Leggere e rileggere Sciascia
Summary
Excerpt
Table Of Contents
- Copertina
- Titolo
- Copyright
- Sull’autore/Sul curatore
- Sul libro
- Questa edizione in formato eBook può essere citata
- Indice
- Sigle
- Introduzione
- Reagire alla crisi del realismo: Le parrocchie di Regalpetra (1956)
- Letture e riletture (editoriali) de Gli zii di Sicilia (1958): dall’Italia alla Germania
- I giorni della civetta
- «La campagna misteriosa ed informe». Voci, punti di vista e isotopie nel Consiglio d’Egitto (1963)
- Il libro che non finirà mai. Rilettura e riscrittura di Morte dell’inquisitore (1964)
- «Il bianco lampeggiare della carne». Per una lettura in ‘contro-luce’ di A ciascuno il suo (1966)
- Strategie di ambiguità nel Contesto (1971)
- Paragrafetti per leggere (e ritornare a) Sciascia: brevi entrées en matière a partire da La frode (1967) e accostamenti a Il mare colore del vino (1973)
- Il gioco del silenzio. Per una lettura spaziale di Todo modo (1974)
- «Una “forza di scambio” incontenibile»: La scomparsa di Majorana (1975)
- Ma «un padre ci vuole»: i giochi a nascondersi nel Candido (1977) di Leonardo Sciascia
- Dal “romanzo Moro” al J’accuse (e ritorno)
- Sinopie manzoniane: Sciascia lettore de La Colonna Infame
- Il «punto della ripresa»: le Cronachette (1985)
- Due noterelle aggiuntive per Il cavaliere e la morte (1988)
- Un piccolo romanzo (giallo) fiume: Una storia semplice (1989)
- Alla ricerca di una morfologia del reale: Fatti diversi di storia letteraria e civile (1989)
- Indice dei nomi
Sigle
OB 1 = L. Sciascia, Opere. 1956–1971, a cura di C. Ambroise, Milano, Bompiani, 1987.
OB 2 = L. Sciascia, Opere. 1971–1983, a cura di C. Ambroise, Milano, Bompiani, 1989.
OB 3 = L. Sciascia, Opere. 1984–1989, a cura di C. Ambroise, Milano, Bompiani, 1991.
OA 1 = L. Sciascia, Opere, vol. I, Narrativa, teatro, poesia, a cura di P. Squillacioti, Milano, Adelphi, 2012.
OA 2 = L. Sciascia, Opere, vol. II, Inquisizioni. Memorie. Saggi, t. I, Inquisizioni e Memorie, a cura di P. Squillacioti, Milano, Adelphi, 2014.
OA 3 = L. Sciascia, Opere, vol. II, Inquisizioni. Memorie. Saggi, t. II, Saggi letterari, storici e civili, a cura di P. Squillacioti, Milano, Adelphi, 2019.
Introduzione
Davide Dalmas e Tiziano Toracca
Leonardo Sciascia è stato un grande lettore e un grande rilettore. Dalle pagine dei suoi libri e dalle molte interviste rilasciate si potrebbe ricavare un cospicuo florilegio di riflessioni su queste pratiche, che si intrecciano intensamente con la propria attività di scrittura. Ad esempio:
Le Cronache italiane di Stendhal le ho lette parecchie volte, a distanza di anni o di mesi; ma solo ieri, rileggendo I Cenci, mi sono improvvisamente accorto di un errore e ricordato di una lunga e tragica storia che comincia in Sicilia, nella casa dei Corbera, e finisce a Roma, in quella dei Massimo.1
Oppure, passando da Stendhal a Manzoni, due degli autori più assiduamente frequentati da Sciascia:
Ma a che questo tentativo di ricostruire la storia della Rosetta? Forse soltanto perché un amico siciliano di Milano, che a questa storia si è appassionato, mi ha offerto al momento giusto tutti gli elementi che era riuscito a raccogliere. Al momento giusto: e cioè mentre rileggevo, per ripubblicarla, la Storia della Colonna Infame di Alessandro Manzoni.2
Questa pratica costante ha portato Claude Ambroise a interpretare l’intera parte conclusiva della sua opera come una scrittura che coincide con la rilettura:
L’atto dello scrivere è per lui espressione della sua rilettura. Rileggere e scrivere coincidono. Cronachette, 1912+1, Porte aperte sono delle riletture. Riletture-scritture con quanto di fantasia veicola sempre la scrittura.3
E lo stesso Sciascia – ormai prossimo alla morte – ribadiva ancora, nell’intervista rilasciata a Domenico Porzio, per il «Corriere della Sera», il 19 luglio del 1987:
