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Language Use in University Teaching and Research

Contributions to the Annual Conference 2014 of EFNIL in Florence

by Gerhard Stickel (Volume editor) Cecilia Robustelli (Volume editor)
©2015 Conference proceedings 336 Pages

Summary

The twelfth conference of the European Federation of the National Institutions of Language (EFNIL) at the Accademia della Crusca dealt with the increasing tendency to use English as the language of academic instruction and research in Europe. This development can be seen as progress in international scientific communication at the cost of all languages other than English. The volume presents general reflections, reports and discussions on the linguistic situation at the universities of various European countries, some with a historical perspective. As a conclusion it offers a «Resolution of Florence concerning Language Use in University Teaching and Research» in the 26 official languages of most member states of the European Union and other European countries.

Table Of Contents

  • Cover
  • Title
  • Copyright
  • About the author
  • About the book
  • This eBook can be cited
  • Preface
  • Prefazione
  • Vorwort
  • Contents
  • Opening
  • Saluto del Presidente dell’Accademia della Crusca
  • Discorso
  • Allocution d’ouverture
  • Discorso/Address
  • Greetings from the European Centre for Modern Languages of the Council of Europe (ECML)
  • Introduction/Einführung/Introduzione
  • General reflections and views
  • Le lingue delle università italiane nel passato
  • Deutsch und Englisch in Forschung und Lehre an deutschen Universitäten: Geschichte, gegenwärtige Situation und Zukunftsperspektiven
  • Language use in academia in the Nordic countries – with special reference to Finland
  • Managing languages in academia: Pointers from education economics and language economics
  • Reports on different countries
  • L’uso delle lingue nelle università italiane oggi
  • The use of foreign languages at Icelandic universities
  • Language use in university teaching and research in Denmark
  • Language policy and sustainability of Estonian in higher education
  • Le français dans l’enseignement supérieur: le débat en France
  • L’usage des langues dans les universités en Belgique francophone
  • Language use in higher education in Cyprus: National aspirations, language ideology and economic development
  • The language of instruction at universities between internationalization and sustainable language policy: The case of Slovenia
  • The use of languages in university teaching and research in Poland
  • Dutch or English? English and Dutch! The language shift in tertiary education and science in the Dutch language area
  • Panel discussion
  • Panel discussion: Language use in university teaching and research: What future do we want?
  • The Florence Resolution
  • The Resolution of Florence concerning Language Use in University Teaching and Research (in 26 European languages)
  • European Federation of National Institutions for Language (EFNIL): Members, associate member institutions and observer

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Opening

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Claudio Marazzini

Saluto del Presidente dell’Accademia della Crusca

Abstract

As the President of Accademia della Crusca, the oldest of the Italian institutions for the Italian language, founded in 1582 in Florence, I am delighted to welcome you all to Villa Castello. The Villa houses the Accademia and its library, which includes the first edition (1612) of the Vocabolario degli Accademici della Crusca, the first official dictionary of a European language which also served as the model for similar works in French, Spanish, German and English. Since its foundation, the Accademia has gone beyond its national borders to promote the Italian language internationally. Nowadays, however, all the national languages of Europe need to discuss and, possibly, to sort out any issues together, as this conference demonstrates. Its central theme, the use of languages in academic teaching and research, today constitutes a central question in Italy as well as in all other European countries. Therefore, I believe that it will be addressed by all speakers in the most interesting and stimulating way. I am looking forward to listening to your constructive and sensible proposals and I am ready to take due account of the reports being discussed here today.

I also hope you enjoy this medicean Villa Castello and its “giardino all’italiana”, which has been visited by politicians, intellectuals, artists through the centuries. Botticelli’s two famous paintings, La nascita di Venere and La primavera, which nowadays are kept at the Galleria degli Uffizi, were originally designed for the Villa itself. The values of the past and the hopes for the future are intertwined here, as in Italy, beauty is not confined to a museum but frames our everyday life. Therefore I hope you will enjoy a most fruitful and pleasant time at the Accademia della Crusca.

