.2.2 Gli atti epistemici in traduzione
- 4.2.3 La performanza del Traduttore
- 4.3 Della dimensione timica e tensiva in traduzione
- 4.4 Enunciazione e testo tradotto
- Conclusioni
- V. Testo a fronte: strumenti critico-analitici
- 5.1 Del genere testuale: discorso filantropico e discorso di marca
- 5.2 Tradurre la filantropia della marca Rolex: studio pilota
- Analisi per paragrafo e lingua delle salienze traduttive
- Paragrafo 1 italiano
- Paragrafo 2 italiano
- Paragrafo 2 francese
- Paragrafo 3 italiano
- Paragrafo 3 francese
- Paragrafo 4 italiano
- Paragrafo 4 francese
- Paragrafo 5 italiano
- Paragrafo 5 francese
- Paragrafo 6 italiano
- Paragrafo 7 italiano
- Paragrafo 7 francese
- Paragrafo 8 italiano
- Paragrafo 8 francese
- Paragrafo 9 italiano
- Paragrafo 9 francese
- Paragrafo 10 italiano
- Paragrafo 10 francese
- Paragrafo 11 italiano
- Paragrafo 11 francese
- Paragrafo 12 italiano
- Paragrafo 12 francese
- Paragrafo 13 italiano
- Paragrafo 13 francese
- Paragrafo 14 italiano
- Paragrafo 14 francese
- Paragrafo 15 italiano
- Paragrafo 15 francese
- Paragrafo 16 italiano
- Paragrafo 16 francese
- Paragrafo 17 italiano
- Paragrafo 17 francese
- Analisi dell’intervista
- Paragrafo 18 italiano
- Paragrafo 19 italiano
- Paragrafo 19 francese
- Paragrafo 20 italiano
- Paragrafo 20 francese
- Paragrafo 21 italiano
- Paragrafo 21 francese
- Paragrafo 22 italiano
- Paragrafo 22 francese
- 5.3 Statistiche qualitative tramite programma QDA Miner
- A) Frequenza dei codici
- B) Presenza dei codici per ogni testo tradotto
- C) Co-occorrenze e sequenza dei codici
- 5.4 Ricadute teoriche: enunciazione, modello e significazione profonda della traduzione
- VI. Elementi di critica della traduzione: analisi semiotica dei corpora testuali, Rolex Awards for Enterprise, 1978–2008
- 6.1 Analisi testuale: elementi di indagine
- 6.2 Frequenza dei codici nelle traduzioni
- 6.3 Andamento diacronico dei codici nelle traduzioni
- 6.4 Co-occorrenze e sequenza dei codici nelle traduzioni
- 6.5 Andamento dei codici riferiti alle isotopie attanziali
- 6.5.1 Del Soggetto
- Traduzione in italiano
- Traduzione in francese
- 6.5.2 Dell’Oggetto di valore
- Traduzione in italiano
- Traduzione in francese
- 6.5.3 Dell’Antiattante
- Traduzione in italiano
- Traduzione in francese
- 6.5.4 Dell’Aiutante
- Traduzione in italiano
- Traduzione in francese
- 6.6 Andamento dei codici riferiti all’estensività e all’intensività
- 6.6.1 Dell’aspettualità
- Traduzione in italiano
- Traduzione in francese
- 6.6.2 Salienze estensivo-generative
- 6.7 Affinità e differenze nelle traduzioni in italiano e in francese
- Conclusioni
- Conclusioni e prospettive
- Bibliografia
- Avvertenza
- Allegati
- Allegato I – Codici per Il Testo Pilota
- Allegato II: Codici per L’Analisi Del Corpus Rae
- Indice
- Indice dei concetti
- Indice degli autori
Introduzione
Per una svolta semiotica in traduttologia
La specificità della traduttologia risiede nella natura composita e stratificata del suo oggetto di studio, la traduzione: concetto, prassi e prodotto. A questo si aggiunge l’atipicità del discorso teorico. Se, già con le prime riflessioni pre-scientifiche del I secolo a. C., la pratica della traduzione pone alcuni quesiti che andranno a costituire i nuclei di interesse della disciplina, la sporadicità e l’erraticità stesse dell’indagine teorica risultano tuttavia essere di nocumento a una chiara sistematizzazione della materia.