uno dei piaceri della mia vecchiaia è quello di rileggere: prendo un libro letto a trent’anni, di cui ricordo qualcosa che mi ha affascinato, e riscopro una quantità di cose che non ricordavo più. È un grande piacere quello della rilettura.4
Il momento forse più importante della riflessione sulla rilettura è però consegnato a un saggio che programmaticamente si intitola Del rileggere (1981). Partito da un riferimento al grande padre del saggio, Montaigne («Non faccio niente senza gioia»), Sciascia conclude che rileggere è un leggere, quindi una gioia, ma
un leggere inconsapevolmente carico di tutto ciò che tra una lettura e l’altra è passato su quel libro e attraverso quel libro, nella storia umana e dentro di noi. Ed è perciò che la gioia del rileggere è più intensa e luminosa di quella del leggere. E si potrebbe arrivare a formulare un paradosso: che a rileggere per tutta la vita lo stesso libro si conseguirebbe maggiore felicità che a leggere un’intera biblioteca. Naturalmente, bisogna trovare e scegliere un libro per cui valga la pena che tutta una vita ruoti a rileggerlo come la terra intorno al sole.5
Ma in realtà la seconda parta di Del rileggere non prosegue su questa nota del grande piacere, della gioia intensa e luminosa del rileggere che supera anche quella del leggere, ma diventa – inopinatamente, liberamente – un saggio su Gogol’, sulle Anime morte in particolare, di cui viene individuato il tema principale nella «corruzione». Pertanto il più importante intervento di Sciascia sulla rilettura, aperto dal piacere e dalla libertà, si conclude con la consapevolezza e la responsabilità: quella «quasi disperata consapevolezza» che deriva dalla rilettura della realtà, che ritrova, immutato, quanto di peggio i libri ci hanno rivelato. Come uno dei personaggi del romanzo, che sapeva che al posto dei disonesti scacciati ne verranno altri e che anche coloro che sembrano degni di fiducia inganneranno e tradiranno, così
Lo sappiamo anche noi: e in questa quasi disperata consapevolezza rileggiamo Le anime morte, nell’agosto 1981.
La corruzione c’è ancora, c’è sempre. Rileggere allora è luminoso piacere ma è anche – insieme – un dovere quasi disperato. È la necessità e la pesantezza dell’attualizzazione, che può anche coincidere con il riconoscimento delle più angoscianti costanti. La corruzione di Gogol’ e la nostra; la tortura del Consiglio d’Egitto, della Morte dell’inquisitore, di alcune Cronache italiane di Stendhal, della Colonna infame di Manzoni e di oggi. «La tortura c’è ancora. E il fascismo c’è sempre.» scrive infatti Sciascia prefacendo la Storia della colonna infame.6
Il presente volume trae origine da questo insieme di spunti e forze contraddittorie e intende offrire una lettura-rilettura dell’opera di Sciascia procedendo a staffetta, un libro a testa, in ordine cronologico.
Due sono, dunque, le caratteristiche più originali (e deliberate) del presente volume, che vorrebbero essere anche una scommessa.
La prima è la scelta di affrontare l’opera di Sciascia (quasi al completo) procedendo in ordine cronologico, ma senza un disegno storicistico predefinito. I saggi qui raccolti si succedono seguendo la cronologia dell’opera dell’autore, ma il volume non racconta una “nuova storia di Sciascia”, se non involontariamente. Ciascun intervento si focalizza su un’opera singola e specifica (ha un taglio monografico) e nel suo insieme Leggere e rileggere Sciascia è una successione di saggi autonomi ed eterogenei, diversi per spunti esegetici, obiettivi, metodi di indagine. Non è però difficile individuare alcune unità tematiche ricorsive e ricavare una mappa tematica delle questioni sulle quali Sciascia e la critica sciasciana si sono maggiormente interrogati, dal rapporto tra verità e finzione e tra realtà e letteratura al rapporto tra ragione e immaginazione, necessità e caso, giustizia e potere. Se non una storia, insomma, l’impianto cronologico permette di misurare l’emersione, la persistenza, l’evoluzione o lo scemare delle principali questioni affrontate dall’autore e dalla critica.