È per me un grande onore dare il benvenuto qui a Firenze, nella bella sede della nostra Accademia, ai partecipanti del convegno EFNIL, un’organizzazione alla quale la Crusca ha espresso il suo consenso e appoggio fin dalla nascita, per merito prima di tutto del prof. Francesco Sabatini. La Crusca è un’accademia a vocazione nazionale, perché nel quadro italiano l’attenzione per la nostra lingua oltre i confini è da più di un secolo legata all’opera di un altro ente, la Società Dante Alighieri. Tuttavia, fin dalle sue origini l’Accademia della Crusca ha mostrato una notevole capacità di stringere rapporti con altre nazioni. Basti pensare che la prima edizione del Vocabolario del 1612 porta la dedica a un personaggio italiano illustre (per quanto un po’ discutibile!) che operava a Parigi, Concino Concini, senza contare il fatto che altre grandi accademie nazionali, in particolare la REA, la ← 17 | 18 → Reale Accademia Spagnola, sono nate guardando al modello della Crusca. Quindi fin dall’origine il gruppo di persone che decise di dar vita al primo grande vocabolario italiano, al tempo stesso primo grande vocabolario europeo, fu capace di andare al di là dei confini nazionali, tanto da produrre una visione internazionale del destino della lingua italiana, in rapporto agli altri idiomi d’Europa.

Oggi le cose sono molto mutate. I rapporti tra le nazioni si sono fatti più stretti, molti aspetti del nostro destino sono ormai caratterizzati da scelte obbligate e i problemi che possono essere affrontati e risolti solo in comune. Voi siete qui riuniti per parlare delle lingue nell’insegnamento, nell’Europa del passato, del presente e anche del futuro. In Italia, negli ultimi anni, si è discusso molto su questo tema. Anzi, la diversità di opinioni in proposito ha prodotto persino il ricorso alla giustizia, perché in questo momento pende una causa relativa alla legittimità dell’imposizione forzosa dell’inglese nei corsi universitari italiani di livello avanzato. Da una parte c’è chi vanta la funzione internazionale dell’inglese nella ricerca e aspira a eliminare o limitare molto la funzione della lingua nazionale, dall’altra c’è chi insiste sulla necessità di una circolazione della conoscenza all’interno della nazione, valutando il danno che deriverebbe alla lingua nazionale se le fossero sottratti interi settori del sapere. Il dialogo non è facile tra questi due diversi partiti, tanto è vero che è stato richiesto l’intervento della magistratura, e si attende la sentenza definitiva (in primo grado di giudizio hanno dovuto soccombere i fautori dell’esclusività autoritaria dell’inglese). So che in alcune relazioni di questo vostro convegno toccherete anche il tema del rapporto tra inglese e lingue nazionali in stati dell’Unione Europea diversi dall’Italia. Staremo ad ascoltare con grande interesse quello che si dirà a questo proposito e faremo tesoro di quanto potremo imparare dalle vostre esperienze, in un confronto costruttivo e razionale.

Siamo certi che il confronto, in questa materia così come in altre, sia il segno di una maturità civile propria della cittadinanza europea che dobbiamo ancora costruire nella sua pienezza, proprio per avere il senso della cittadinanza vera, in un’Europa non solo di banchieri e di finanzieri. Siamo proprio noi che operiamo nel campo della cultura e dell’educazione i responsabili di questo necessario ampliamento della coscienza civile e sociale del nostro continente.

Non mi resta dunque che augurarvi buon lavoro, invitandovi al tempo stesso a utilizzare i momenti liberi del convegno per visitare alcune bellezze che ci circondano. Come avete visto, qui non siamo nel centro della città medicea, ma in una zona al confine con Sesto Fiorentino, ai limiti del territorio comunale di Firenze. Siamo in una delle Ville medicee recentemente dichiarate patrimonio dell’Umanità. A poca distanza potrete vedere un’altra bellissima villa, quella della Petraia, che fu sede della corte piemontese quando la capitale d’Italia fu trasferita qui da ← 18 | 19 → Torino. Il giardini delle due ville, la Petraia e la nostra Villa Reale di Castello, sono entrambi di grande valore artistico e culturale. In particolare quello della villa di Castello, che vedete dalle finestre alla mie spalle, è il prototipo storico del giardino all’italiana. Nella Villa ebbero collocazione i due celebri capolavori di Botticelli, la Primavera e la Nascita di Venere. Il contesto si presta dunque alla straordinaria partecipazione tra i valori del passato e le speranze per il futuro, come spesso nelle località d’arte italiane, dove il bello non ha un valore soltanto museale, ma diventa la cornice viva per le attività della vita moderna. Sono dunque molto lieto di avervi qui, graditissimi ospiti, e spero di potervi offrire uno spazio confortevole per le vostre giornate di lavoro, con l’augurio che siano proficue e che ne serbiate a lungo memoria, come di un’occasione positiva e utile.

Buon lavoro, dunque. ← 19 | 20 →

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Marco Benedetti

Discorso

Signore e signori,
Sono lieto di essere ancora una volta fra voi e di intervenire in questo consesso portando il punto di vista della mia istituzione ad un dibattito sempre utile e prezioso sul ruolo delle nostre lingue nazionali e sulla loro funzione nel delicato ecosistema del multilinguismo europeo.