Nel tentativo di strutturare l’assetto disciplinare, alcuni teorici hanno visto nella ricostruzione storica la premessa necessaria per fornire una certa legittimità alla traduttologia e per rilanciare la ricerca scientifica. Una lettura diacronica efficace richiede solide competenze analitiche per reperire e interpretare le fonti, antichi scritti, brevi saggi, sparse osservazioni di traduttori, perlopiù filosofi, uomini politici, religiosi, poeti e letterati, che hanno espresso le loro idee sul tradurre. Non solo. Una ricostruzione storica consentirebbe sì di valutare nel corso del tempo il ruolo e la rilevanza delle traduzioni, ma dovrebbe anche riflettere sui legami che la traduzione intreccia con ogni singola lingua e cultura. Per procedere con passo sicuro nell’esperienza storica, è necessario avvedersi di una specificità dello studio della traduzione, ossia della pluralità dei discorsi in cui essa è stata inserita.
Non si dà teoria senza esperienza storica. Né si può parlare di “teoria della traduzione” se non come parte di teorie generali della letteratura, della linguistica o dell’ermeneutica filosofica. (Folena 1999: ix)
La riflessione sulla traduzione ha innegabilmente seguito gli sviluppi delle teorie linguistiche, letterarie o filosofiche che ne hanno vagliato il corpo teorico e pratico tramite le proprie metodologie, sull’impulso di estrinseche esigenze di ricerca. Alle difficoltà legate alla definizione della linea storica, lo studio della traduzione associa anche una diramazione del discorso teorico derivata dalla sua tendenza alla pluridisciplinarità. È plausibile perciò supporre che il vuoto generato dalla trattazione storica possa avere impedito ← 11 | 12 → l’addensamento e il consolidamento della teoria. D’altra parte, è inevitabile che un oggetto di studio di natura poliedrica e pluridirezionale, fondato sull’arbitrarietà del segno linguistico e su una pratica perlopiù soggettivizzante, sia diventato un ordito su cui si intessono le varie e affini discipline.
Per chiunque abbia il desiderio di accostarsi alla traduttologia, senza perdere il filo della propria indagine, è fondamentale riconoscere di primo acchito che questa disciplina procede nel suo cammino conoscitivo seguendo direzioni di ricerca estemporanee e rizomatiche. La struttura della sua conoscenza non è derivata, con metodi logico-deduttivi da assiomi primigeni, ma si elabora deleuzianamente (Deleuze & Guattari 1980, 31–32), come le ramificazioni botaniche, a partire da diversi punti, secondo linee di evoluzione dicotomiche, e senza un deliberato intento unificatore. Queste considerazioni inducono a trattare con cautela ogni desiderio di esaustività storica e a delimitare con cura il territorio di indagine.
Nel presente lavoro di ricerca intendiamo perciò muoverci in una prospettiva plurima ma sistematica, in parte storica, ma elettivamente tematica. Vedremo come lo studio della traduzione si limiti, prima degli anni ‘70, a riflessioni episodiche che ritagliano le questioni traduttive in modo dualistico e ciclico. Tali questioni sono riassumibili in binomi oppositivi che riguardano la pratica e le strategie traduttive (traduzione libera e traduzione fedele), il materiale tradotto (testi letterario-religiosi, considerati come testi alti in opposizione ai testi bassi, ovvero i testi tecnici), i criteri che presiedono a una buona traduzione (senso o forma), e la finalità traduttiva intesa come modalità di interazione io-altro (tradurre assecondando le proprie strutture linguistiche e culturali, o tradurre nel rispetto delle strutture linguistiche e culturali dell’altro). E infine la questione dell’equivalenza del testo tradotto rispetto al testo originale, nozione che non ha mai smesso di preoccupare i traduttologi di ieri e di oggi e che si rivela essenziale nella definizione del concetto di traduzione.
Il panorama teorico moderno sembra riprendere e reiterare queste tematiche, partendo, non tanto da un nucleo di problemi teorici, ma più spesso da considerazioni su manifestazioni fenomeniche e circoscritte, estese poi al concetto di traduzione. Alcuni traduttologi si sono soffermati sulla necessità di risolvere le difficoltà traduttive tramite decodifiche derivate dal confronto delle strutture linguistiche. In antitesi con una visione puramente linguistica della traduzione, altri hanno evidenziato il peso della componente culturale e politico-ideologica. L’enfasi sull’importanza di fattori quali “cultura” e “tradizione” ha indotto alcuni teorici a mettere in forse la ← 12 | 13 → disciplina stessa; molti infatti si chiedono come sia possibile definire la traduzione se si considera che ogni popolo definisce la realtà in base alla propria e relativa cultura e lingua perciò, una traduzione che opera all’interno delle inconciliabili differenze linguistiche e cerca di oltrepassare le insuperabili barriere culturali è votata all’insuccesso.