In molti casi, la “staffetta” induce inoltre gli autori e le autrici dei saggi a contestualizzare l’opera di cui parlano all’interno della produzione dell’autore e in questo modo a garantire un raccordo di tipo diacronico tra i testi. Non è un caso che le due questioni maggiormente interrogate nel volume siano la storia editoriale dei testi e il genere letterario nel quale (problematicamente) ricadono, questioni che presuppongo un confronto continuo con la storia di Sciascia (a partire dai suoi modelli, le sue fonti, le sue tessiture intertestuali), con le trasformazioni del campo letterario tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta e con la canonizzazione dell’autore. Molti interventi hanno insomma un impianto storicistico. Vengono ad esempio presi in esame il rapporto delle Parrocchie di Regalpetra e di Sciascia con gli anni Cinquanta e col neorealismo (Tortora); la vicenda editoriale degli Zii di Sicilia in Italia e nella DDR (Fontana); l’esemplarità storica e programmatica del Giorno della civetta, racconto-apologo che rovescia sia l’interpretazione agiografica della mafia sia l’idea di una Sicilia esotica (Di Gesù); il senso delle riscritture, della trafila editoriale e della potenziale interminabilità di Morte dell’inquisitore (Dalmas); i motivi che fanno del Mare colore del vino un sommario storico-culturale dell’attività di Sciascia (Curreri); il patto di lettura, la natura, la collocazione di campo dell’Affaire Moro (Piazza); la lunga fedeltà di Sciascia a Manzoni e il suo rapporto col Settecento (Contarini); la presa di distanza dai cupi meccanismi del potere da cui nascono le Cronachette (Quaglino); la doppia natura di Una storia semplice, condensato delle sperimentazioni di Sciascia sul giallo e nello stesso tempo libro nuovo, leggero e umoristico (Manetti). Altri saggi hanno invece un approccio metodologico più specifico e dichiarato: Moliterni svolge un’analisi narratologica del Consiglio d’Egitto concentrando la sua attenzione sulle voci e i punti di vista presenti nel racconto; secondo un procedimento indiziario, Rizzarelli assume il lavoro di Brandt (Perspective of Nudes) come chiave per decifrare la trama visuale e lo sguardo straniante del protagonista di A ciascuno il suo; Martinengo riflette sulle strategie di ambiguità del Contesto riscontrando un effetto di sospensione analogo quello che secondo Todorov caratterizza il fantastico; Turini riflette sulla rappresentazione dello spazio in Todo modo alla luce di un notevole bagaglio di studi specifici sulla funzione dello spazio in letteratura; Toracca riflette sul modo in cui Sciascia deforma e rende probanti le fonti che utilizza nella Scomparsa di Majorana; Russo e Traina scandagliano le riscritture e la tessitura intertestuale, rispettivamente, di Candido e del Cavaliere e la morte; a partire dall’analisi dell’intelaiatura multipla e stratificata di Fatti diversi di storia e letteratura Fenoglio riflette anzitutto sull’atteggiamento conoscitivo di Sciascia.
La seconda caratteristica del volume è la scelta di alternare due punti di vista che in qualche modo coincidono con la doppia operazione del leggere e del rileggere: a interventi di studiosi e studiose che si confrontano qui per la prima volta, o quasi, con l’opera di Sciascia si accostano infatti interventi di critici esperti dell’opera dell’autore. La distinzione tra chi legge e chi rilegge non è ovviamente netta, ma ha una sua ragion d’essere e nutre una duplice ambizione: da un lato, si vuole verificare la tenuta dell’interpretazione dell’opera di Sciascia offerta dalla comunità scientifica alla luce di punti di vista inediti, provenienti da studiosi e studiose più giovani o che non si sono mai occupati direttamente o assiduamente di Sciascia; dall’altro lato, si vuole valorizzare il senso della rilettura e della rielaborazione di precedenti interpretazioni o visioni d’insieme e stabilire un dialogo con l’ampia tradizione critica dell’opera di Sciascia.