Ecosistema è forse proprio la parola giusta per definire un ambiente fragilissimo dove il minimo cambiamento ne suscita altri a catena le cui conseguenze non sono mai prevedibili. Se è vero che le lingue sono molto di più che un semplice strumento di comunicazione e che a parlare di lingue si fa politica, è altrettanto vero che in campo linguistico nulla può essere imposto se non è largamente condiviso.

Lo abbiamo visto in passato nelle costruzioni linguistiche delle grandi dittature. Appena abbattuto il despota, ogni popolo si è riappropriato della sua lingua, lasciando cadere le lingue imposte, prime fra tutte le lingue artificiali.

Lo vediamo ancora oggi negli sforzi spesso inutili delle accademie di incoraggiare usi corretti o neologismi coerenti. La lingua va dove vuole, dove trova una sua convenienza ed efficacia, risponde a meccanismi e logiche che non sono politiche, talvolta neppure linguistiche ma puramente funzionali ed efficaci anche se spesso legate a fenomeni di pura apparenza o di percezione astratta.

Per questo non si può combattere a priori la supremazia dell’inglese e il suo dilagare nelle nostre università. Per quanto inopportuno e dissennato sia, ormai molte università europee impartiscono insegnamento in inglese utilizzando insegnanti che non sono neppure di madre lingua, talvolta a malapena competenti, e in questo modo impoveriscono sia il loro ateneo che i loro allievi. Perché non vi è trasmissione di cultura quando non vi è chiarezza di lingua. Concetti e idee non si consolidano, non creano altro pensiero se non sono espressi nei contorni ben definiti del sistema logico di cui ogni nostra lingua è l’espressione. Ma le mode sono potenti e il miraggio di universalità e soprattutto di successo che l’inglese offre è irresistibile. In più entra in gioco l’aura di prestigio che l’inglese offre ad una maggioranza di persone spesso disinformate. Questi elementi assolutamente irrazionali costituiscono purtroppo lo scenario in cui noi dobbiamo giocare la nostra impari gara di multilinguismo con l’inglese o meglio con le sue forme mimetiche fra loro incomprensibili spesso anche per un madre lingua. L’unica ← 21 | 22 → strategia utile in questa prospettiva è quindi quella di adottare noi un approccio razionale a sostegno di un multilinguismo sostenibile e cercare innanzitutto di informare la società civile sui rischi del monolinguismo. Tenendo anche presente che la realtà sul campo è caratterizzata da molte sfumature e che questo almeno ci lascia spazio di intervento. Nelle università europee oggi molti studenti vengono chiaramente ingannati dalla falsa promessa di internazionalità che una sommaria istruzione in inglese offre e la disonestà degli istituti che operano in questo modo a dir poco spregiudicato dovrebbe essere denunciata. Ma molti altri vi trovano un loro tornaconto ed effettivamente riescono ad aprirsi percorsi che in fin dei conti divengono virtuosi.

L’inglese è innegabilmente una risorsa, anche nelle condizioni e nei modi approssimativi in cui viene usato come lingua di insegnamento. È in atto una sua supremazia, che spesso più che linguistica vera e propria è in prevalenza di immagine, ma che condiziona comunque il panorama linguistico mondiale. Anche qui dobbiamo tenere presente il fatto che misure estreme, di divieto o di limitazione d’uso sono assolutamente controproducenti e contrarie allo spirito delle nostre tradizioni culturali. Cito fra tutte la più recente, il divieto imposto dal nuovo governo indiano dell’uso dell’inglese nell’amministrazione pubblica. Una decisione che sicuramente si ritorcerà contro chi l’ha ideata, perché l’inglese d’India è un inglese legittimo. Svolgeva un suo ruolo, senza nulla più togliere all’identità indiana che anche su di esso si è costruita negli anni. Spesso nella storia dell’umanità una lingua venuta per invadere è stata poi convertita in lingua autoctona. Del resto troviamo nella nostra storia recente esempi molto simili di supremazia linguistica. Non dimentichiamo che fino al 1700 l’Europa colta studiava in latino e che i risultati di molte grandi scoperte scientifiche furono pubblicati in una lingua che era morta da secoli, a cominciare da quelle di Newton. Ma questo non ha impedito, proprio in quei secoli, il fiorire delle nostre tradizioni letterarie nazionali.

La nostra risposta al dilagare dell’insegnamento in inglese e alla sua supremazia non deve quindi essere di totale chiusura e condanna, ma modulata a seconda dei casi.