Una prima ricognizione delle principali questioni teoriche permetterà di comprendere la fragilità dell’apparato epistemico e dei procedimenti metodologici in traduttologia. Per canalizzare le forze centrifughe derivate dalle altre discipline, e per fondare in modo rigoroso la propria ricerca, la traduttologia non può più accontentarsi di una espansione rizomatica e improvvisata, ma deve definire in modo chiaro il suo programma epistemico. Deve identificare gli strumenti di indagine in grado di provocare un movimento conoscitivo scientifico, capace a sua volta di generare un nucleo teorico su cui fondare la disciplina, di estendere tale conoscenza in modo rigoroso e di individuare il materiale su cui applicare verificare, invalidare, modificare e sviluppare ulteriormente l’apparato teorico.
La preoccupazione epistemologica e metodologica è il principio guida che riunisce e giustifica gli obiettivi del presente lavoro di ricerca, che sono:
i. fornire una definizione completa ma semplice, astratta ma autosufficiente della traduzione. Tale definizione deve rispondere alle seguenti domande: che cosa si intende per traduzione? Qual è il suo fondamento? Quali sono le nozioni che meglio si candidano a costituire l’essenzialità e l’immanenza del concetto di Traduzione?
ii. Inserire questo concetto teorico nella realtà umana, quella del Traduttore che opera in variabili contesti storico-linguistico-culturali. Con la ferma intenzione di voler mettere al centro di questa nuova proposta teorica l’azione del Traduttore, cercheremo di comprendere in quale modo la definizione del concetto astratto di Traduzione funzioni nella pratica traduttiva, che è a sua volta soggetta a rapporti socio-economici, normo-culturali, ideologici e intersoggettivi.
iii. Applicare la nuova proposta a materiale tradotto al fine di sottoporre a verifica la nozione di Traduzione (a), la sua espressione fenomenica in quanto evento socio-economico e culturale (b) ma anche in quanto evento testo-individuale.
Per alcuni di questi obiettivi di ricerca, la prospettiva semiotica ha fornito finora i risultati più promettenti e i migliori spunti di indagine; grazie a una specifica base teorica e metodologica, la semiotica consente infatti non solo una sistematizzazione translinguistica del concetto di traduzione ma anche una presa in carico degli aspetti empirici del fenomeno. ← 13 | 14 →
Due sono i principali versanti semiotici1, definibili sommariamente come “semiotica dei segni” e “semiotica della significazione”. Il primo versante si basa sullo studio dei segni, linguistici e non linguistici, così come teorizzato dal semiotico, filosofo e matematico statunitense Charles S. Peirce (1839-1914). In questa prospettiva, il segno è definito come unità triadica, composta dal representamen, il supporto materiale del segno che sta al posto di un oggetto, che è il riferimento alla realtà esterna, per l’interpretante, ossia qualcosa o qualcuno che stabilisce un rapporto tra il representamen e l’oggetto. L’interpretante è un segno, che può essere compreso soltanto se rinvia a un altro segno, in un movimento potenzialmente infinito. Il rinvio segnico è alla base di qualsiasi processo gnoseologico e comunicativo, perché ogni tipo di conoscenza si effettua tramite la formulazione di ipotesi interpretative, e la loro verifica tramite rinvio segnico, detto semiosi. Questo tipo di semiotica è definita interpretativa o peirceana.
Il secondo versante è rappresentato dallo studio della significazione, e non più dei segni o del rinvio segnico, ed è fondato su premesse saussuriane e hjelmsleviane. Algirdas J. Greimas (1917–1992) semiotico e linguista lituano-francese incentra la sua teoria sull’idea di strutturazione e generazione del senso. In ogni oggetto semiotico, il senso è una sorta di organismo complesso, composto di molecole che si aggregano per costituire tessuti organici che si specializzano in varie funzioni e che costituiscono un’entità che vive, agisce e interagisce. Fuori dalla metafora, il senso nasce come una struttura di valori semplici, astratti e virtuali, si sviluppa in strutture antropomorfe che lo dinamizzano e narrativizzano e infine emerge nella manifestazione discorsiva di uno specifico linguaggio: questo dipanarsi da elementi più semplici e astratti a strutture via via più complesse e concrete è definito “Percorso generativo del senso”.
Due sono le conseguenze di questa visione stratificata del senso. Innanzitutto vi è una garanzia del permeare dei contenuti indipendentemente dal linguaggio impiegato e dalla sua manifestazione discorsiva. In secondo luogo, il senso è profondamente ancorato alla dimensione culturale, sociale e linguistica, infatti, se il meccanismo operativo del funzionamento del senso mantiene la sua validità, i valori e le loro posizioni relazionali sono in funzione dell’elemento cultura; in altri termini, se il valore del senso è culturalmente definito, il senso di tale senso può essere considerato costante. Appare chiaro quindi che il grande interesse della semiotica generativa ← 14 | 15 → risiede tanto negli strumenti euristici quanto nel suo essere metateoria, episteme in grado di far scaturire un movimento conoscitivo e sistemico anche in altre discipline.