1 L. Sciascia, Stendhal e la Sicilia, in Id., Fatti diversi di storia letteraria e civile, in OA 3, p. 1178.
2 L. Sciascia, La povera Rosetta, in Id., Cronachette, in OA 2, p. 755.
3 C. Ambroise, Invito alla lettura di Leonardo Sciascia [1974], Milano, Mursia, 1992, p. 266.
4 Da poco ripubblicata in appendice a L. Sciascia, Fuoco all’anima. Conversazioni con Domenico Porzio, Milano, Adelphi, 2021, p. 166.
5 L. Sciascia, Del rileggere [1981], in Id., Cruciverba, in AO 3, p. 745.
6 L. Sciascia, ‘Storia della colonna infame’, in AO 3, p. 598.
Reagire alla crisi del realismo: Le parrocchie di Regalpetra (1956)
Massimiliano Tortora
1. Istruzioni preliminari per la lettura del testo
Le parrocchie di Regalpetra non è l’esordio editoriale di Leonardo Sciascia, ma è preceduto da un apprendistato che potremmo definire di tipo lirico e letterario; e lirico non tanto perché trova la sua forma d’espressione nei versi, ma per il registro tendenzialmente alto, fortemente simbolico, a tratti raffinato. I brevi e secchi apologhi di Favole della dittatura (uscite per Bardi nel 1950) e le poesie di La Sicilia, il suo cuore (apparse nel ’52 sempre per Bardi) costituiscono un capitolo a sé, e peraltro unitario per Sciascia (che non a caso riunì i due libri nell’edizione francese):1 ma un capitolo a ben vedere che viene prima della vera e propria Storia di Sciascia;2 una sorta di palestra giovanile, in cui si paga dazio alla tradizione (i versi non sono immuni da scorie ermetiche) e alla cultura alta, per poi intraprendere il proprio e consapevole cammino.3 Tutto questo spiega perché – anche in questo volume ad esempio – Le parrocchie di Regalpetra viene sempre interpretato come la mossa di apertura di quella lunga parabola intellettuale che contraddistingue la produzione letteraria di Sciascia.4 Con parole brutali, e volutamente inesatte, potremmo dire che lo Sciascia prosatore, ossia intellettuale (e dunque saggista e narratore), nasca proprio con Le parrocchie.
Ricollocare Le parrocchie all’inizio della storia sciasciana, segnando dunque uno stacco con l’esordio poetico e una coesione con quanto viene dopo, apre però le porte a un altro problema, o – se si preferisce – a un vulnus interpretativo: quello che induce a leggere Le parrocchie di Regalpetra come l’opera che racchiude in nuce tutta la poetica di Sciascia. In questo modo il libro perde la sua specifica forza e diventa una sorta di condensato di un pensiero che troverà poi più adeguate forme di espressione. A fronte di indiscutibili ed evidenti riconoscimenti, Le parrocchie rischia sempre di essere letto in “funzione di”, o comunque di essere interpretato all’insegna dell’identità con le più celebri opere narrative, e non della differenza, così da individuare tratti specifici, unici e originali:
È stato detto – lo ricordava lo stesso Sciascia nella prefazione all’edizione del 1967 – che nelle Parrocchie di Regalpetra sono contenuti tutti i temi che ho poi, in altri libri, variamente svolto. E l’ho detto anch’io. In questo senso, quel critico che dalle Parrocchie cavò il giudizio che io fossi uno di quegli autori che scrivono un solo libro e poi tacciono (e se non tacciono peggio per loro) aveva ragione (ma aveva torto, e sbagliava di grosso, nel non vedere che c’era nel libro un certo retroterra culturale che, anche in mancanza d’altro, sarebbe bastato a farmi scrivere altri libri). tutti i miei libri ne fanno uno. Un libro sulla Sicilia che tocca i punti i dolenti del passato e del presente e che viene ad articolarsi come la storia di una continua sconfitta della ragione e di coloro che nella sconfitta furono personalmente travolti e annientati.5
Details
- Pages
- 262
- Publication Year
- 2023
- ISBN (PDF)
- 9782875746955
- ISBN (ePUB)
- 9782875746962
- ISBN (Softcover)
- 9782875746948
- DOI
- 10.3726/b20715
- Language
- Italian
- Publication date
- 2023 (June)
- Keywords
- Italy-Sicily 20th century Leonardo Sciascia
- Published
- Bruxelles, Berlin, Bern, New York, Oxford, Warszawa, Wien, 2023. 262 p.