In fin dei conti, un inglese anche impoverito e usato come linguaggio Morse non toglie nulla alle lingue nazionali se queste restano al centro delle nostre culture. Semplicemente, esso svolgerà una funzione diversa, lasciando alle nostre lingue il compito più delicato e fondamentale che è quello dell’elaborazione del pensiero. Per questo noi dobbiamo oggi investire sempre di più nell’insegnamento delle lingue nazionali fin dall’età prescolare, anche inventando nuove modalità e strategie. Un terreno di espansione è rappresentato dall’immigrazione, dove è forte il bisogno di competenza linguistica ai fini dell’integrazione. Questa è sicuramente ← 22 | 23 → una delle componenti più importanti della strategia europea per il multilinguismo. La competenza linguistica è per l’immigrato il primo livello di cittadinanza, il raggiungimento di uno status e la capacità di usare uno strumento essenziale per migliorare la propria condizione. L’apprendimento della lingua nazionale gli garantisce anche un percorso di riscatto della propria storia personale e di inserimento positivo nella nuova società. Per lui l’inglese verrà molto dopo e se ne ha già una primitiva competenza, non gli sarà immediatamente utile per l’integrazione. Sta all’apparato educativo dei nostri paesi offrirgli in potente alternativa la lingua nazionale e rendergliela attrattiva.

In questo quadro non dobbiamo però trascurare un altro aspetto, ugualmente importante. L’inglese oggi viene percepito come lingua aggressiva che si insidia ovunque e scalza le nostre lingue nazionali. Pochi però sono consapevoli del fatto che l’inglese in questo modo si espone potentemente alla corruzione e all’abuso. L’inglese lingua di tutti finisce per non essere più lingua di nessuno. Perché tutti si sentono liberi di cambiarla, di deformarla, in un certo modo di personalizzarla. Scrive il linguista inglese David Crystal: “Language is an immensely democratizing institution. To have learned a language is immediately to have rights in it. You may add to it, modify it, play with it, create in it, ignore bits of it, as you will”.

Proprio questo sta accadendo all’inglese. In verità, dietro alla provocazione c’è l’ovvietà linguistica del fatto che l’inglese si sta moltiplicando in diverse varianti. In altre parole, stanno nascendo tanti nuovi inglesi, come un tempo ci furono tanti nuovi latini che alla fine divennero lingue a sé stanti. Perché preoccuparci dunque dell’inglese? Ci sono altri fenomeni che oggi dovrebbero invece attirare la nostra vigilanza.

I giovani oggi corrono il rischio di una dealfabetizzazione, soprattutto a causa dell’uso linguistico che caratterizza i media sociali. Qui si prospetta una necessità di intervento volta a valorizzare la lettura, in tutte le sue forme, digitale o cartacea. E direi quasi che su questo fronte sono necessarie grandi manovre, perché solo la lettura dà una conoscenza ramificata della lingua, un apparato di vocabolario ricco ed efficace e soprattutto esercita alla capacità di astrazione che è la molla dell’elaborazione di idee e primo motore della creatività. Il recupero della lingua madre è sicuramente un altro aspetto dove dovrebbe svilupparsi la strategia del multilinguismo.

Pure essendo il rappresentante di una categoria professionale incentrata sulla parola orale e sulla sua volatilità, sento come un’urgenza il recupero della parola scritta nella forma della lettura. Senza nulla togliere all’efficacia delle nuove tecnologie e alle grandi prospettive che esse ci aprono, se non interveniamo a sostegno della lettura, corriamo il rischio di erodere le fondamenta su cui si regge tutto ← 23 | 24 → il nostro sapere. Del resto, anche nel mestiere dell’interprete la competenza si acquisisce in gran parte attraverso la lettura. Non sono elenchi di parole che un interprete può imparare ma incastri di contesti che gli danno una solida maglia su cui tessere il suo sapere.

Details

Pages
336
Publication Year
2015
ISBN (PDF)
9783653056877
ISBN (MOBI)
9783653964356
ISBN (ePUB)
9783653964363
ISBN (Hardcover)
9783631664728
DOI
10.3726/978-3-653-05687-7
Language
English
Publication date
2015 (September)
Keywords
research language international scientific communication academic instruction language
Published
Frankfurt am Main, Berlin, Bern, Bruxelles, New York, Oxford, Wien, 2015. 336 pp., 2 b/w ill., 14 tables, 18 graphs

Biographical notes

Gerhard Stickel (Volume editor) Cecilia Robustelli (Volume editor)

Gerhard Stickel was the director of the Institut für Deutsche Sprache, Mannheim. He is co-founder of EFNIL and has been president of this network of central language institutions of the EU states since 2003. Cecilia Robustelli is Professor of Italian Linguistics at the University of Modena and Reggio Emilia. She is the delegate of the Accademia della Crusca and the Opera del Vocabolario Italiano in EFNIL.

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