Numerosi sono stati i semiotici-traduttologi che hanno impostato lo studio della traduzione su principi derivati dalla teoria di. Peirce. L’applicazione della semiotica interpretativa è stata eccezionalmente prolifica nell’ambito della teoria generale pura traduttologica; essa ha permesso un vero avanzamento nella definizione della nozione di traduzione, intesa come particolare processo semiosico interpretativo, e affine al concetto di segno e rinvio segnico. Così come nella semiosi, in cui la conoscenza avanza per un processo di arricchimento ed espansione, anche la traduzione è vista come un segno che interpreta un altro segno, l’originale, e in quanto interpretazione che provoca un accrescimento e ampliamento di senso, essa è necessariamente diversa e non equivalente rispetto all’originale. Su queste premesse si sviluppano i cosiddetti modelli triadici della traduzione.
La “semiotraduzione”2, il connubio tra semiotica peirceana e traduttologia, ha permesso allo studio della traduzione di avanzare su un fronte spesso trascurato da traduttologi, letterati e linguisti, ovvero la delimitazione epistemica della disciplina tramite la definizione del suo oggetto di studio. La sistematizzazione del concetto di traduzione in quanto interpretazione, ovvero in quanto particolare tipologia di interpretazione, fa scaturire importanti corollari che vanno a scogliere molti nodi teorici della traduttologia, riguardanti le nozioni di equivalenza, fedeltà, strategia traduttiva, funzioni, finalità, pubblico, lettore ecc. Inoltre, essa accoglie e sviluppa, prima ancora della moderna fascinazione traduttologica per le scienze cognitive, il problema della processualità; nell’idea della semiosi, del rinvio segnico, risiede il fondamento stesso dei processi inferenziali che portano all’atto conoscitivo del senso del testo originale.
La traduzione è un oggetto di studio la cui natura specifica chiede di essere indagata e definita in modo generale e teorico, tuttavia essa è anche una pratica linguistica incentrata sul testo, sia esso orale o scritto. La semiotica interpretativa ha espresso finora tutta la sua efficacia proprio nell’ambito della sistematizzazione dello studio teorico della traduzione, essa appare invece relativamente inadeguata a un’applicazione pratica all’apparato testuale della traduzione. ← 15 | 16 →
Sul versante della semiotica generativa, non vi sono attualmente proposte di rilievo per cui si possa affermare che esiste un vero e proprio legame con la traduttologia. Eppure, una volta acquisita la familiarità necessaria con la terminologia greimasiana, si riescono ad apprezzare pienamente le potenzialità di questa teoria, della sua concezione del senso in generale e della modalizzazione del senso nelle lingue naturali.
Nella definizione fornita da A. J. Greimas la traduzione è intesa come “attività cognitiva che opera il passaggio da un enunciato dato, a un altro enunciato, considerato equivalente” (DRTLit, 363). In questa breve e generale definizione ritroviamo alcuni elementi fondamentali: innanzitutto, la traduzione è un’attività di tipo cognitivo, essa è processualità finalizzata alla conoscenza. Inoltre, la traduzione è il passaggio da un enunciato, un’unità di senso, a un altro enunciato equivalente; l’equivalenza è il fondamento della traduzione, ma essa è un’equivalenza pattuita e non è mai un’equivalenza stretta, soprattutto se intesa come equivalenza tra due testi di due lingue diverse; il testo d’arrivo è più o meno equivalente al testo di partenza “per il fatto della non-adeguazione dei due universi figurativi” (DRTLit, 364). La non adeguazione si riferisce, a fronte dell’equivalenza dei contenuti, alle differenze nella manifestazione discorsiva dei due testi.
Così come nella semiotica interpretativa, anche nella prospettiva greimasiana, la traducibilità è una caratteristica essenziale su cui si basa il processo di significazione. La capacità di riconoscere la presenza del senso e di ragionare su di esso è una prova inconfutabile di traducibilità.
La traducibilità appare come una delle proprietà fondamentali dei sistemi semiotici e come il fondamento stesso del processo semantico: fra il giudizio esistenziale “c’è del senso” e la possibilità di dirne qualcosa, si intercala in effetti la traduzione; “parlare del senso” è insieme tradurre e produrre significazione. (DRTLit, 363)
Diversamente da quanto accade nella semiotica interpretativa, in quella greimasiana le lingue naturali hanno uno status privilegiato rispetto ad altri linguaggi semiotici, esse sono infatti macrosemiotiche, sistemi che sovradeterminano altre semiotiche, come la pittura, la musica, ecc.
D’altra parte, pur riconoscendo l’importanza delle lingue naturali, la teoria semiotica mette in guardia dall’atrofizzazione del senso all’interno delle lingue naturali.
Riconoscere lo status privilegiato delle lingue naturali non autorizza la loro reificazione in quanto luoghi di “senso costruito”: la significazione è anzitutto un’attività (o un’operazione di traduzione) prima di essere il suo risultato. (DRTLit, 364) ← 16 | 17 →
La traduzione è in primo luogo significazione, è un’attività semiotica che si realizza in modo privilegiato, ma non esclusivamente, nelle lingue naturali. Detto in altri termini, le lingue naturali sono il luogo privilegiato della significazione, e quindi della traduzione, poiché esse dispongono di meccanismi metalinguistici in grado di formalizzare non solo il senso linguistico ma anche l’attività semiotica oltre-linguistica.
Questo timido abbozzo greimasiano di definizione il concetto di traduzione non è certamente esaustivo ma piuttosto inaugurale poiché incoraggia nuovi approfondimenti. I citati obiettivi di ricerca (a, b, c) saranno perseguiti in una prospettiva epistemica greimasiana. Prendendo le mosse dal Percorso generativo del senso, tenteremo di fornire una definizione della traduzione, di indagare le modalità semiotiche della prassi traduttiva e infine di applicare questa nuova concezione ai testi tradotti.
Per creare un alveo teorico appropriato ad accogliere la nuova proposta, si tracceranno dapprima le nervature della disciplina, le modalità epistemiche con cui sono stati delimitati i concetti che hanno fondato la moderna traduttologia (cap. I). Nella trattazione storica saranno aperte finestre tematiche che consentiranno di comprendere che la riflessione è dettata da problemi traduttivi contingenti, che il discorso teorico è dicotomicamente costruito, e che la bipartizione è legata a considerazioni di tipo linguistico e filosofico.
A fronte di queste constatazioni, sarà quindi definita la prospettiva gnoseologica adottata per la presente ricerca: se la problematica epistemica in traduttologia resta perlopiù irrisolta, vedremo che la scienza semiotica offre invece un quadro concettuale e dispositivi di indagine capaci di fondare lo studio e la definizione del concetto di traduzione. Saranno introdotti gli autori che hanno inaugurato questo nuovo filone di ricerca, chi più chi meno apertamente affiliato alla semiotica di Ch. S. Peirce (cap. II); verranno illustrati i risvolti teorici della definizione della traduzione, intesa come interpretazione, e l’inedita visione dell’idea di equivalenza, elemento paradossale ma intrinseco della traduzione.
Prendendo spunto dai risultati derivati dall’applicazione della semiotica interpretativa, l’attenzione sarà orientata verso un secondo versante semiotico, quello greimasiano (cap. III). Saranno descritti i tre livelli costitutivi del Percorso generativo, considerato il dispositivo epistemico per eccellenza della semiotica greimasiana: il quadrato semiotico, struttura di significazione elementare di ogni oggetto semiotico; la grammatica narrativa, dimensione antropologica del quadrato semiotico e sua attualizzazione in seno all’attività umana; la manifestazione superficiale ← 17 | 18 → della grammatica narrativa tramite un linguaggio semiotico che nel caso della traduzione sarà quello delle lingue naturali.
L’istanza del quadrato semiotico permetterà di elaborate una definizione generale e astratta del concetto di Traduzione: equivalenza e differenza saranno i termini primi del meccanismo logico-semiotico della nuova definizione: il quadrato semiotico della traduzione. Questo nuovo quadrato si pone come dispositivo metateorico applicabile alle teorie della traduzione ma al contempo è anche suscettibile di essere preso in carico nel secondo livello del Percorso generativo.
Details
- Pages
- 388
- Publication Year
- 2014
- ISBN (PDF)
- 9783035107838
- ISBN (MOBI)
- 9783035197587
- ISBN (ePUB)
- 9783035197594
- ISBN (Softcover)
- 9783034314695
- DOI
- 10.3726/978-3-0351-0783-8
- Language
- Italian
- Publication date
- 2014 (October)
- Keywords
- rapporti identità-alterità dimensione assiologica prospettiva generativa condizioni ontologiche
- Published
- Bern, Berlin, Bruxelles, Frankfurt am Main, New York, Oxford, Wien, 2014. 388 p.